Il drone solitario e l’assenza del fotografo

Da molto tempo, ormai, l’utilizzo militare dei droni ci ha posto importanti questioni etiche, legate soprattutto alla responsabilità morale dell’”operatore” che, a migliaia di chilometri, può effettuare operazioni di sorveglianza in zone pericolose per piloti umani, ma anche colpire bersagli con i missili.

Questa è una sorta di “virtualizzazione” che, ovviamente, ha nuove e profonde ripercussioni psicologiche su chi, dall’altra arte del mondo, pilota e utilizza per fini di combattimento un drone.

Non sto dando giudizi morali, strumenti così precisi, a volte, possono permettere rilevamenti e interventi in grado di limitare le perdite umane rispetto agli attacchi tradizionali.

Quello che interessa a noi, in questa sede, è il fatto che, in ambito molto meno drammatici, ora è possibile, anche per noi “civili”, provare esperienze simili, grazie a servizi come Flythere.

 

 

Se tra chi mi legge c’è qualche astrofilo, probabilmente avrà già provato da tempo servizi analoghi, dato che, presso alcuni osservatori astronomici, è possibile “affittare” strumenti di livello anche molto alto, per condurre le proprie osservazioni da casa, tramite il proprio computer.

Con Flythere, e con servizi simili, è possibile, invece, affittare a tempo un drone e pilotarlo da casa, tramite computer o app, con, ovviamente, l’opzione di scattare foto.

Qui il video che spiega come funziona il servizio.

 

“Fighissimo!”, direte voi, ma io ho qualche riserva: vediamo di ragionarci insieme.

In primo luogo l’offerta di location è per ora limitata, per cui, alla fine, otterremo tutti più o meno immagini identiche, quindi assolutamente insignificanti e inutili.

Poi ci sono le questioni legali: si vola in paesi con normative completamente diverse, in condizioni che, non essendo in loco, non possiamo conoscere (ci saranno persone, quale è la forza del vento, …)?

Siamo affiancati, ovviamente da un pilota “reale”, pronto a intervenire, in stile “doppi comandi” delle automobili delle scuole guida, in caso di difficoltà.

 

Però se mentre sto pilotando io si presenta qualche problema e il drone crasha in testa a qualcuno, di chi è la responsabilità, e in che termini, visto che non ho la più pallida idea della normativa del paese nel quale sto operando?

Vi è un’ultima questione, che però è squisitamente caratteriale.

Io faccio molta fatica a fotografare qualcosa o qualcuno con il quale non instauro un qualche tipo di relazione, di dialogo.

Un’esperienza del genere, secondo me, è troppo “sterile” e non solo per mancanza di una relazione tangibile con ciò che sto fotografando.

Il bello del fotografare un luogo che non si conosce è, infatti, proprio il percorso di documentazione e di ricerca, che ci aiuta a rappresentarlo in modo significativo.

Vi è poi la questione “improvvisazione”: sappiamo bene come, a distanza, possiamo farci una certa idea di un luogo, che però può anche cambiare ci arriviamo, portandoci verso percorsi di rappresentazione e di interpretazione differenti da quelli che avevamo pianificato. Tutto ciò, ovviamente, è impossibile con Flythere, dato che il nostro “drone in affitto” sarà disponibile in un’ora precisa in un luogo altrettanto non modificabile.

L’esperienza “mordi e fuggi” del drone pilotato dall’altra parte del mondo è più simile a quella di un bel videogame: divertente, ma anche priva di emozione profonda e, quindi, in grado di permetterci solamente una rappresentazione del mondo fredda, non partecipata e superficiale.

 

 

 

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