Oltre al Perché?, qualcos’altro che i fotografi dimenticano spesso di considerare quando iniziano a impostare una strategia di marketing, è:
CHI è il mio vero pubblico?
E con questo non mi riferisco più ai loro sogni, ma a una valutazione molto più pratica e attuale dei loro veri punti di forza e alle loro potenzialità di vendita per diversi mercati.
L’assunto è che per ogni fotografo (professionista ma anche semi-professionista e persino amatore evoluto) esiste almeno un mercato con una domanda per il suo prodotto. Ed è così, davvero!
L’importante è rimanere aperti, fiduciosi e molto, molto realisti nel capire quale sia questo mercato. Momento per momento. La domanda può essere riformulata quindi come:
Chi ha un reale interesse ad acquistare la mia fotografia, in questo preciso momento?
più che:
A chi mi piacerebbe vendere le mie fotografie?
La risposta a questa domanda è particolarmente difficile, per tutti, perché comporta non solo un’autovalutazione ma anche un’autovalutazione in relazione alla domanda.
I fotografi tendono ad essere troppo fiduciosi o ingenui e sopravvalutano il loro lavoro oppure troppo insicuri, e non fidandosi abbastanza di sé stessi mancano della disciplina per perseverare e rimangono schiacciati alla prima difficoltà o rifiuto. Spesso, oscillano da un estremo all’altro, tipo elastico.
Per quelli che tendono a essere un pò ingenui:
vorrei condividere con voi un umile racconto tratto dalla mia carriera di fotografa.
Tanti anni fa, quando lavoravo nel reparto vendita di Grazia Neri e avevo appena iniziato a fotografare, mi ero messa in testa di vendere le mie fotografie di viaggio.
Dopo averne vendute una decina, dall’incredulità e commossa gratitudine in qualche giorno ero già passata alla fase “pronta-per-il National (Geographic)”. Così chiesi una mano alla mia collega e amica Lulu che si occupava di selezionare le immagini per il sito dell’Agenzia per montare un intero reportage; Lulu guardò le foto, guardò me, le riguardò e mi disse con compassione “Raffy, queste a malapena le posso usare come immagini di stock”. Dalle pagine del NG alle illustrazioni degli inserti di Dove, per intenderci. Difficile esprimere l’entità della mia delusione.
Eppure? Eppure Lulu, avevi perfettamente ragione. Non te l’ho mai detto, così lo faccio qui.
Quello che ho imparato:
* non esiste solo il National Geographic (o Vogue Italia, il MOMA di New York…quello che preferite voi). Esistono anche le guide di Dove. O il mercato dei ritratti di famiglia, delle cartoline di paesaggi, degli animali domestici, della gare sportive… E magari un domani una delle nostre “cartoline” sarà appesa al MOMA. Chi lo sa!?
* cominciare dal piccolo non è un’umiliazione. E un’inizio.
Per quelli che invece sono sicuri che non arriveranno mai da nessuna parte:
I fotografi (tutti, anche quelli della prima categoria!) sono tra tutti gli artisti i più raffinati esperti di auto-tortura. Abilissimi nel porsi domande impossibili tipo:
Sono abbastanza bravo?
Dovrei smettere?
Perché non ho vinto Il World Press Photo l’anno scorso?
Aveva ragione mio padre?
ecc.
Questi dubbi hanno l’affascinante caratteristica di trasmutare da professionali a esistenziali in men che non si dica; ieri pieni di entusiasmo e creatività, eccoci oggi magicamente impantanati in lavori piantati a metà, sforzi immensi senza risultati, blocchi creativi e pensieri di generica autocommiserazione. Suona familiare, sì?
Perchè i fotografi sono così proni a questi episodi, mi chiederete?
Primo, perchè si fanno (o ci facciamo) delle domande sbagliate e assolutamente inutili!
Secondo, perché non si mettono nei panni del loro pubblico abbastanza.
L’incapacità di valutare con precisione non solo il proprio lavoro ma il proprio lavoro in relazione al proprio pubblico è uno dei fattori più importanti che portano alla stagnazione o alla mancanza di successo e perché il marketing sembra così difficile: il marketing è molto più facile se sappiamo esattamente cosa vendere e a chi. Molto semplice. Lo so, sono fastidiosa 😀
Ed ecco come i consulenti di fotografia si guadagnano da vivere!
La verità è che l’unica vera differenza tra consulenti e fotografi è il paragone che i consulenti possono fare tra migliaia di lavori simili e un’esperienza più diretta delle necessità dei mercati.
Qualcosa che può essere raggiunto almeno in parte dai fotografi stessi, però, se investissero del tempo reale a indagare cosa vende e a chi. In qualsiasi campo. Collezionisti d’arte? diamo un’occhiata ai siti web delle Aste d’Arte e vediamo cosa vende. Vediamo qualche nome di fotografo emergente? No? Esatto. Riviste? Quand’è l’ultima volta che abbiamo davvero sfogliato il National Geographic e letto i suoi articoli? Al Duty Free dell’areoporto, in coda alla cassa? Mmmh, non abbastanza, temo. Iscriviamoci a quelle che ci piacciono e vediamo cosa pubblicano e come, nei dettagli. I fotografi che pubblicano. I loro siti. Le loro storie. E così via, potrei andare avanti su questo punto per molto tempo.
Quanti fotografi passano del tempo reale a studiare queste cose come parte del Lavoro? Nella mia esperienza, davvero pochissimi.
Ciò che intendo è: un’accurata autovalutazione del proprio potenziale commerciale non è impossibile, ma oltre ad una sana autostima, dobbiamo accettare lo studio (vero) dei nostri targets e della nostra concorrenza come parte fondamentale del nostro Lavoro.
Nei prossimi posts vedremo nel dettaglio come si compone il CHI, il vostro pubblico: il Grande Pubblico, i Magazines, il mercato Commerciale e i Collezionisti. Rimanete con me!
Nel frattempo, sarei felice di leggere esempi reali della vostra esperienza.
Scrivetemi qui sotto nei commenti oppure mandatemi un’email.
Raffaela Lepanto è una Photo Editor e Consulente Fotografica con un’esperienza di più di 18 anni nell’industria fotografica. Dopo la sua lunga collaborazione con l’agenzia fotografica Grazia Neri, ha lavorato per l’agenzia Emblema, come Photo Editor, Production Manager e Web Creative Director.
Attualmente lavora come Consulente e Tutor tra Milano e Londra, dove collabora con la University of the Arts London, PhotoFusion e FourCorners Film & Photography, fornendo corsi, consulenze su misura e supporto individuale ai fotografi.
Il coaching individuale è adattato alle esigenze specifiche dei fotografi e al loro livello di esperienza (livello principiante, semi-professionale, professionale). L’obiettivo è offrire supporto in aree chiave del flusso di lavoro creativo e in quello di marketing, aiutando i fotografi a sviluppare un insieme autonomo di competenze e risorse.
Il suo sito è: www.raffaelalepanto.com
Buongiorno Raffaela,
Seguo con molto interesse le domande, anche se sto facendo un percorso diverso, nel mio piccolo fanno riflettere.
Il mio Chi non esiste, ma se mi diletto come se fossi un fotografo ponendomi le stesse domande penso che troverei altri stimoli. Sempre di più penso che la fotografia sia una disciplina che prende spirito, anima e corpo.
Un caro saluto.
Sono felice che le domande ti stiano facendo riflettere, lo scopo era proprio quello 🙂
E non potrei essere più sono d’accordo, davvero la fotografia “prende” non solo lo spirito ma anche il corpo; quale altra arte ci fa uscire di corsa nella neve senza giacca per non perdere quella luce speciale o camminare a piedi nudi sugli sterpi senza sentire dolore (almeno al momento! :D) per fotografare un animale selvatico ? La mia esperienza della fotografia è assolutamente anche fisica, come dici tu.
Visto che stai già riflettendo… perché “se fossi un fotografo”? Vuoi dire un “fotografo famoso”, un “fotografo professionista”, un “bravo fotografo” forse … ma se sei qui è perché sei già un fotografo. Un fotografo che può migliorare, imparare ancora, ri-crearsi e ritrovarsi, come tutti, ma se la fotografia è il mezzo con cui ti esprimi la scelta l’hai già fatta. Che tu lo sappia o no 🙂
Che dire Raffaela, leggerti mi entusiasma. ??
Caro Paolo. Grazie 🙂 Mi rende molto felice saperlo.
Per l’etica della fotografia… lascio la parola a chi scrive bene di queste cose. 🙂
per l’anima c’e’ tutto il discorso aperto dell’etica della fotografia……