Il collezionista ha diritto di organizzare un’esposizione pubblica di fotografie?

Spesso ci si domanda se ed entro quali limiti il proprietario-collezionista di opere dell’ingegno protette da diritto d’autore (nel caso di specie: stampe fotografiche), sia legittimato a realizzare con le medesime un’esposizione pubblica.

La questione, che a molti potrebbe sembrare banale o di facile soluzione, nasconde in realtà alcuni nodi riguardanti la corretta applicazione della legge sul diritto d’autore.

 

 

Come è noto, l’autore ha i diritti esclusivi di utilizzare economicamente la propria opera, in tutte le forme ed i modi consentiti dalla legge (art. 12 l. aut.).

Tali diritti, di natura patrimoniale, possono essere ceduti a terzi con contratti di diversa natura e caratteristiche (vendita, licenza, noleggio, prestito ecc.), dall’autore stesso o dai di lui eredi (art. 107 l. aut.).

Deve essere ben chiaro, peraltro, che con la cessione di uno o più esemplari dell’opera nella sua materialità (il quadro, la scultura, la stampa fotografica, la stampa litografica ecc.), non comporta la trasmissione anche di tali diritti. A meno che ciò sia stato espressamente previsto (art. 109 l. aut.) e che risulti provato per iscritto (art. 110 l. aut.).

Oggetto del diritto d’autore, infatti, è il bene immateriale (il c.d. corpus mysticum), distinto dal possesso/proprietà del mero supporto sul quale l’opera è fruibile (il c.d. corpus mechanicum).

Con riferimento specifico alle fotografie, tali diritti sarebbero da presumersi trasferiti all’acquirente nel solo caso di cessione del negativo o di altro mezzo di riproduzione (art. 89 l. aut.). Salvo sempre il patto contrario.

Non ci soffermiamo qui sulla possibile assimilazione a detta cessione del file fotografico digitale.

 

 

Ciò premesso si pone questione se tra i diritti esclusivi spettanti all’autore (o ai suoi eredi) rientri anche il “diritto di esposizione” al pubblico. Se così fosse, occorrerebbe sempre ottenere apposita autorizzazione dall’avente diritto, mentre ciò non sarebbe necessario nel caso contrario.

Occorre dire anzitutto che la legge sul diritto d’autore non menziona espressamente il diritto di esposizione. Tale silenzio ha generato opinioni contrapposte in dottrina.

Per una parte, tale diritto rappresenta una forma di “comunicazione al pubblico”, e quindi sarebbe da considerarsi riservato all’autore ed ai suoi aventi causa. Per altra parte, all’opposto, esso rappresenta solo una facoltà inerente al diritto di proprietà, senza quindi necessità di autorizzazione da parte dell’artista.

In tale contesto, non definito dalla legge, si è peraltro espressa la giurisprudenza, secondo la quale il diritto di organizzare esposizioni al pubblico di un’opera spetti al proprietario, e non all’artista (Trib. Verona, 13.10.1989; App. Venezia, 25.03.1955; Trib. Roma, 16.05.1959; App. Roma, 13.05.1961; Cass. 01.03.1967).

In definitiva, secondo la prevalente giurisprudenza, al proprietario-collezionista è generalmente consentito realizzare esposizioni al pubblico con opere coperte da diritto d’autore.

Occorre tuttavia svolgere alcune precisazioni ulteriori.

Anzitutto, pur essendo il diritto di esposizione non espressamente previsto dalla legge, nulla esclude che esso possa essere convenzionalmente stabilito e regolato tra le parti, a livello privatistico, all’atto della cessione dell’opera. In altri termini, l’autore (e/o i suoi eredi) possono decidere espressamente di escluderlo, oppure di ammetterlo al ricorrere di determinate condizioni e/o comunque previa autorizzazione da parte del titolare. Così come può essere imposto all’acquirente di trasferire dette obbligazioni agli eventuali sub-acquirenti dell’opera.

In secondo luogo, al proprietario-collezionista che effettui una mostra è inibito realizzare un catalogo delle opere esposte.

Il diritto di riproduzione dell’opera costituisce infatti prerogativa esclusiva del titolare del diritto d’autore e la sua eventuale realizzazione, dando luogo ad una moltiplicazione dell’opera, ne costituirebbe una violazione, fonte di risarcimento del danno (art. 13 l. aut; sul punto v. Cass. 19.12.1996 n. 11343).

Né pare possibile che l’esposizione delle opere possa arrecare un lucro al proprietario-collezionista, poiché anche in tale caso si andrebbe a ledere il diritto allo sfruttamento economico dell’opera, riservata al titolare del diritto d’autore.

 

 

Infine, l’esposizione al pubblico potrebbe eventualmente concretare violazione dei diritti morali dell’autore (artt. 20-24 l.aut.).

Ciò potrebbe configurarsi qualora le modalità espositive siano ritenute lesive dell’onore o della reputazione dell’autore stesso. Si pensi, ad esempio, al caso in cui l’esposizione includa opere non rappresentative del lavoro dell’artista presentate invece come significative, o quando l’autore sia accostato ad altri artisti di diversa corrente o genere artistico. Oppure, più semplicemente, quando l’esposizione sia realizzata in un contesto inappropriato o con un allestimento scadente e/o di profilo inadeguato rispetto all’immagine dell’artista.

I diritti morali (tra questi si consideri la paternità dell’opera, l’opposizione a qualunque deformazione, modificazione, mutilazione che possa arrecare pregiudizio all’immagine dell’artista), sono considerati inalienabili, e, dopo la morte dell’autore possono essere fatti valere, senza limiti di tempo, dal coniuge e dai figli, dai fratelli e sorelle e dai loro discendenti.

 

Federico Montaldo

www.studiomontaldo.eu

 

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