Nausica Giulia Bianchi. The Soul and the Machine 2024

Mi è capitato stamattina di leggere un pezzettino del mio diario: correva l’anno 2010, e avevo iniziato a studiare all’ICP di New York da poco. Scrivevo:

 

“I will describe a typical working day:

08.00 Ambition.

12.00 Optimism.

16.00 Desperation.

20.00 Exhaustion.

22:00 Review the pictures with another photographer in Skype.

24:00 Go to sleep and start all over again tomorrow.”

 

Mi ha fatto sorridere. Mi sono ricordata di come desideravo diventare brava e importante come Sally Mann. Un giorno, all’inizio della fase della disperazione, ho detto al mio professore Greg Miller che speravo tanto di diventare una fotografa famosa. Lui mi ha risposto: “Io spero tanto che un giorno sarai una fotografa felice, che è molto più importante”. Quelle parole mi avevano quasi ferito, con quella mollezza un po’ sdolcinata. Io non volevo essere felice, la felicità mi sembrava sopravvalutata, io volevo fare cose importanti, e ogni giorno una tenaglia mi si chiudeva sulla testa dicendomi che non ne ero all’altezza.

Questo alternarsi di alti e bassi, questo pendolo tra adrenalina e frustrazione, tra ambizione e insicurezza penso che sia capitato a tutti voi. Se vivete questo conflitto di sentimenti, se vi sembra di stare su questa giostra, sappiate che non è necessario che sia così. Va bene un po’ di frustrazione, spingere e impegnarsi per migliorare, sentire la realtà ruvida e difficile ma non è saggio entrare ogni volta in quel tunnel dove dubitiamo di noi stessi, del nostro valore e delle nostre motivazioni.

Non ci dovrebbe essere tutta questa insicurezza personale quando vogliamo fare una cosa bella.

Pensate a quando vogliamo prenderci cura di un fiore, quando vogliamo amare qualcuno o fare un regalo. Non ci diciamo “Non vali abbastanza. E poi a cosa serve farlo?”.

Ci ho messo qualche anno, diversi “incantesimi” personali e tanti libri per capire che non dovevo preoccuparmi di me stessa. Che non dovevo ascoltare il mio ego. Che dovevo lasciarmi andare al fare e all’amore, e smettere di giudicare me stessa come fotografa. Il mio unico Dio doveva essere la libertà e il mio unico scopo scovare segreti preziosi legati al significato della vita da poter condividere attraverso la fotografia.

 

Vorrei che tutti quelli che leggono questo testo capiscano che tutta questa insicurezza personale non è legata al fare arte, ma alla maledetta corsa al successo e al nostro bisogno di sentirci speciali, superiori agli altri.

 

 

Bisogna smettere di usare la fotografia per misurare se stessi, bisogna smettere di pensare al talento alle mostre agli applausi. Più vi concentrate su queste ambizioni narcisistiche più le insicurezze vi prenderanno a botte. A un certo punto se non avrete ottenuto il successo che pensate di meritare, inizierete a odiare la fotografia.

Bisogna far tacere il problema dell’io per potersi spostare su ciò che ognuno di noi può fare perché è bello, perché è buono. Bisogna lavorare su se stessi per trovare una motivazione ben più profonda per fotografare, per trovare una immensa generosità verso se stessi e gli altri. E allora fare un progetto a lungo termine ci insegna qualcosa di intimo e morale, scardina il capitalismo, insegna la libertà di lasciarsi essere, e di amare invece che chiedere sempre qualcosa indietro.

Quando il cervello ritorna sul problema dell’io, trovate un incantesimo per farlo tacere. Perché vi giuro, quella è la parte meno bella di noi. Siate contadini. Prendetevi cura del giardino. Date e donate ed esplorate. Buttate via voi stessi per amore. Non c’è nulla da proteggere. Quello che cercate di stringere forte (e controllare) nelle vostre mani, è polvere che scappa tra le dita e il vento porta via.

Chiedetevi cosa potete fare di buono in questo mondo. È l’unica domanda sensata. E se la risposta è variegata e in mezzo c’è anche la fotografia, allora abbandonatevi a essa, portate voi qualcosa alla fotografia e non chiedetele nulla in cambio. Basta sentire nel cuore il desiderio di fotografare e la voglia di mettersi al servizio degli altri e delle storie. Non serve altro per iniziare. Basta sentire il richiamo.

Ricordate che l’arte non è il mercato dell’arte. L’arte è una mano che trema. L’arte è andare in ciò che non conosciamo ancora rischiando tutto. È sudare freddo prima di avventurarsi. E buttarsi come un innamorato!

 

Il per-corso biennale THE SOUL AND THE MACHINE è in partenza a gennaio 2024! Accettiamo le vostre candidature.

 

 

 

NOC SENSEI è un modo nuovo di vedere, vivere e condividere la passione per la fotografia. Risveglia i sensi, allarga la mente e gli orizzonti. Non segue i numeri, ma ricerca sensazioni e colori. NOC SENSEI è un progetto di New Old Camera srl

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