Della fotografia di paesaggio, anzi di Paesaggio con la P maiuscola, si parla troppo poco. E mettiamoci anche la F di Fotografia, in grande, che su questa mia rubrica ci sta a pennello. Dicevo, ah già, il Paesaggio. Oggi viene trattato come un genere marginale. “Vuoi mettere il ritratto, vorrai mica paragonarlo al réportage o alla street photography- voi direte – lì si che si vede la grandezza di un autore”. Beh, io non sono così d’accordo. Questo genere fotografico ha un’importanza rilevante, proprio perché ha a che fare con la memoria e con il nostro riconoscerci in un determinato contesto. Sarà che di questi tempi basta mettere lo smartphone in orizzontale e la scena è lì, disponibile, che neanche bisogna preoccuparsi di esporre. Non pensate però a quelle belle inquadrature da rivista di turismo, quelle con le nuvole che si rincorrono, i corsi d’acqua a specchio, i colori brillanti e l’hdr sparato ovunque arrivi lo sguardo. In quel caso la valenza è quasi soltanto estetica (a volte manco quella, ahimè) e, se tornate dalle Maldive o dalla Monument Valley con un gruzzolo di immagini-cartolina, farete colpo su amici e parenti, raccoglierete sicuramente like e consensi sui social o sui forum da nerd, ma agli addetti ai lavori la vostra produzione risulterà ingenua, forse noiosa e, senza dubbio, già vista migliaia di volte. Vogliamo davvero lasciare soltanto questo, a futura memoria: centinaia di migliaia di tramonti e orizzonti in bolla e stradine di campagna e casette affacciate sulla baia, già prodotte da intere generazioni di appassionati prima di noi? La risposta, come spesso accade, sta nel pensiero e nell’originalità dello sguardo.

Vale sia che siate semplici appassionati o aspiranti autori. Il problema si pone quando alla fotografia si chiede quel qualcosa il più. Ricordate Luigi Ghirri? Il maestro emiliano questo genere lo assunse come mezzo per mettere in discussione la realtà stessa. Ci costrinse a pensare a quali fossero le differenze tra ciò che realmente esiste, ciò che noi stessi vediamo e il significato intrinseco delle cose. E’ così che l’attivazione dello sguardo passa attraverso un processo mentale e trasforma lo scatto in concetto. Una volta disse queste parole: “Credevo e credo ancora in una una differente intenzionalità. […] Consiste nel guardare alla fotografia come a un modo di relazionarsi col mondo, nel quale il segno di chi fa fotografia, quindi la sua storia personale, il suo rapporto con l’esistente, è sì molto forte, ma deve orientarsi, attraverso un lavoro sottile, quasi alchemico, all’individuazione di un punto di equilibrio tra la nostra interiorità – il mio interno di fotografo-persona – e ciò che sta all’esterno, che vive al di fuori di noi, che continua a esistere senza di noi e continuerà a esistere anche quando avremo finito di fare fotografia“.

Lui cercava sempre un punto di vista sul mondo esterno e un’altro su quello interiore, più intimo e complesso, spesso fatto di ricordi trascurati ed esperienze sedimentate. Siamo tutti ancora orfani suoi, e dipendenti dai grandi insegnamenti di Gabriele Basilico, Franco Fontana, Massimo Vitali, Mario Giacomelli, Guido Guidi, Massimo Siragusa… testimoni che il territorio lo hanno documentato e consegnato al pubblico ridigerito dalla loro indimenticabile interpretazione. Una visione personale del territorio che, proprio per la sua unicità, diventa universale. Nel 2000, la Convenzione Europea del Paesaggio ha dato la seguente definizione di paesaggio: “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Fa chiaramente riferimento all’antropizzazione umana sulla natura, e alla percezione che noi abbiamo della medesima.

A pensarci bene, proprio oggi che il cambiamento climatico e l’inquinamento stanno mettendo in periocolo la geografia, gli animali e i popoli, questo è diventato il tema dei temi. L’Amazzonia o le Dolomiti, la Pianura Padana o le isole greche, le cascate d’Islanda o la Maremma, siamo noi. Noi che viviamo qui e ora, noi che l’ambiente lo trasformiamo, noi che, con ogni nostra singola azione, possiamo peggiorare o salvaguardare il benessere della Terra che ci ospita. Un neonato festival, al quale ho partecipato lo scorso anno, ha dato secondo me il via a un processo di attenzione verso questo ramo della fotografia: si intitolava “We Land, il paesaggio siamo noi“. Ospitato a Specchia, Lecce, nello splendido Palazzo Risolo dal 3 al 10 novembre 2019, e guidato dalla direzione artistica di Adriano Nicoletti, già al suo esordio ha puntato su un tema importante e mai abbastanza indagato, e lo ha fatto con l’approccio giusto per cambiare. A conferma che qualcosa sia fertile in ambito artistico, gli farà da eco una prossima fiera, “Novegro Photo Days“, in programma dal 24 al 26 aprile e incentrata su questo stesso filo conduttore, piccoli segnali che confermano come la cultura della fotografia anche in Italia stia cercando di guardare avanti.

Ai giovani autori in cerca di nuove tematiche da affrontare, servono punti di riferimento che non siano solo quelli di National Geographic, con tutta la mia ammirazione per l’autorevolezza di quella testata. Prendiamo leggermente le distanze dalla spettacolarità di produzioni naturalistiche o escursionistiche, pensiamo anche a un approccio più autoriale sulla documentazione dei luoghi e smettiamo di considerare questo genere una sottocategoria. Ritrarre e indagare il territorio, sia che si tratti di natura o di città, può ad esempio servire a fissare le relazioni che noi abbiamo con esso e a condurre chi osserva verso una differente consapevolezza dei cambiamenti in atto. Fotografare un luogo è un modo per raccontare la storia della comunità che lo abita, che ne ha modificato la morfologia, costruito i palazzi, sfruttato le ricchezze, che ha scelto come coltivare un campo o cambiare una strada. Il paesaggio racconta chi siamo, dentro e fuori. Per elevarsi in questo genere serve profondità di pensiero e oggettività di interpretazione, serve – passatemi il termine – fare perfino filosofia.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Alert: Contenuto protetto!