In diverse occasioni abbiamo parlato di filtri, sopratutto ND ovvero neutral density, ma cosa sono e come si usano i filtri in fotografia e videografia ?
Un filtro è un accessorio ottico che montato sull’obiettivo, si interpone tra la lente e la luce che lo attraversa. Da ciò si desume che frapponendosi nel percorso ottico della luce i materiali di cui sono realizzati devono necessariamente essere di ottimo livello, pena un decadimento delle prestazioni ottiche dell’obiettivo sul quale sono montati.
In commercio esistono filtri circolari realizzati in vetro ottico montati su supporto filettato nei più svariati diametri da avvitare sugli obiettivi e filtri realizzati a lastra in materiale acrilico di forma squadrata da montare attraverso un accessorio chiamato portafiltri a lastra.
In quest’ultimo caso il portafiltri, tramite apposite scanalature, consente la sovrapposizione di più filtri contemporaneamente sommandone in tal modo gli effetti.
Vi sono anche filtri in gelatina o in acetato in fogli che servono a filtrare la luce delle lampade per modificarne la temperatura colore o per colorare una luce bianca. Noi in questa trattazione ci occuperemo solo dei filtri rigidi da inserire sugli obiettivi tralasciando la modifica della luce in altro articolo.
Filtri in vetro
Ogni categoria di prodotto ha ovviamente i suoi vantaggi e svantaggi, i filtri realizzati in vetro ottico hanno il loro punto di forza nella robustezza ai graffi e del supporto metallico filettato ma al contrario essendo di vetro sono fragili e soggetti a probabile rottura in caso di caduta. La montatura non deve essere eccessivamente spessa per non interferire con i grandangoli spinti per evitare indesiderati effetti di vignettatura.
A proposito di grandangolari, spesso questi obiettivi presentano dei problemi nell’utilizzo dei filtri da avvitare sul barilotto, a volte per via dell’eccessivo diametro della lente frontale che costringerebbe a utilizzare filtri molto costosi per via delle dimensioni ma non ultimo il fatto che a volte i grandangolari più estremi hanno la lente frontale eccessivamente sporgente e rotondeggiante che impedisce fisicamente di avvitare qualsiasi aggiuntivo. Non disperiamoci, anche in tali obiettivi è possibile montare filtri, infatti per mezzo di un accorgimento tecnico di costruzione viene prevista la possibilità di inserire dei micro filtri sul retro, ovvero sulla lente posteriore attraverso una scanalatura di inserimento.
Filtri in acrilico
I filtri in materiali diversi dal vetro possono genericamente avere un costo inferiore e presentano alcuni vantaggi tra i quali quello di poter essere colorati e sfumati, pensiamo ad esempio ai filtri digradanti, possono essere inseriti nel portafiltri anche in più elementi contemporaneamente nelle apposite scanalature e all’occorrenza infilati solo per la parte di filtraggio che si vuole ottenere, non ultimi il fatto di poterli ruotare semplicemente girando il portafiltri.
Ricordiamo anche che diversamente dai filtri circolari in vetro che ci costringono a dotarci di anelli ‘adattatori di diametro’ per usarli in obiettivi dal diverso diametro della lente frontale, (chiaramente un filtro di piccolo diametro non può essere montato su una lente di diametro superiore) i filtri in acrilico se acquistati di adeguata dimensione è possibile montarli in tutti gli obiettivi del nostro corredo semplicemente inserendo l’anello adattatore di diametro sul portafiltri. Tra gli svantaggi ovviamente la tendenza a graffiarsi, la sensibilità al calore e il non possedere le medesime qualità ottiche di un materiale in vetro ottico.
Tipi di filtri
Possiamo dire che i filtri nascono quasi insieme alla fotografia, è stata la fotografia in bianconero la prima a usarli perché si sentiva l’esigenza di modificare i toni della foto già in fase di ripresa, diversamente da oggi che si interviene in post produzione. Nella fotografia con pellicola bianconero attraverso l’uso di filtri colorati andiamo a modificare il contrasto della scena perché si va a tagliare alcune lunghezze d’onda della luce.
I colori maggiormente usati sono il giallo, il verde, il rosso, l’arancio e il blu. Il funzionamento è semplice, ogni filtro lascia passare la luce del proprio colore e va ad ostacolare il passaggio della luce di tutti gli altri colori. Il filtro giallo, per fare un esempio, taglia l’azzurro del cielo nella fotografia di paesaggio facendo annerire di meno il negativo con il risultato che in stampa si otterrà l’effetto contrario cioè un cielo più scuro. Se nel cielo vi sono delle nuvole avremo una maggiore sensazione di contrasto tra il cielo scuro e il bianco delle nubi.
In ambito video l’uso odierno di filtri colorati per modificare i colori della scena è caduto in disuso in quanto si tende a lavorare in flat con i profili log e poi intervenire in post produzione per la color grading.
Nessuno ci impedisce volendolo fare di applicare in ripresa un filtro colorato e procedere subito con il tono del film, appare pacifico in questo caso che non potremo più tornare indietro in quanto la colorazione registrata rimarrà tale.
Un altra tipologia di filtri anch’essi caduti in disuso sono i filtri incolore visto che le moderne macchine digitali permettono la regolazione del bianco anche in continua, diversamente dalla pellicola che per tutta
la durata del rullo si era costretti, in caso di modifica delle condizioni luminose, ad intervenire filtrando la luce. I filtri incolore sono gli UV, usati per arrestare la radiazione ultravioletta in determinati ambiti come il mare o l’alta montagna, zone solitamente afflitti da eccesso di radiazione azzurra e gli Skylight dal colore lievemente rosato. Sono anch’essi filtri anti UV e venivano usati per correggere la solita dominante azzurra nella fotografia di paesaggio e nella cinematografia in ombra esterna. Oggi, lo ripetiamo, grazie alle moderne fotocamere con cui possiamo regolare il bianco volta per volta non è più necessario usarli tranne che per un ruolo di protezione della lente frontale degli obiettivi da eventuali urti o ditate.
Filtri creativi o aggiuntivi ottici
I filtri non servono solo per correggere dominanti o modificare il colore o il contrasto, esistono anche filtri che servono a ottenere degli effetti creativi sulla ripresa fotografica o cinematografica, in questo caso più che filtri sarebbe meglio chiamarli “aggiuntivi ottici” in quanto non filtrano alcunché ma aggiungono un effetto ottico. Ci vengono subito in mente le lenti addizionali usati per simulare la macrofotografia in assenza di un vero obiettivo macro, queste lenti avvitate sull’ottica, consentono di avvicinarci al soggetto ottenendo rapporti di ingrandimento impensabili con un obiettivo non macro. Esistono di diversi livelli e si possono montare contemporaneamente per aumentare il rapporto di ingrandimento.
In passato si usava anche la lente prismatica, un aggiuntivo con la superficie formata da tanti prismi che spezzava l’immagine in tanti pezzi tanti quanti erano i prismi sulla faccia dello stesso.
Il filtro cross screen molto in voga fino agli anni 90 invece spezza la luce o il bagliore di una sorgente luminosa, grazie al reticolo inciso sulla sua superficie, in tanti raggi di luce a formare un effetto stella con tante punte da due a otto. Il numero di tali raggi dipende dalla caratteristica costruttiva del filtro stesso.
In tempi in cui la post produzione era in realtà pre produzione si usava per la fotografia di ritratto o in generale per ammorbidire i toni della pelle, il filtro “flou” o filtro diffusore che riduceva la nitidezza dell’obiettivo su cui era montato. Era un accessorio molto in voga perché faceva quello che oggi fanno i software di foto ritocco, cancellava i micro difetti della pelle, sparivano nei e punti neri o la pelle a buccia, in pratica era un filtro make-up, solo che l’effetto non era circoscritto al viso ma a tutto il fotogramma per cui tutta l’inquadratura assumeva un effetto di morbidezza, una specie di nebbiolina che avvolgeva tutto, molto bello comunque. In mancanza o in dimenticanza del filtro flou si usavano mezzi alternativi e di emergenza come montare con un elastico una garza da confetti o un collant sull’obiettivo, il risultato era assicurato.
Filtri neutral density
Nei nostri articoli foto video ne abbiamo parlato tante volte dei filtri ND, neutral density. Sono filtri colorati di grigio neutro che hanno il compito di tagliare la luce senza modificarne le caratteristiche cromatiche, da cui il termine densità neutrale. È proprio così, questi filtri non modificano e non devono modificare i colori della scena ecco perché è buona cosa non lesinare sul loro costo. Gli ND tagliano pertanto la quantità di luce e sono caratterizzati da un fattore filtro in base a quanti n/stop riescono a tagliare, si parla così di ND 2, 4, 8, 16, 32, 64…il 1024 è per semplificazione chiamato 1000. Ma perché dovremmo usare un filtro che taglia la luce? Sembra un controsenso, in quanto di solito si cerca di averne di luce non di eliminarla.
Lo abbiamo già spiegato, in cinematografia diversamente dalla fotografia non è possibile utilizzare liberamente tutti i tempi di posa ma siamo obbligati a usare tempi predeterminati pari al doppio del numero di fotogrammi al secondo, con una ripresa a 25 fps dobbiamo usare 1/50” come tempo di posa. Da ciò consegue che in presenza di forte irradiazione solare siamo costretti a chiudere molto il diaframma con la conseguenza che rischiamo di incorrere in fenomeni di diffrazione ottica e di perdere la possibilità di ottenere un gradevole sfocato per via del diaframma eccessivamente chiuso che genera un tutto a fuoco.
In nostro soccorso intervengono pertanto i filtri ND che tagliando la luce ci permettono di usare il nostro tempo di posa standard di 1/50” e di tenere aperto il diaframma per ottenere l’effetto di sfocatura marcato tipico della ripresa cinematografica. In fotografia l’utilizzo dei filtri a densità neutra permette di ottenere il cosiddetto effetto setoso delle acque in movimento perché, macchina su treppiede, consente di aumentare il tempo di posa e di creare l’effetto seta o di nebbia sulla superficie delle acque. Un altro effetto molto ricercato è quello che consente di far sparire le persone in una ripresa paesaggistica semplicemente usando un filtro ND1000, quasi nero, che facendo aumentare di molto il tempo di posa non fa registrare tutto ciò che si muove, come appunto le persone in transito, perché non fanno in tempo a rimanere impressionati sull’elemento sensibile.
Calcolare l’esatta esposizione non è un problema in quanto anche con il filtro montato sulla lente l’esposimetro incorporato sarà in grado di leggere la luce e di dirci come dovremo regolare il diaframma. Facciamo adesso un calcolo inverso di tipo cinematografico, cioè decidiamo fin da subito per la ripresa che vogliamo fare, il diaframma di lavoro che ci serve per ottenere la profondità di campo che abbiamo deciso. Se ad esempio, apertura di obiettivo permettendo, decidiamo che ci serve un diaframma molto aperto tipo f/2.8 (oppure t/2.8 nel caso di lente cinema) con il nostro tempo fisso di 1/50 di secondo e in base alla luce disponibile calcoliamo che in condizioni normali il diaframma sarebbe stato di f/8, per arrivare a poter usare f/2.8 dobbiamo andare indietro di 4 stop, per cui il filtro ND che dovremo montare sarà un ND 16 cioè quello che ci permette di tagliare quattro volte la luce. Ricapitolando, montando in macchina un filtro ND 16 il nostro diaframma di lavoro sarà f/2.8 laddove senza filtro sarebbe stato di f/8, semplice no?
I filtri ND che maggiormente servono sono compresi in genere tra un fattore filtro ND 8, 16, 32 e 64 per un taglio della luce di 3, 4, 5 e 6 stop e stiamo ovviamente parlando di riprese video, per utilizzi fotografici come abbiamo detto qualche riga sopra possiamo arrivare a usare anche il massimo consentito ovvero l’ND 1000.
Oltre ai filtri a fattore di assorbimento singolo esistono altresì filtri ND multipli i quali attraverso un meccanismo dirotazione della lente del filtro si passa da un fattore di assorbimento minimo a un massimo. Le telecamere professionali invece montano di serie i filtri ND con fattori di assorbimento di solito di 1/8, 1/32, 1/64 montati in una torretta portafiltri rotante incorporata nella lente o nel corpo camera.
Filtro polarizzatore
Il filtro polarizzatore o semplicemente pola è uno dei filtri più amati e ricercati nella ripresa paesaggistica. Come impostazione è simile a un filtro ND infatti è di colore grigio neutro e assorbe una determinata quantità di luce. La differenza sta nella parte meccanica, infatti si tratta di due parti di cui una ruotante che permette di realizzare uno degli effetti più belli della fotografia o ripresa video cioè eliminare i riflessi dalle superfici riflettenti. Esso agisce tagliando una parte di luce polarizzata, cioè che vibra su un determinato piano. Pensiamo a una ripresa da realizzare al mare, il sole si riflette sulla superficie dell’acqua, sarebbe bello poter eliminare il riflesso e ottenere una visione trasparente del fondale marino, il filtro pola realizza proprio questo desiderio, elimina i riflessi e permette una ripresa con la superficie dell’acqua completamente trasparente e contrastata che fa risaltare il fondale. Nelle inquadrature dove sono presenti superfici vetrate che riflettono il paesaggio circostante, ad esempio una vetrina, il pola elimina tali riflessi indesiderati facendo trasparire l’interno della vetrata.
L’eliminazione dei riflessi non è l’unica prerogativa del polarizzatore, infatti serve anche a realizzare riprese con un contrasto maggiorato, ad esempio nelle inquadrature del cielo ci permette ruotandolo opportunamente di contrastare maggiormente l’azzurro facendo staccare meglio il bianco delle nubi, in sostanza ci permette di ottenere un maggior contrasto solo della parte che ci interessa, in questo caso il cielo, che in condizioni di ripresa senza filtro apparirebbe probabilmente slavato. Il suo effetto comunque si verifica quando ci rivolgiamo a una specifica direzione che ci consente di agganciare una zona di cielo contenente molta luce polarizzata, in generale funziona in quelle zone di cielo poste a 90 gradi rispetto a una ipotetica retta tracciata tra la posizione dove si trova il sole e la nostra. Il pola non funziona sempre e dovunque ci sia un riflesso, non funziona sui controluce, abbiamo visto che funziona sulle acque e sui vetri ma non ha alcun effetto sulle superfici metalliche perché il metallo non altera il piano di polarizzazione della luce. Il suo uso è semplice, basta guardare nel mirino e concentrandoci sul soggetto inquadrato ruotiamolo fino a quando otteniamo l’effetto desiderato.
- Senza Filtro Polarizzatore
- Con Filtro Polarizzatore
Da quanto descritto appare chiaro che il filtro pola tende a contrastare o a eliminare i riflessi solo su una parte dell’inquadratura, il suo effetto è più o meno pari al 50% della sua superficie ruotante, quindi o sopra o sotto, o a sinistra o a destra del campo inquadrato. Essendo un filtro composto da una parte fissa e una rotante è bene accertarsi in fase di acquisto che sia a profilo ribassato al fine di non interferire con fenomeni di vignettatura con le ottiche grandangolari. Per ciò che concerne il fattore di assorbimento della luce possiamo tranquillamente misurare l’esposizione semplicemente guardando a mirino e regolando di conseguenza l’esposizione.
Senza filtro polarizzatore Con filtro polarizzatore
Conclusione
Come abbiamo visto i filtri giocano un ruolo molto importante sia in fotografia che in cinematografia, sono nati quasi contemporaneamente all’arte ottico fotografica e non sono un vezzo ma un elemento chiave della ripresa sopratutto professionale. Fanno parte della dotazione standard di ogni fotografo o videografo ed essendo un investimento vanno oculatamente trattati. Possono essere creativi, a densità neutra, colorati, digradanti, in vetro, in acrilico, in gelatina ma non possono mancare nel nostro corredo.
Claudio NP
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