La smaterializzazione e la fine della ritualità

Sicuramente negli ultimi anni abbiamo assistito a molte rivoluzioni tecnologiche, piccole e grandi, che hanno cambiato profondamente anche il nostro modo di vivere e, in modo più sottile, anche il nostro modo di pensare e di rapportarci con l’informazione.

Oggi mi piacerebbe analizzare un semplice esempio, quello del passaggio dal vinile al digitale, per capire insieme quali ne siano i risvolti meno evidenti.

Nemmeno troppi anni fa, se volevamo creare una nostra compilation musicale, dovevamo registrarla su audiocassetta, partendo da un vinile, da un CD o da un’altra audiocassetta.

I risvolti di questa operazione sono più complessi di come si possa pensare in una prima analisi.

Prima di tutto andava pensata e immaginata una scaletta. Registrando su audiocassetta, infatti, sarebbe stato molto difficile cambiare in corso d’opera la sequenza dei brani.

Le audiocassette poi avevano una durata limitata (minuti, non MB o GB come per i lettori MP3 o i supporti digitali in generale), quindi dovevamo fare anche dei calcoli per capire come riempire al meglio i (pochi) minuti disponibili.

Quindi si tirava fuori il disco dallo scaffale, lo si puliva, lo si poneva sul piatto del giradischi, si spostava la puntina sulla giusta traccia e si faceva partire il registratore.

Tutto ciò per ogni brano.

Ovviamente le cassette magnetiche avevano un decadimento, che spesso era anticipato dalla rottura del nastro per cause meccaniche.

Oggi è tutto più semplice e rapido, in pochi secondi possiamo creare e condividere una compilation in formato digitale.

Servizi come Spotify, poi, propongono un’ulteriore evoluzione in questo processo di smaterializzazione (il passaggio dall’atomo al bit, profetizzato molti anni fa da Nicholas Negroponte nel suo “Essere digitali”), eliminando anche la necessità del possesso e dell’archiviazione delle informazioni.

Pagando un canone possiamo accedere a milioni di brani, senza limiti, immagazzinati in cloud remoti e accessibili ovunque, a patto di possedere una connessione alla Rete e un apparato, anche mobile.

Si passa dal lettore MP3 alla banda larga continua.

Due sono le conseguenze di questi cambiamenti: l’eliminazione della ritualità del mondo fisico, e la velocità nel reperire le informazioni e, ovviamente, nel fruirne.

Ciò può portare molto facilmente a una forma di disaffezione: potendo ascoltare tutta la musica del mondo con estrema facilità, scompare il gusto della ricerca, che deriva anche dall’approccio “fisico” alle informazioni, dalla lettura di un libro, all’ascolto di un vinile, che spesso implica anche la visione della sua copertina.

Paradossalmente questi cambiamenti portano a un’amplificazione di un altro aspetto del mondo fisico: l’happening.

La musica circola rapidamente (e spesso illegalmente), per cui per un artista il momento di contatto decisivo è di nuovo il concerto live.

In Rete viaggiano milioni di immagini, ma contemporaneamente le mostre e gli eventi di fotografia moltiplicano di anno in anno i loro visitatori.

Sono fenomeni interessanti, i cui sviluppi sono meno comprensibili, probabilmente, per chi, come me, è “nato analogico”.

Mi auguro, comunque, che informazioni e fisicità continuino a rapportarsi, magari con modalità differenti da quelli attuali, e che l’happening continui a conservare il valore di verifica primaria della qualità delle informazioni stesse e del rapporto tra chi le propone e chi ne fruisce.

 

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