Il bliss point, ossia “punto di beatitudine“, è molto conosciuto da chi opera nell’industria alimentare.
Si tratta, banalizzando, della ricerca del giusto equilibrio tra le quantità di grasso, dolce e salato nel cibo.
Tale equilibrio serve per stimolare il nostro gusto, al punto di creare una vera e propria dipendenza nei confronti di un certo alimento.
Il junk food (cibo spazzatura) basa molto del suo successo su questa ricerca.
Anche nelle immagini, ovviamente, possiamo sfruttare meccanismi consci e inconsci vecchi come la storia dell’uomo, per stimolare in un ceto modo lo spettatore.
Geometrie, composizione, luci e colori influenzano profondamente la nostra percezione dell’immagine e la nostra mente.
Ovviamente questo è un utilizzo “benefico” della psicologia applicata all’immagine, in ambiti più negativi possiamo assistere alla generazione di tonnellate di “junk photography”, pensata a tavolino per fini puramente commerciali e propagandistici.
Contrariamente al junk food, però, la junk photography genera più assuefazione che dipendenza.
Ci abituiamo con grande facilità al brutto, ce ne facciamo anche influenzare, però, per fortuna, la visione del bello, a mio avviso, risveglia nuovamente la nostra fantasia e il nostro desiderio di immagini stimolanti.
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