Workshop di Fotografia di Paesaggio: la mia filosofia

Workshop di Fotografia di Paesaggio: Insegnare fotografia attraverso l’occhio di un musicista.

 

“Benissimo, insegni Workshop di fotografia.

Perché?

Cosa ti spinge a insegnare?

E ancora, perché dovrei partecipare proprio a uno dei tuoi Workshop, con tutta l’offerta di corsi simili che c’è in giro?

Cosa ci guadagno, cosa imparo?”

 

© Vieri Bottazzini

 

Come te, anch’io mi sono posto molto seriamente queste domande quando ho cominciato a progettare i miei Workshop di fotografia di paesaggio. In realtà, ho riflettuto su questo tema per moltissimo tempo, nei decenni che ho passato a insegnare; ben prima di cominciare a pensare all’organizzazione di Workshop. In due parole. Prima di diventare un fotografo professionista, per decenni ho lavorato con successo come musicista classico: durante la mia carriera, ho suonato in centinaia di concerti e registrato una decina di CD da solista; ho insegnato flauto a livello universitario e post-laurea per oltre 15 anni e tenuto Masterclass (l’equivalente nel campo fotografico di un Workshop) in giro per il mondo. Posso dire di aver avuto un buon successo anche come insegnante, oltre che come solista: i miei studenti hanno vinto concorsi, suonano in orchestre e come solisti o in gruppi di musica da camera, insegnano in Università in giro per il mondo, etc. Oltre a ciò, ho insegnato fotografia per circa un decennio, principalmente come lezioni private.

 

Così, quando ho cominciato a progettare i miei Workshop di fotografia di paesaggio, partivo dal vantaggioso punto di vista di chi ha insegnato, con successo e per lungo tempo, in campi diversi. La musica e la fotografia sono abbastanza diverse, però: come può il successo insegnando l’una aiutare con l’altra?

 

In breve – e questo vale sia per la musica sia per la fotografia – il punto di insegnare qualcosa, per me, è il seguente:

  1. Fornire a qualcuno le conoscenze tecniche del mezzo scelto necessarie per esprimersi;
  2. Liberare la mente da ogni blocco che impedisce a qualcuno di esprimersi. Facile a dirsi, non altrettanto a farsi.

 

© Vieri Bottazzini

 

 

TECNICA

Semplificando, la fotografia si basa su pochi concetti di base che devono essere padroneggiati istintivamente, per poter poi interiorizzarli, dimenticarseli e lasciare la creatività libera di esprimersi. In particolare, un Workshop offre una buona quantità di tempo per lavorare intensamente su questi concetti e cominciare quindi a padroneggiarli. Potrai poi continuare a perfezionare questi concetti fin quando non avrai un’altra possibilità di testarli di fronte a un istruttore esperto, se desideri. In breve, dovrai imparare a padroneggiare diaframma, tempi di esposizione e ISO; imparerai a usare i filtri; imparerai a scegliere una lunghezza focale piuttosto che un’altra; imparerai a scegliere un formato piuttosto che un altro, a parte motivazioni legate ai costi (Micro 4/3, APS-C, FF, Medio Formato, etc); imparerai a lavorare con la prospettiva e con la profondità di campo; imparerai a controllare il movimento e il passare del tempo nelle tue immagini; studierai la composizione e la struttura di un’immagine; ne esaminerai le linee guida; deciderai se usare composizioni statiche o dinamiche; imparerai a conoscere la luce e a capire il tempo atmosferico; etc.

 

© Vieri Bottazzini

 

Una volta tornato da una sessione sul campo con schede di memoria piene d’immagini, dovrai imparare come processarle. Una delle domande più frequenti che mi vengono poste da clienti e studenti è: “Questa fotografia è photoshoppata?” oppure, “questa foto NON è photoshoppata, vero?” o anche “Questi colori sono reali, vero? Non dirmi che sono stati photoshoppati!”. Detto con sicurezza da iniziati, come se usare un software di editing fosse un marchio d’infamia per il “vero” fotografo.

Beh, la risposta migliore è sempre mostrare a chi pone queste domande un file RAW appena uscito dalla fotocamera, e godermi le inevitabili reazioni di sorpresa quando vedono quanto sia distante da un’immagine finita. Spiego poi come quello che loro chiamano “photoshoppare” sia in realtà lo sviluppo di un negativo digitale, una cosa tanto necessaria oggi quanto lo era lo sviluppo di un negativo nei bei vecchi tempi della pellicola. Una volta d’accordo su questo, la scelta è tra essere contenti di lasciare che la fotocamera si occupi dello sviluppo in JPG per noi, o se invece prendere in mano il controllo della situazione e realizzare le nostre scelte artistiche.

La mia raccomandazione è scegliere la seconda strada, perlomeno se vuoi avere il controllo totale sulle tue fotografie. Questo, però, implica che devi dedicare del tempo a imparare a usare un software di post-processing, che sia Photoshop o un altro programma di tua scelta. Capisco che avvicinarsi per la prima volta a uno di questi software possa far paura; introdurre delle sessioni di post-processing nei miei Workshop ha lo scopo di aiutarti a rompere il ghiaccio e cominciare a camminare nella giusta direzione per realizzare la tua visione.

 

© Vieri Bottazzini

 

LIBERA LA MENTE

Una volta imparati i trucchi del mestiere, se vuoi esprimerti artisticamente devi andare oltre; questo vale per professionisti e amatori, senza alcuna differenza. Per un Fotografo di Paesaggio, in particolare, questo vuol dire che dovrai rendere una scena non com’è, ma come la vede il tuo occhio interiore. Per far ciò, dovrai andare oltre la ricerca di una riproduzione tecnicamente perfetta ma non originale, fredda e meccanica della realtà circostante: per quanto necessario, questo è solo il primo passo della complessa sfida che ti aspetta.

Dovrai interpretare la realtà, processarla attraverso il filtro della tua individualità, della tua creatività e della tua esperienza. Dovrai essere libero. Dovrai osare. Libero di esprimerti attraverso il mezzo artistico che hai scelto, osare nel prendere questa libertà e usarla per creare qualcosa di bello e significativo.

 

© Vieri Bottazzini

 

Una nota sulla libertà. Come ben sappiamo, tutti vogliono essere liberi. O per meglio dire, tutti vogliono la libertà, ma – per quanto strano possa sembrare – una volta raggiuntala la maggior parte della gente non sa cosa farsene. Tra questi, una piccola parte vede la libertà come anarchia, mentre la maggior parte preferisce tornare alla sicurezza di lasciarsi dire da altri cosa fare e cosa pensare. Questo è vero in generale, e ancor più vero quando si tratta di libertà nell’espressione artistica – il che è assai interessante, a pensarci bene.

 

Torniamo al punto. Una volta imparata la tecnica necessaria in ogni forma d’arte, l’espressione artistica dovrebbe essere il campo principe dove perseguire la libertà di pensiero creativo; questo in teoria, perlomeno. Più precisamente, quando si tratta di trasmettere conoscenza in un qualsiasi campo artistico, perseguire la libertà di pensiero creativo dovrebbe essere lo scopo principale sia di chi insegna sia di ogni studente.

 

In realtà, purtroppo, troppo spesso è vero il contrario.

 

Da una parte, in arte come nella vita, molta gente preferisce sentirsi dire cosa fare e come farlo; dall’altra parte, con poche notevoli eccezioni il mondo accademico è uno dei luoghi dove uno viene meno incoraggiato a sviluppare liberamente la propria creatività. Per qual motivo questo avviene?

 

Prima di tutto, quasi nessuno ammetterà che quanto sopra è vero, perlomeno non in questi termini. Gli insegnanti diranno cose del tipo “le regole esistono per un motivo, chi sei tu per discuterle”, o “impara quello che devi imparare, fai come ti si dice”, o anche “prima diplomati, e una volta laureato puoi fare come ti pare”; dal canto loro, gli studenti penseranno cose tipo “se seguo le regole, avrò meno responsabilità e meno problemi”, o “certo se faccio come mi viene detto, se faccio quello che fanno tutti e se lo faccio come lo fanno tutti, diventerò anch’io un artista di successo, giusto?”

 

Sbagliato. Molto, molto sbagliato.

 

 

O meglio: è certamente vero che rinunciando allo sviluppo della propria creatività si hanno assai meno problemi e meno responsabilità. Garantito, non dovrai pensare molto, o immaginare molto; non dovrai forzare i limiti della tua conoscenza e della tua creatività; non perderai notti preziose, cercando insonne di risolvere un particolare problema; e così via. Vivrai meglio, ti stancherai di meno.

Probabilmente non farai mai “errori”, e non farai mai arrabbiare il tuo maestro. Probabilmente ti diplomerai col massimo dei voti nella tua classe di fotografia, musica, arte o quant’altro. Detto questo, posso garantirti che non provare mai a sperimentare, per paura di sbagliare, di andare “contro le regole” o per qualsiasi altro motivo è il modo migliore per uccidere definitivamente la tua creatività. Posso anche garantirti che, se non perseguirai la tua libertà artistica e la tua creatività, errori compresi, non sarai mai un vero artista e non aggiungerai mai il tuo contributo all’enorme, sempre crescente ricchezza della creazione umana.

 

L’IMPORTANZA DELLE REGOLE

Le regole, quando si studia un’arte, sono certamente molto importanti. Ci sono d’esempio, sono linee guida, hanno un valore storico, devono essere imparate, memorizzate, interiorizzate – e poi dimenticate. Nello specifico, devi senz’altro conoscere la storia della fotografia, analizzare quello che altri hanno creato e creano, studiare i maestri, studiare composizione, studiare l’uso espressivo del colore, dei tempi di posa, del diaframma, dei filtri, e così via – e poi andare oltre.

Non preoccuparti, quello che hai imparato non sparirà nel nulla; lavorerà per te sullo sfondo del tuo cervello. Non occupare la parte conscia del tuo cervello in questo modo mentre lavori a creare immagini. Nel corso del tuo viaggio con la fotografia, continua sempre a studiare e a imparare; continua però anche a immagazzinare quello che impari nel retro del tuo cervello, e a non pensarci attivamente quando crei le tue immagini.

 

Una volta assimilata la tua tecnica al punto che avviene istintivamente, e una volta interiorizzata la conoscenza al punto che non hai bisogno di pensarci mentre lavori, sarai finalmente pronto ad autorizzarti a essere libero. Per cominciare, non solo devi accettare che tu possa sbagliare, possibilmente parecchio; al contrario, devi capire che quelli che la gente chiama errori sono in realtà solo dei passi nel processo di sviluppo della tua personalità artistica. In più, devi anche capire che imparerai da te stesso molto più di quello che chiunque possa insegnarti. Dovrai sperimentare, e essere il tuo critico più feroce; devi trovare la forza di cestinare le tue fotografie quando non funzionano, e trovare la forza di sperimentare ancora.

Allo stesso tempo, per quanto difficile possa essere, devi continuare a mantenere un occhio aperto e sensibile verso il mondo che fotografi. Devi continuare ad amare quello che fai e quello che fotografi. Devi mantenere l’occhio del tuo bambino interiore vivo e vegeto, nutrirlo continuamente se vuoi essere capace di tornare a vedere una scena come fosse la prima volta.

 

© Vieri Bottazzini

 

L’IMPORTANZA DI UNA GUIDA

Per fare tutto ciò (e rimanere sano di mente!) è di grande aiuto, per non dire necessario, avere qualcuno di cui ci fidiamo come guida. Avrai bisogno di un istruttore o di un insegnante che capisca quello che vuoi dire con le tue fotografie e che ti aiuti a esprimerlo. Avrai bisogno di qualcuno che ti mostra la via, qualcuno le cui immagini ti colpiscano e il cui esempio ti ispiri. Qualcuno che ti insegni il mestiere, che ti aiuti a migliorare la tua tecnica il più possibile, e che liberi la tua creatività.

Data la natura della nostra arte e del nostro mestiere, partecipare a un Workshop di fotografia di paesaggio è secondo me il modo migliore (per non dire l’unico) per sviluppare la tua visione, migliorare la tua fotografia, esplorare alcuni tra i posti di maggior ispirazione del pianeta mentre lavori con un istruttore esperto sulle tue immagini, sia sul campo sia in post-processing. Per finire, porterai a casa un portfolio d’immagini gratificanti, ricche, intense – immagini che avrai creato tu e che rappresentano solo te e la tua visione.

 

Questa è la mia filosofia, e questo è quello che perseguo nei miei Workshop. Se abbia successo o meno, starà a te a dirlo.

 

Grazie per avermi letto fin qui, spero sia stata una lettura interessante: condividi quest’articolo con i tuoi amici, o lascia un commento per farmi sapere cosa ne pensi.

 

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Vieri Bottazzini.

Sito web: https://www.vieribottazzini.com

Workshops: https://www.vieribottazziniworkshops.com

Instagram: https://www.instagram.com/vieribottazzini/

 

Vieri Bottazzini è un fotografo di paesaggio Fine Art e un didatta, con uno stile personale basato sulla padronanza dell’arte fotografica tradizionale. Appassionato dei grandi spazi aperti, Vieri onora la maestosa potenza della bellezza del pianeta creando le sue iconiche immagini esclusivamente attraverso pura fotografia, senza ricorrere a espedienti e scappatoie digitali. Attraverso uniche fotografie in bianco e nero e immagini a colori sottilmente processate, Vieri racconta della relazione tra uomo e natura, esplorando i concetti del tempo e del surreale. Il lavoro Fine Art di Vieri è stato visto milioni di volte sui social media, ed è stato pubblicato da riviste leader del settore quali Medium Format Magazine, LEMAG e Elements-Landscape Photography Magazine. Vieri tiene Workshops con partecipazione realmente limitata a sole tre persone in luoghi quali Islanda, Scozia, Inghilterra, Sudovest USA, Italia, Francia e Spagna, dove condivide la sua conoscenza e la sua arte con i suoi studenti. Il vasto e assortito Portfolio di Vieri è il culmine di oltre un decennio di passione, amore e maestria, di mesi passati in viaggio ogni anno, di centinaia di chilometri di cammino e, soprattutto, di una vita dedicata all’arte. Attraverso il suo lavoro e il suo insegnamento, Vieri mira ad inspirare altri a liberare l’artista che abbiamo dentro e a trovare la propria strada verso l’espressione di sé.

One Comment

  1. Luca Scaramuzza Reply

    Ho avuto la fortuna di trovare 2 persone che mi hanno spinto alla fotografia.
    2 figure diametralmente opposte, mio papà appassionato di fiori, animali e mio figlio. Fin da giovane mi tempestava di foto che non trovavo interessanti e provava in continuazione a spingermi a scattare. Ma io niente, avevo in mente solo lo sport e la fotografia mi annoiava se non in poche occasioni prime tra tutte la traversata da sud a nord del continente africano in tenda e senza mezzi di trasporto da trovare sul luogo.
    Più avanti negli anni ho incontrato per caso il mio grande maestro Max; la mia fortuna è stata quella di essere assolutamente ignorante per tecnica e storia per cui, come un’idrovora, ho assorbito senza fatica e con totale apertura mentale tanto, ma davvero tanto..per il tutto serve ancora molto tempo infinito :-).
    Ma grazie a Max sono riuscito a comprendere il significato della passione che ci metteva mio papà e forse questo è l’insegnamento migliore che mi ha fatto “vedere”.
    Ognuno di noi può trasmettere qualcosa ma l’importante è che il primo passo verso la conoscenza/ignoto lo si faccia noi affidandosi a chi sa e a chi sa “far fare”

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