Qualunque soggetto può essere semplice o difficile da fotografare, ma con nessuno, almeno secondo me, si instaura una relazione così profonda come con le altre persone.
Alcuni, pomposamente, parlano di “svelare l’anima” o l'”essenza” di chi fotografiamo, io penso, invece, che si tratti di qualcosa di più reale e complesso, di un vero e proprio dialogo a due sensi tra noi e il nostro soggetto.
Per ricevere, quindi, dobbiamo cedere qualcosa di intimo, dobbiamo essere in grado di instaurare una “comunicazione/quasi innamoramento reciproco” con persone che vanno dall’estremo di “poser” professionisti, che tentano di dirigere il set e noi in base alla loro autoreferenziata percezione del sé, sino ai non professionisti, spesso impacciati e terrorizzati.
In più, almeno per me, c’è la ricerca della spontaneità, ben lontana dalla “Magnum” di Zoolander.
Come si fa? Non esiste una formula magica generalizzata, per me funziona il dialogo, che contemporaneamente mi aiuta a conoscere chi fotografo e a rendere più spontanea la situazione.
Ma sono favorito, sono un chiacchierone e, spesso, parlando scatto, foto quasi “rubate”, ma in realtà frutto di un momento di rilassato scambio reciproco.
Un altro trucco è nei tempi, a volte un soggetto rende meglio alla fine del servizio, non si tratta solo di una questione di reciproca conoscenza, spesso le persone stanche abbattono le barriere e diventano più spontanee e più “morbide” anche dal punto di vista visivo e fotografico.
Insomma, bisogna essere empatici, comprensivi, realmente interessati a chi fotografiamo e molto flessibili, però la soddisfazione è enorme: trasformare quel fessacchiotto di Zoolander, rivelando un essere umano, unico e meraviglioso.
Potete vedere qualche esempio del mio modo di concepire la fotografia di persone nelle quattro aree della sezione Works del mio sito.
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