Uno dei grandi meriti della larga diffusione dei droni è sicuramente quello di offrire al fotografo, più o meno professionista (qualunque cosa significhi questo termine al giorno d’oggi) la possibilità di esplorare nuovi punti di vista.
Certo, la qualità si paga e, se desiderate stampare le vostre immagini aeree in grandi dimensioni l’investimento può essere notevole.
Ci sono poi tutti i problemi normativi.
Partiamo però da un livello semplice: un investimento inferiore ai mille euro e un utilizzo del drone non professionale, che, al momento, non richiede particolari certificazioni (consiglio comunque una buona assicurazione e la massima prudenza, specialmente in presenza di persone).
Immaginiamo, quindi, di volare su un terreno spopolato, in assenza di limitazioni, per scattare delle fotografie per il semplice piacere di farlo.
Ecco qualche piacevole scoperta che potremmo fare.
Un comodo strumento di ispezione
Prima ancora che uno strumento fotografico, il drone può anche essere un utile aiuto per effettuare rapidamente ispezioni di zone nelle quali dobbiamo fotografare. In altri termini, anche se il mio shooting sarà “a terra”, con qualche volo con il mio drone posso conoscere anticipatamente il terreno, tracciare itinerari da uno spot all’altro, verificare eventuali ostacoli e aspetti non evidenti tramite le mappe tradizionali.
Un nuovo modo di leggere il territorio e i soggetti
Prendiamo l’esempio di una foto zenitale: stando a perpendicolo sul mio soggetto, obiettivo puntato verso il basso, posso rileggere in modo differente e “grafico” il paesaggio, ricercando regolarità, linee, curve, alternanze di manufatti ed elementi naturali.
Se facciamo reportage, poi, possiamo presentare al pubblico una lettura differente degli eventi, così come, alzandoci di pochi metri, siamo in grado di reinterpretare un’azione sportiva o un paesaggio.
Cambia il punto di vista
Sì, siamo obbligati a pensare all’immagine fotografica in modo differente. Possiamo fotografare i nostri soggetti così come non potremmo fare in altro modo.
Un conto, infatti, è scattare la foto della cima di un campanile, la facciata di un grattacielo o una montagna da lontano con un teleobiettivo, un altro è farlo da vicino, con un grandangolare, magari anche in modalità stitch panoramica.
È diversa la prospettiva, ma lo sono anche l’approccio psicologico ed emozionale del fotografo.
All’inizio, infatti, siamo concentrati sugli aspetti tecnici del pilotare, ma, automatizzate tutte queste operazioni, l’esperienza del volo diventa veramente immersiva e, lentamente, si inizia a vedere il mondo in modo differente, ragionando su altezze ed inclinazioni, considerando la distanza in modo differente rispetto a come siamo abituati.
Sta a noi, ovviamente, sfruttare in modo espressivo e creativo questo ennesimo nuovo strumento, osservando il mondo con l’occhio dell’aquila o con lo sguardo di un pollo.
Giorgio Sitta
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