Le corte vedute e la rilevanza della bellezza

Persone di corte vedute, ATTENZIONE: Arriva la rilevanza della bellezza!

 

I fotografi sono una strana razza, professionisti o amatori che siano. Un osservatore esterno che segua discussioni online sulla fotografia si sorprenderebbe nel vedere come molti di noi siano settari e di corte vedute. Questo è vero anche lasciando da parte le solite guerre tra seguaci di marche diverse e guardando solo alla fotografia stessa. Seguendo queste conversazioni, non si può fare a meno di notare come per molti fotografi l’unico tipo di fotografia che conta sia quella di cui si occupano loro stessi. In particolare, tra questi una delle cose che sento più spesso è che la “vera” fotografia sia quella di reportage: ogni altro genere non è rilevante, e quindi non degno di essere perseguito. Personalmente io amo moltissimo il reportage, ho cominciato a fotografare seriamente con il reportage, e il mio lavoro di reportage è stato esibito in campo internazionale. Non ho niente contro il reportage, mi infastidiscono invece le persone di corte vedute. Per loro il reportage è puro, serio, impegnato, rilevante; tutto il resto o è commerciale, e quindi sporcato dal puntare al profitto (detto con un tono di orrore nella voce), o è privo di importanza. La fotografia di paesaggio, in particolare, è considerata al più un esercizio tecnico, una facile piacevolezza, un passatempo fotografico con poco più che un valore estetico. È bella, certo, ma rilevante no – la rilevanza è riservata alla fotografia “seria”.

 

© Vieri Bottazzini

 

Bene, spereresti che questo almeno ispiri un qualche tipo di solidarietà tra i fotografi paesaggisti, vero? Qualcosa del genere “uniamoci nella difesa di una causa comune”? Magari. Quello che trovo ancora più strano è l’attitudine settaria esistente all’interno dei fotografi paesaggisti stessi. Per esempio, l’altro giorno mi sono imbattuto con mia grande disperazione in un gruppo di ignoranti su Facebook che, creato il proprio gruppetto, si davano pacche sulle spalle a vicenda esaltando un fotografo autore di fotografie di cabine balneari sulla spiaggia come un genio del paesaggio, mentre denigravano quei paesaggi che non mostrassero alcun umano artefatto (forse gli mancavano le cabine…). Addirittura, nella loro chiusura mentale si spingevano fino a dire che un paesaggio senza artefatti umani non fosse nemmeno degno di essere chiamato paesaggio perché “non dice nulla sul luogo” e “potrebbe essere stato scattato ovunque”; in questo modo, ovviamente, dimenticando e cancellando con pochi tocchi di tastiera centinaia di grandi fotografi di paesaggio e il loro lavoro. Contenti loro. Generalmente parlando, noto come in ogni gruppo, indipendentemente da quanto sia piccolo ed emarginato, spesso esistano sottogruppi alla ricerca di un modo per differenziarsi dagli altri ed emarginarli a propria volta. È davvero triste vedere tanta chiusura mentale e tanta ignoranza, considerando che si parla di una forma di espressione splendida e varia quale la fotografia. Trovo ancora più triste vedere come gli esseri umani solitamente tendano a dividersi in gruppi sempre più piccoli invece di unire le proprie forze per il bene comune. Non voglio dire che il bene non vinca mai tra i fotografi (e nel mondo in generale), ma certo questo accade molto meno sovente del contrario. In più, venendo da una lunga carriera da musicista professionista, tutto ciò è un enorme deja-vu: purtroppo non c’è niente di nuovo sotto il sole.

 

Vediamo ora di parlare seriamente per un secondo di rilevanza in fotografia.

 

Definizione: rilevanza è la qualità dell’avere valore e importanza.

 

© Vieri Bottazzini

 

Volendo vincere facilmente, potrei dire che ogni fotografia che abbia valore e importanza almeno per chi l’ha scattata è rilevante almeno per lui, soddisfacendo così la definizione. Tuttavia, saremo d’accordo che serva parlare in termini un po’ più universali.

 

Per me, le cose sono in realtà abbastanza semplici. Prendiamo il reportage come esempio. Chi asserisce il superiore valore intrinseco delle immagini di reportage, solitamente fa ciò sostenendo che queste abbiano una rilevanza superiore per l’umanità. Per esempio, mostrare il risultato dell’uso di armi chimiche sulla popolazione civile indignerà e unirà il mondo contro i colpevoli, spingendoli a cessarne l’uso e facendo del mondo un posto migliore. Verissimo, quando succede, e sono assolutamente d’accordo: la fotografia di reportage può avere grande rilevanza per l’umanità e servire a scopi alti.

 

E la fotografia di paesaggio? È davvero solo “bella”? Non per me. Certo, lo scopo del mio lavoro è quello di ritrarre la bellezza del nostro pianeta, le meraviglie del mondo in cui viviamo e la potenza della natura. Con questo, però, credo che mostrare le bellezze del pianeta al numero più alto possibile di persone possa ispirarle a preservare sia il pianeta sia le sue bellezze. Credo che mostrare le bellezze di luoghi remoti a persone che non possono viaggiare sin lì offra loro la possibilità di vedere il mondo e goderne le bellezze attraverso il mio occhio. Per finire, credo che nei tempi in cui viviamo, con la gente in difficoltà per l’economia, timorosa per il proprio futuro e per la propria sicurezza, mostrare loro le bellezze del nostro pianeta possa migliorarne le giornate e la qualità della vita. E perché no, penso che vedere la bellezza del mondo possa ispirare tutti ad essere migliori come persone.

 

© Vieri Bottazzini

 

Sì, la fotografia di paesaggio è rilevante, per me e per il mondo in generale. È la rilevanza della bellezza: credici, e può cambiare il mondo. Idealista? Forse. È certo meglio essere idealista che cinico: come si suol dire, un cinico è solo un idealista deluso dai propri ideali, e io deluso ancora non sono.

 

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Vieri Bottazzini.

 

Dettagli tecnici: tutte le immagini in quest’articolo sono state scattate con una Leica M240 con il 16-18-21mm f/4 Tri-Elmar e con una Leica SL con il 24-90mm f/2.8-4 Vario-Elmarit-SL. Come supporto ho usato un cavalletto Gitzo con una testa Arca-Swiss. Per finire, ho usato filtri Formatt-Hitech Firecrest ND degradanti (0.6 e 0.9 Soft-Edge), ND solidi e polarizzatore. Le foto sono state sviluppate e completate in Adobe Photoshop CC.

Vieri Bottazzini è un fotografo di paesaggio Fine Art e un didatta, con uno stile personale basato sulla padronanza dell’arte fotografica tradizionale. Appassionato dei grandi spazi aperti, Vieri onora la maestosa potenza della bellezza del pianeta creando le sue iconiche immagini esclusivamente attraverso pura fotografia, senza ricorrere a espedienti e scappatoie digitali. Attraverso uniche fotografie in bianco e nero e immagini a colori sottilmente processate, Vieri racconta della relazione tra uomo e natura, esplorando i concetti del tempo e del surreale. Il lavoro Fine Art di Vieri è stato visto milioni di volte sui social media, ed è stato pubblicato da riviste leader del settore quali Medium Format Magazine, LEMAG e Elements-Landscape Photography Magazine. Vieri tiene Workshops con partecipazione realmente limitata a sole tre persone in luoghi quali Islanda, Scozia, Inghilterra, Sudovest USA, Italia, Francia e Spagna, dove condivide la sua conoscenza e la sua arte con i suoi studenti. Il vasto e assortito Portfolio di Vieri è il culmine di oltre un decennio di passione, amore e maestria, di mesi passati in viaggio ogni anno, di centinaia di chilometri di cammino e, soprattutto, di una vita dedicata all’arte. Attraverso il suo lavoro e il suo insegnamento, Vieri mira ad inspirare altri a liberare l’artista che abbiamo dentro e a trovare la propria strada verso l’espressione di sé.

2 Comments

  1. Gianluca Castagna Reply

    Condivido (e quindi fotografo) tutto.
    Per me è stimolante, anche dopo oltre trent’anni di fotografia amatoriale, vedere cose (come) nuove, uscire dai miei schemi, esplorare soggetti mai affrontati: e per ciò le immagini di altri fotografi e di altri generi fotografici sono sempre di sprone a provarci, non tanto per imitarli, ma per capire di più e meglio, per avere a mia volta un riscontro su qual è il “mio” approccio a quel tema. Certo, alcuni generi non posso materialmente praticarli (fotografia subaquea, per dirne uno) ma ciò non toglie che io possa ammirare a bocca aperta certi lavori di eccellenti specialisti di quel genere.
    Mi accorgo che a volte esco di casa con attrezzatura dedicata ad un certo genere fotografico e poi mi sorprendo spesso a riprendere altre cose, a violare regole (tecniche e compositive) consolidate, a divertirmi con una sola ottica, magari pensata per tutt’altre discipline.
    Il reportage, la street? Certo. Tutti o quasi siamo nati fotograficamente con i soggetti di HCB.
    Ma non solo.
    E perché mai, poi?
    Perché mai precludersi la possibilità di vedere oltre, di vedere altro?
    Solo un aspetto dell’articolo credo richieda una integrazione, ossia la sottolineatura dell’aspetto di denuncia di talune immagini , che giustamente ci si attende provochino negli osservatori una reazione … eguale e contraria di condanna della situazione ripresa.
    Purtroppo non è sempre così vero od automatico, perché l’educazione, la cultura, degli osservatori non è la medesima; talvolta addirittura l’immagine che dovrebbe allontanare da un certo comportamento negativo diventa invece spunto – prima o poi – per riprodurlo.
    Ovviamente – ripeto – è un problema educativo di chi guarda, non di chi propone l’immagine.
    Faccio un esempio stupido, ma vi penso spesso: diversi anni fa le immagini di donne sfigurate dall’acido fecero rabbrividire – giustamente – molti occidentali per la crudeltà ed inciviltà di una reazione assurda al rifiuto da parte di una donna di una profferta “amorosa” da parte di un pretendente.
    Eppure tale comportamento disumano venne (e viene) ormai fatto proprio da diversi compatrioti, idioti, folli od ignoranti quanto lo si voglia, che probabilmente non avrebbero mai avuto tale scellerata idea se non l’avessero conosciuta da quelle immagini. Ora, non sto mettendo in dubbio l’utilità sociale di queste fotografie, ma solo richiamando l’attenzione che merita anche il – diciamo – livello di ricezione culturale di esse.
    Anche certe serie televisive, che hanno come protagonisti delinquenti e malviventi più o meno organizzati e simpatici, restano fiction per chi le guarda con adeguata attrezzatura sociale e culturale, ma rischiano di diventare motivo di emulazione per chi, purtroppo per lui, vede positivamente i protagonisti come idoli da raggiungere.
    La rappresentazione della bellezza, invece, come le immagini dell’articolo credo ben dimostrino , non ha mai una controindicazione del genere di quella che ho cercato di descrivere prima.
    Un saluto e grazie per le stimolanti osservazioni.

    1. Vieri Bottazzini Post author Reply

      Ciao Gianluca,

      grazie mille per il bel commento dettagliato, che condivido in pieno – compresa la nota riguardo la duplicità del mostrare comportamenti aberranti, che può sia “vaccinare” sia ispirare altri a ripetere.

      Mi fa piacere che tu abbia trovato le mie riflessioni interessanti, e ti aspetto per il prossimo articolo. Buon fine settimana,

      Vieri

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