Se negli altri articoli abbiamo trattato le tipologie di inquadrature possibili analizzandole dal punto di vista teorico e delle relative regole adesso proviamo a entrare nel dettaglio, nel vivo dell’azione, vedremo come procedere analizzando una casistica relativamente esaustiva che permetterà di padroneggiare la situazione.
Diversamente dalla fotografia dove spesso si fotografano soggetti statici o semi statici, fa eccezione lo sport, in cinematografia ci troveremo spesso a dover filmare soggetti dinamici dove la camera può essere fissa o muoversi insieme ai soggetti.
Si rende pertanto necessario adottare opportuni accorgimenti per far si che la ripresa risulti perfetta dal punto di vista dell’esposizione e della messa a fuoco.
Diamo per scontato che dobbiamo servirci esclusivamente dell’esposizione manuale e questo è semplice da attuare, diverso è il discorso sulla messa a fuoco dove non basterebbe un intero manuale per analizzare tutte la variabili, proviamoci.
Ci sono due modi di mettere a fuoco, in automatico e in manuale, le differenze le possiamo elencare sostanzialmente dividendo in due categorie l’attività che dobbiamo fare e cioè, saremo da soli in versione “one man band” o ci avvarremo di assistenti?
One man band
E’ un espressione inglese che non ha bisogno di traduzione significa che siamo da soli a fare tutto, da quando a casa prepariamo la borsa con l’attrezzatura a quando sul luogo delle riprese dovremo mettere in campo tutte le nostre conoscenze tecnologiche e pratiche per portare a casa il risultato, saremo pertanto tecnici, direttore della fotografia e direttore, (la parola regista esiste solo in Italia).
Innanzitutto come è composta la nostra attrezzatura di ripresa? Disponiamo di una telecamera o abbiamo una fotocamera reflex/mirrorless a lenti intercambiabili? Che lenti useremo, manuali vintage o autofocus? Fotografiche o cinematografiche?
Vedete quante variabili ci sono? Per ognuna delle tipologie di attrezzatura sopra indicate esistono le sottovariabili.
Tralasciamo in questa sede l’utilizzo di telecamere professionali o broadcast, sia a spalla che palmari, in quanto a parte ormai rari utilizzi televisivi in studio sono cadute in disuso in esterni.
Ricordiamo comunque, anche se ne abbiamo già parlato, che la messa a fuoco delle telecamere pur essendo di eccellente livello ha una particolarità, tende a privilegiare il centro dell’immagine per cui se stiamo inquadrando due soggetti posti ai lati dell’inquadratura e siamo in autofocus, il sistema se non dispone del riconoscimento dei visi metterà a fuoco il centro e sfocherà i lati, con il rischio di portare a casa una ripresa da cestinare se non interveniamo subito disattivando la messa a fuco automatica.
Qualunque sia il materiale con cui si effettuano le riprese, risulta utile affidarsi comunque a un monopiede per reggere la camera e rendere più stabili i filmati, questo se la ripresa non sia già da effettuare su cavalletto per esigenze di sceneggiatura o stabilità.
Quando non esistevano le fotocamere con la funzione ripresa video e si girava esclusivamente con le telecamere, queste anche se non avevano sistemi di stabilizzazione, permettevano riprese molto stabili diversamente da oggi che, se la fotocamera o l’ottica non hanno lo stabilizzatore si ottengono facilmente risultati tremolanti.
Dove sta il trucco ? Non c’è e non c‘era nessun trucco, semplicemente il peso della telecamera appoggiata sulla spalla garantiva una tale stabilità che si rimpiange ancora oggi, si poteva camminare filmando e si ottenevano riprese si saltellanti, (anche oggi) ma non affette da tremolio
Oggi purtroppo per via delle ridotte dimensioni delle fotocamere con una struttura pensata per fotografare, il fatto di doverle reggere con entrambe le mani a braccia distese, porta inevitabilmente a riprese afflitte da tremolii vari se non si adottano opportuni accorgimenti come l’uso di uno spallaccio dove avvitare la fotocamera o il montarla su un gimbal elettronico, ricordando che la stabilizzazione sul sensore o sull’ottica riduce ma non annulla del tutto i traballamenti.
Se per le nostre riprese useremo una macchina fotografica e oggi ormai si tende a girare solo con queste, avremo la scelta dell’utilizzo di lenti fotografiche o cinematografiche, ne esistono per ogni budget.
Le lenti cinematografiche possono essere prodotti nativi per macchine da presa o semplicemente riedizioni in chiave cinema di corrispettive versioni fotografiche e carrozzate pertanto con le ghiere dentate per i follow focus e le opportune serigrafie laterali con le distanze di ripresa visionabili da ambo i lati, molto utili al focus puller.
Le differenze tra una lente nativa cinema e una riadattata stanno essenzialmente in due fattori, il primo è che i numeri di diaframma non corrispondono come valori di apertura con la stessa lente in versione foto, avremo che il valore T del diaframma sarà diverso da quello f della lente fotografica, laddove il valore T rappresenta l’indice preciso di trasmissibilità della luce, il che si traduce in una più precisa idea della stessa quantità di luce che impressionerà il sensore.
L’altro fattore che contraddistingue a volte una lente foto riadattata cinema è il suo “respiro” o “focus breathing” per gli anglosassoni, si tratta della capacità del progetto ottico di non cambiare il piano focale al variare della distanza di fuoco causata dalla rotazione delle ghiera e al conseguente spostamento interno dei gruppi ottici. Se tale aspetto in fotografia è assolutamente ininfluente non lo è in quello della ripresa video in quanto se operiamo un cambio di fuoco, in registrazione, la rotazione della ghiera comporterà una variazione del piano focale, in parole semplici, avviene un leggero zoom in avanti. A onor del vero non tutte le lenti fotografiche soffrono di questo problema, i recenti progetti ottici di alcuni costruttori, pensati per fotocamere che fanno anche video, non risentono di spostamenti del piano focale passando da una posizione all’altra.
Le lenti cinema esistono in versioni broadcast i cui costi possono anche superare di molto il valore della fotocamera, parliamo di svariate migliaia di euro, e in versioni più economiche e accessibili.
Non lo abbiamo ancora scritto ma è corretto specificare che le lenti cinema non hanno l’autofocus e la messa a fuoco è esclusivamente manuale. Fanno eccezione alcuni modelli zoom dotati di motore incorporato e destinate a specifiche macchine cinematografiche e televisive molto simili per impostazione agli zoom propri delle telecamere.
Chiudiamo questa disamina per ricordare che le lenti cinematografiche propriamente dette esistono in versioni con attacco a baionetta nello standard chiamato PL (Positive Lock) per le cineprese e altresì negli attacchi a baionetta del proprio standard di fotocamere come, a mero titolo di esempio i modelli CN della Canon disponibili sia in versione standard cinema che EF EOS, oppure le lenti Fujifilm disponibili anch’esse sia in versione cinema standard che per le fotocamere della serie X.
Tornando alla messa a fuoco se abbiamo montato una lente cinema la nostra focheggiatura avverrà esclusivamente a mano oppure con l’ausilio del follow focus che agevola notevolmente la rotazione della ghiera del fuoco.
Tramite il mirino oculare (viewfinder) o il monitor potremo controllare visivamente il fuoco ottenuto aiutandoci con le assistenze al fuoco come l’immagine spezzata sul vetro smerigliato della reflex o dei bordi colorati degli oggetti inquadrati nelle fotocamere mirrorless.
Se invece per talune situazioni di buon contrasto decidiamo di operare in autofocus, un valido aiuto alla messa a fuoco è altresì rappresentato dalla possibilità che danno le fotocamere mirrorless (se dotate di touch screen) che permettono di procedere alla focheggiatura semplicemente toccando con le dita quanto visualizzato sul monitor.
Facendo scivolare le dita da un punto a un altro o toccando alternativamente diversi punti possiamo fare i cambi di fuoco. A tale scopo è preferibile impostare ai valori minimi la velocità di focheggiatura della lente al fine di ottenere transizioni morbide e regolari.
Quando usare l’autofocus? Se la ripresa che dobbiamo fare prevede un tutto a fuoco con valori di diaframma chiusi quindi ad ampia profondità di campo, tipo ripresa paesaggistica, e se durante l’inquadratura non ci saranno elementi troppo vicini alla lente o elementi che cambiano di posizione durante l’arco della ripresa, in buona sostanza vada per i grandangolari, possiamo tranquillamente far regolare il fuoco alla macchina toccando il punto più lontano sullo schermo oppure premendo leggermente il pulsante di scatto sempre con il punto deciso da noi sullo schermo e poi registrare.
Nel caso disponiamo di uno zoom parafocale, cioè che non cambia il fuoco al variare della focale impostata, per impostare manualmente la messa a fuoco è possibile usare la strategia di porre lo zoom alla massima focale, mettere a fuoco, tornare in posizione grandangolo e effettuare la ripresa, questa era la tecnica della messa a fuoco nelle telecamere professionali e broadcast quando non esisteva l’autofocus. Per tutti gli altri casi, compresa la ripresa con lenti diverse dal grandangolo è preferibile regolare e tenere a mano la messa a fuoco, non è detto che succede, ma se succede che, durante la ripresa in modalità autofocus la lente dovesse perdere il fuoco o avere un incertezza e fare un avanti/indietro sfocando, dovremo rifare tutto e a volte si tratta di riprese irripetibili.
Se utilizziamo lenti fotografiche vintage saranno solo a fuoco manuale e pertanto sia nell’utilizzo da soli che in truope la regolazione del fuoco va effettuata esclusivamente a mano da noi o dal focus puller.
Troupe
Se siamo in squadra i problemi e le soluzioni sopra esposte per la messa a fuoco cambiano, una persona della troupe dovrà occuparsi della messa a fuoco, questo comporta dotarsi di ulteriore attrezzatura quale uno o più monitor esterni da tenere uno agganciato alla fotocamera via hdmi e uno opzionale da monitorare via wi-fi a distanza .
Serve altresì un follow focus da montare sulla macchina tramite l’apposita gabbia attrezzata con le maniglie e lo spallaccio.
Per il controllo del fuoco è possibile scegliere tra follow focus meccanici a demoltiplicazione manuale o a modelli più sofisticati che funzionano in remoto via Bluetooth o wi-fi, i costi ovviamente lievitano considerevolmente sia se si sceglie di acquistare in proprio tali attrezzature sia se si sceglie di noleggiarli per il periodo necessario, ma tutto dipende da quello che si sta facendo e dal budget disponibile. L’operatore addetto al fuoco dovrà, guardando sul monitor esterno, regolare con il comando remoto o con il comando sulla fotocamera i vari fuochi previsti dalla scena che si sta girando.
E’ un lavoro di squadra e serve ovviamente tanta esperienza.
Poco sopra abbiamo detto che possono servire due monitor, spieghiamo il perchè. Il primo monitor esterno agganciato alla fotocamera servirà al focus puller per regolare i fuochi, l’operatore osserverà la scena o sul mirino o sul monitor della camera.
Il secondo monitor sarà appannaggio del Direttore (Regista) e del Direttore della fotografia che anche a distanza avranno modo di monitorare quanto si sta girando e fare da terzo occhio anche per eventuali sfocature.
Tecnica delle inquadrature
Durante la ripresa capita sovente che camera e soggetto si muovano in sincrono creando una situazione dinamica nel quale campi e piani variano in continuazione. Nel caso debba muoversi solo il soggetto della ripresa conviene posizionare la camera in una posizione tale che possa seguire tutta l’azione per intero e anche se in montaggio si opereranno dei tagli è importante avere la sequenza intera.
Nel posizionamento fare attenzione in esterna a non inserire nel campo elementi di disturbo o elementi che possano tradire la logica temporale del racconto, facciamo un esempio: se la nostra storia è ambientata nel passato ad esempio negli anni ’80 non vanno inquadrate cose che non potevano esservi, quali a mero titolo di esempio automobili attuali, cartelli stradali odierni se diversi da quanto previsto dal vecchio Codice della strada, pensiamo al classico cartello di Stop, molto diverso allora da quello attuale, evidenzieremmo quindi la “bugia” realizzativa dell’ambientazione.
Se in sceneggiatura è prevista una panoramica, ripresa a cui è deputato il compito di seguire un soggetto in movimento, soggetto che diversamente uscirebbe di scena in una ripresa statica, bisogna usare cavalletti di una robustezza pari e superiore alla camera inserita per non incorrere in ribaltamenti in caso di presenza di vento, nella scelta della testa bisogna scegliere quelle ad uso video con cartucce fluide che garantiscono movimenti dolci e regolari.
L’ottica da utilizzare è esclusivamente un grandangolo non solo perchè permette di seguire la scena anche da distanze ravvicinate coprendo un ampio angolo di campo, ma perchè si evitano così i fenomeni di sfarfallamento durante la rotazione, fenomeni evitabili con movimenti molto lenti.
Spesso l’ottica a corredo di una fotocamera moderna è uno zoom (o trasfocatore). Lo zoom racchiude in un unico obiettivo più focali sostituendo pertanto tutta una serie di obiettivi singoli.
La domanda che ci si pone è se conviene usarli al posto delle lenti “prime”, la risposta è, dipende.
Se lo zoom è un modello professionale ad apertura fissa di diaframma almeno 2.8 quale ad esempio gli attuali 24-70mm o 24-105mm, ci troviamo davanti a prodotti che spesso proprio al diaframma minimo raggiungono dei livelli di nitidezza da far invidia alle focali fisse.
Si usa una focale fissa a grande apertura non solo per la maggior quantità di luce che veicola, ma la si usa per l’effetto sfocato che garantisce un diaframma 1.4 o 1.8, ma se a tale apertura si crea una marcata differenza centro bordi e invece serve parità di nitidezza forse è meglio puntare ad altro, anche lo zoom se non soffre di questi problemi.
In passato quando si usavano le telecamere per le video riprese era molto in voga l’uso spesso abusato del continuo zoomare durante la registrazione invece che avvicinarsi o allontanarsi dal soggetto.
Oggi che si usano le fotocamere e, a parte rari casi, non esistono obiettivi motorizzati, se si volesse usare lo zoom durante la ripresa dovremmo farlo manualmente con la conseguenza che non essendo lenti pensate per questo scopo tendono a perdere il fuoco man mano che si varia la focale.
Ci sono alcune occasioni a onor del vero, in cui una veloce zoomava verso il centro di interesse della scena è ammesso ed è assolutamente accettabile, pensiamo a riprese sportive dove ad esempio al temine della gara o in occasione di un gol in una partita di calcio, poter immediatamente zoomare verso l’atleta crea quella situazione dinamica piacevole che sottolinea il momento, ma sono eccezioni cosi come è ammesso in un videoclip dal ritmo particolarmente sostenuto.
In una fiction o in un documentario la zoomata è caduta in disuso ma la lente zoom è preferibile montarla e usarla solo come parte di svariate singole focali da regolare volta per volta, invece che cambiare continuamente ottica che causa perdite di tempo alla truope anche per smontare e rimontare il paraluce e i filtri connessi.
Quando si inquadra un soggetto sia immobile che in movimento la regola della composizione impone di dare “aria” intesa come spazio, al soggetto o ai soggetti in base alla regola dei terzi quindi componendo il quadro con il necessario spazio davanti e sopra.
- 1 – Poca aria sopra e davanti
- 2 – Inquadrature equilibrata
Dare spazio sopra la testa ha la funzione di non rischiare di tagliare il soggetto durante l’azione, dare spazio davanti al movimento del soggetto ha la funzione, oltre che di ripartire maglio i pieni e i vuoti, di lasciare libera la zona del percorso lungo il suo tragitto, tra l’altro consentendo in questa fase la possibile entrata in campo di un altro soggetto.
La scena rappresentata in figura 1, sostanzialmente sbagliata può invece assumere una valenza corretta nel caso la sceneggiatura preveda che in un determinato momento debba sopraggiungere un elemento nuovo alle spalle del primo soggetto ma l’aria sopra va lasciata comunque.
- 3 – T roppo spazio sopra e davanti
- 4 – Inquadratura equilibrata grazie agli elementi presenti
Le inquadrature rispettano altresì le regole pittoriche della fuga prospettica, è pacifico che in cinematografia non possiamo usare le lenti decentrabili fotografiche e, di necessità virtù, dobbiamo fare in modo che le linee cadenti tipiche delle inquadrature dal basso siano viste a scopo artistico piegandole al nostro scopo. Nella composizione del quadro ogni elemento sia umano che immateriale ha il suo peso, pertanto, componiamo la scena inserendo ogni cosa in modo che lo spettatore non sia distolto da elementi fuorvianti o distraenti.
Regoliamo e pieghiamo la luce a nostro favore, usando all’occorrenza pannelli riflettenti per schiarire le ombre sopratutto sui visi al fine di evitare antiestetiche zone troppo scure e ombre proiettate.
Claudio NP
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