Prima di saltarmi alla giugulare, leggete le mie motivazioni e, alla fine del post, qualche considerazione sulla “cura”.
- Le foto vengono “rubate”. Spesso l’interazione con il soggetto è nulla, o, almeno, ci si illude che sia così. La mia opinione è opposta: non provo emozione davanti a un’immagine che non sottintenda l’amoroso e sensuale triangolo soggetto-fotografo-spettatore.
- Può essere un esercizio un po’ ruffiano. Ammettiamolo, scattare belle foto di persone nella New York degli anni ’20 deve essere stato molto facile e gratificante, provate a fare lo stesso a Casalpusterlengo oggi! Dovrete andare a caccia di immagini e creare situazioni, non limitarvi a raccoglierle furbescamente.
- E’ autocelebrativa e autoreferenziata: molte immagini di street sono indubbiamente belle e colpiscono. E poi?
- Il suo valore si riduce all’attimo. Molte di queste immagini sono talmente “forti” nel congelare l’adesso, che non dicono nulla del prima e del dopo.
- Le foto sono un po’ tutte uguali. Ebbene sì, provate a farvi una scorpacciata di street e mi darete ragione…
Il rimedio?
Forse iniziare a praticare la street photography pensandola in termini di reportage, arricchendola di intenti, di valore sociale e di partecipazione.
E, ancora, se siete professionisti, provate a utilizzare ambientazioni e modi della street in ambiti commerciali.
Saremo lo stesso un po’ ruffiani, ma almeno a fin di bene, per pagarci spesa e bollette!
Giorgio Sitta
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