Quello che sembra un gioco di parole è, in realtà, una sorta di “mantra” che chiunque sia coinvolto nella comunicazione dovrebbe imparare a ripetere per almeno dieci minuti al giorno.
Infatti, durante diversi anni di attività in vari settori della comunicazione, mi sono reso conto che siamo spesso inclini ad essere troppo conformi alle aspettative dei nostri clienti, che spesso derivano da preconcetti sulla loro attività e sui loro clienti.
Il nostro obiettivo più importante, tuttavia, non è quello di vendere il nostro lavoro al cliente, ma il lavoro dei nostri clienti verso i loro clienti.
Nel turismo, ad esempio, molti operatori amano vedere le loro attività e luoghi senza persone.
Questo tipo di immagine, tuttavia, tende a ignorare le aspettative dei propri clienti e alcuni importanti aspetti psicologici che possono essere utilizzati per aumentare il coinvolgimento degli utenti.
Una pista da sci popolata, così come una piazza o una spiaggia nello stesso stato, infatti, attivano, in positivo e in negativo, meccanismi come identificazione, credibilità e conformità (“se quel luogo è vuoto ci sarà un motivo, quindi perché dovrei andare lì? “), il senso di appartenenza a un gruppo e le attività umane, in generale, conferiscono un dinamismo altrimenti impossibile ai media statici, come la fotografia.
Anche nel linguaggio video questo concetto è importante, l’esperienza “vende” sempre di più e, quindi, è più efficace “mostrare luoghi in cui le persone svolgono attività interessanti” piuttosto che meramente “bei posti”.
Dobbiamo quindi avere il coraggio e la preparazione necessari per aiutare i nostri clienti a migliorare gli aspetti della loro attività che potrebbero essere più interessanti per i loro clienti.
Come fotografo, quindi, mi trovo spesso a svolgere un’azione che, oltre all’evidente pianificazione e realizzazione dei servizi fotografici, comprende anche una fase quasi “didattica”, parallela all’analisi che svolgo insieme ai miei clienti.
Lo strumento della narrazione per me è, in questo senso, molto prezioso, in quanto mi consente anche di creare una connessione efficace tra me, il mio cliente, la sua attività, i suoi reparti interni e, naturalmente, il pubblico di destinazione delle campagne.
A volte mi rendo conto che progettare e creare uno storytelling aziendale include aspetti della relazione tra me e il cliente che sono in qualche modo simili a quelli di coaching e counseling.
Un servizio fotografico è soprattutto un dialogo: questo è per me un concetto fondamentale.
Di seguito vi mostro alcune immagini selezionate da un lavoro nato dall’incontro con la Gioielleria Merzaghi, attività di una famiglia che dal 1870 porta avanti a Milano una tradizione di eccellenze artigiane.
Ho realizzato il servizio in forma di reportage/chiacchierata: i fratelli Merzaghi e loro padre mi raccontavano il loro lavoro, mentre io, in qualche modo, li intervistavo, stimolando delle risposte visive più che a voce.
Ho scattato tutte le immagini in luce naturale, usando praticamente solo un 50 mm su corpo macchina full frame e, infine, ho optato per una post-produzione “light”, con il solo intento di valorizzare gli aspetti materici delle immagini.
Quello che mi interessava era il racconto e, secondo me, il dialogo favorisce questo tipo di approccio, aiutandomi non poco nel cogliere gli elementi di interesse del pubblico nei confronti di un’attività.
Il variegato insieme di elementi visivi che abbiamo ottenuto ci fornisce del materiale eterogeneo, utilizzabile in diversi campi e su differenti media (cartelloni pubblicitari, brochure, siti web, social media, …), ma anche più di un “filone narrativo”, in grado di stimolare i desideri e la curiosità del pubblico più vasto possibile (la cura nel design, le persone e il loro lavoro, la storia dell’azienda attraverso quella degli attrezzi e delle postazioni di lavoro, le abilità artigiane, …).
Giorgio Sitta
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