“Tutta la mia ammirazione per i fotografi che dicono “no” a budget che ritengono offensivi e vergognosi”. Ho letto questa frase scritta tempo fa sulla bacheca Facebook di un’amica che di mestiere fa la photo editor e ho pensato: toh, qualcosa si dice, qualcuno si muove. E’ indubbio che sia stato già ampiamente superato il limite del disagio professionale di chi fornisce immagini soprattutto al settore editoriale. La crisi che ha travolto quotidiani, periodici, case editrici, ricade sui professionisti che ora sono senza referenti, dequalificati, costretti a lavorare sottocosto o, peggio, invitati a contribuire gratis. Questa professione ha ormai scarsa tutela e concreto è il bisogno di costituire forme di controllo che impongano la ricostruzione degli argini che negli anni sono tracimati.
Qualcuno sostiene che ci vorrebbe un sindacato internazionale che crei connessioni tra gli autori associati e renda pubbliche le offerte poco etiche che vengono loro fatte dai committenti. A me raramente quella parola piace. Soprattutto se per sindacato si intende il modello già noto che in questi anni ha fatto di tutto per non difendere i lavoratori. Mi piacerebbe invece un organo di tutela, un ordine di categoria come ne esistono per altre professioni, che si occupi e si preoccupi di fornire una vera assistenza a chi ne fa parte. E di dare delle direttive in un ambito dove ormai ognuno fa di testa sua. I professionisti sono quelli che più di tutti percepiscono la gravità della situazione attuale, un ente super partes potrebbe dare lo stimolo a creare solidarietà e aggregazione tra gli autori, controllare e imporre tariffari e rispetto degli accordi alle redazioni o ai clienti in genere. Una volta era facile. Da una parte c’era il professionista che offriva una competenza e dall’altro chi aveva il denaro per retribuire per la sua creatività. Oggi non vale più nessuna regola e, proprio come nel far west, vincono i più lesti.
Qualcuno si è accorto che in Italia ci sono agenzie che sistematicamente non pagano gli autori? Qualcuno si è accorto che le redazioni giornalistiche si servono sempre più di foto rubate dal web o di ragazzini inesperti che per due soldi vanno a coprire i servizi? Qualcuno si è accorto che ci sono perfetti sconosciuti improvvisati che propongono gratis ai giornali i loro scatti dei più disparati eventi, senza nemmeno pretendere un pagamento solo per mania di protagonismo?
C’è perfino chi è disposto a pagare pur di essere pubblicato, e chi si fa pagare per acconsentire, travalicando ogni confine etico. Per non parlare di chi si inventa di fare il critico o di essere un photo editor o un curatore senza averne le competenze, dequalificando anche altri ambiti fin qui considerati di grande valore nel settore. Nemmeno l’autorevolezza di un museo intimorisce più gli improvvisati alla ricerca del loro spazio in questo mondo.
Il valore del fare Fotografia risente ora più che mai della recessione economica, ma ha bisogno di una rinnovata professionalità per tornare a splendere, di un nuovo senso etico e di qualcuno che sappia indirizzarlo, anche attraverso limitazioni e incentivi. Al momento nessuno ha questo potere. Esistono associazioni di categoria e private aggregazioni, ma non basta. Solo una lobby forte (altra parola brutta, ma serve a descrivere il senso), autorevole a livello governativo e legale, che sappia imporre regole di accesso e (perché no?), anche esami di ammissione per poter esercitare, potrebbe avere sufficiente incisività per assicurare una buona condotta a tutti.
L’auspicio è che si trovi il coraggio di formarne una.
Da sempre fastidio quando aumenta la concorrenza. Credo comunque che tutti i fotografi abbiano iniziato improvvisando. Una volta la fotografia era più macchinosa e chimica, quindi ci volevano dei professionisti per ridurre i costi e per essere sicuri dei risultati. Inoltre una buona attrezzatura fotografica di base era un bell’investimento. Ma i tempi cambiano…
Non è questione di fastidio, non per me di certo. Tanto per cominciare per fregiarsi del titolo di “curatore” servirebbe una laurea, così come per chi scrive testi critici. La competenza passa attraverso studio ed esperienza, non dal parco giochi. Inoltre in molti Paesi esteri esiste un’università anche per chi decide di intraprendere la professione di fotografo, infatti la qualità fuori dai confini italiani è decisamente più alta che da noi anche per quello. Un conto è avvicinarsi alla fotografia da amatore, e allora ben venga l’improvvisazione e il divertimento, ma praticare seriamente un mestiere richiede ben altre competenze.
Negli altri paesi, la laurea non è come in Italia condizione necessaria ma non sufficiente per partecipare all’esame di stato. Dopo aver sostenuto con profitto l’esame di stato ci si iscrive agli albi. Una volta chi non era iscritto all’albo non poteva esercitare una professione. Ora basta una partita iva indipendentemente dalla laurea. Sinceramente, pur avendone tre, non sono tanto per seguire la corrente attuale che pretende lauree per ogni cosa. I più grandi fotografi del mondo non sono laureati per esempio, questo dovrebbe farci riflettere che il mondo non funziona come noi italiani pensiamo.
I grandi fotografi autodidatti sono l’eccezione, non possono essere la regola… La Fotografia richiede impegno e studio e cultura, per lo meno per chi vuole elevarsi e andare oltre il comune sentire, non è e non deve mai essere presa per il luogo dove tutti possono praticare a casaccio basandosi sul talento e su una partita IVA. Il talento non esiste, o è solo un seme che va innaffiato a dovere. E credo lei non abbia letto l’articolo fino in fondo se si incaponisce solo su questo esempio. Ho parlato di molte sfaccettature di questo mondo. Lo stato delle cose nel nostro Paese mi dà comunque più che ragione nel pensare che la qualità qui non sappiamo neanche dove sta di casa
Beh visto che mi da del Lei ricambio. Comunque, allo stato di fatto, ne abbiamo abbastanza di burocrazia, esami di ammissione e quant’altro. Deve essere il mercato a definire cosa è di qualità e cosa non lo è in base alla legge della domanda e dell’offerta. Prima ed ultima volta che commento in questo blog. Lasciate i commenti aperti e non siete in grado di rispettare le opinioni degli altri. Mi incaponisco… cose da pazzi…
Le davo del lei per due ragioni: per educazione e perché dal suo profilo qui non sapevo con chi stessi parlando, mi hanno insegnato a non prendermi certe libertà. Però se preferisce passiamo al tu, ne sarei felice. Non era neanche mia intenzione offendere, incaponirsi non è offensivo, era la constatazione che stessimo discutendo solo una piccola parte del problema, tutto qui. Ha ragione a dire che deve essere il mercato a definire chi ha un valore, in parte già accade. Ma quando chi di valore non ne ha si intrufola arrogandosi diritti e incarichi che non gli competono, questo finisce per dequalificare l’intero settore. Non sono a favore della burocrazia polverosa e inutile, non l’ho mai scritto, lo sostiene lei forse. Io auspico un organo di tutela che impedisca ai cialtroni di approfittarsene e che favorisca chi davvero merita.
Almeno su questo mi darà ragione…
Normalmente io uso il tu perchè è la prassi da quando è nato internet. Inoltre il Lei ed il Voi presuppone che la persona a cui ci si rivolge sia implicitamente più nobile, adesso questo significato si è un po perso ma diciamo che le radici sono queste. Comunque va bene qualsiasi forma alla fine è solo un esercizio di dialettica. Non è un esercizio di dialettica dire ad una persona che appunto non si conosce affatto, della quale non si conoscono le potenzialita, studi e vita che si incaponisce. Infatti incaponirsi significa ostinarsi in qualcosa di irragionevole quindi se io dico a qualcuno che si incaponisce gli sto dando dell’ariete che sbatte la testa contro il muro senza motivo, quindi uno stupido. Chiarita questa cosa diciamo che c’è poco da constatare se non che abbiamo opinioni differenti. Io rispetto la Sua e Lei è libera di rispettare o meno la mia ma visto che è così educata dovrebbe, se posso consigliare. I giornali non sono stupidi, mettono quello che gli sembra più opportuno al prezzo più conveniente. Nel corso della storia ci sono state migliaia di professioni che sono nate e morte. Chi si è saputo adattare è sopravvissuto, chi non lo ha saputo fare si è estinto professionalmente parlando. E’ una cosa naturale fra l’altro. Più che una critica a chi propone fotografie di scarsa qualità, bisognerebbe guardare tristemente a chi dovrebbe essere in grado di giudicare e premiare. Poi è chiaro che se parliamo di una fotografia, essendo un’espressione artistica, tutto può essere considerato lecito. Quello che voglio incaponirmi a dire è che la fotografia ha una parte corposa di tecnica come tutte le arti. Tuttavia, questo non vuol dire che tutte le statue debbano essere uguali o tutti le pennellate devono esprimere un viso di proporzioni perfette. Allo stesso modo, catturare un momento, potrebbe essere considerato più prezioso di una fotografia senza rumore, perfettamente a fuoco e ligia alla regola dei terzi. Io non sono per la nobilitazione dell’arte, perchè l’arte è di tutti. Se chi si intrufola riesce a guadagnarci sopra lecitamente non vedo perchè non debba farlo. Se abbassa troppo i prezzi, naturalmente farà del nero e qui dovrebbe essere denunciato/a. Ma se chi si intrufola nella legalità riesce ad avere risultati apprezzati e viene pagato, è normale che da fastidio a quelli che c’erano prima ed adesso hanno la metà dei clienti. Quando la concorrenza spiccola fa il suo ingresso c’è solo un modo per rimanere a galla. Aumentare i prezzi. Se quello che facciamo è così tremendamente di qualità, ci saranno sicuramente degli estimatori pronti a pagare per averlo. In questo modo non saremo più costretti a sfornare foto come se fossero panini e si guadagnerebbe ugualmente. Ma la verità è un’altra. Siamo davvero sicuri che la nostra qualità sia così sublime ed inequivocabile? Questo io non lo so, posso parlare solo del mio lavoro dando una risposta negativa. Per quanto riguarda il discorso burocratico, più titoli obbligatori si richiedono per l’esercizio di una professione e più aumenta la burocrazia a danno della produttività. Non c’è niente da sostenere o ipotizzare, è così e lo sanno tutti. Per quanto riguarda l’organo di tutela dai cialtroni. Chi sono i cialtroni? Se si parla di quelli che lavorano in nero gli organi esistono già. Se si parla di quelli che lavorano secondo i dettami della legge cosa c’è da tutelare? Il diritto all’oligarchia?
Mamma mia, prima ho parlato di incaponirsi, ora noto una sicumera aggressiva che davvero mi piace poco. Dice di rispettare la mia opinione, ma non fa altro che attaccarmi con atteggiamenti saccenti. Mi ero posta in termini gentili e pronta al dialogo, difficile farlo con una persona tanto presuntuosa da aggredire il suo interlocutore senza voler progredire. Le faccio notare un po’ di cose: po’ si scrive con l’apostrofo, prima del ma ci vuole sempre la virgola, e la consonante dopo la congiunzione “e” oppure “a”, ci va solo se la parola che segue inizia con una vocale. Le sue tre lauree devono averle insegnato davvero poco di grammatica e sintassi. Ecco, vede, la Fotografia è un linguaggio, serve conoscere le regole anche lì, lo sapeva? Ma no, lei non lo sa, pensa che in quanto espressione artistica tutto è lecito, e questo dia il la ad autorizzare l’improvvisazione di chiunque. Molto facile, così, non crede? Facile pensare si tratti di oligarchia invece che di competenza, così farà la parte dell’emarginato incompreso invece che del superficiale che non sa e vuole pontificare. Certo che se lei, sul suo blog, pubblica il suo “gatto comodamente sdraiato sul letto”, nessuno le dirà nulla finché lei non si ergerà su un piedistallo da dove impartire disposizioni a chi ne sa più di lei o a chi potrebbe disgraziatamente imparare dalle cavolate che dice. Continui a fare il fotoamatore, ben venga tutta quella categoria di appassionati, ma non creda di essere titolare di una cattedra in materia e questo sarà un mondo un po’ più interessante. Si faccia un bagno di umiltà e ascolti il suo prossimo, invece di pontificare e cercare pretesti per fare polemica a ogni costo. La Fotografia non ha bisogno di insegnanti del suo calibro, le assicuro. Un amico prima, leggendo le sue risposte, mi ha detto: “Se fai il barista (o il professore) e come hobby fai il fotografo, scrivi e commenta di schiuma e gradazioni alcoliche, ma lascia stare la Fotografia”. Mi ha trovata terribilmente d’accordo…
Ero certo che mi avrebbe attaccato sulla lingua italiana. Mi sembra ovvio che scrivendo con lo smartphone non ho la stessa comodità sua a ricontrollare i testi. Comunque accetto tutti quanti i suoi punti di vista ma non li condivido. Sicuramente la fotografia non ha bisogno di insegnamenti del mio calibro, sono certo che non ne ha bisogno neppure Lei. Anzi, io posso imparare molto da tutti. Si ricordi però: “lei non è la fotografia”. Le auguro una buona serata.
Sa perché la attacco? Semplicemente per farle capire che non ha il diritto di stare sul piedistallo. E per rispondere ai suoi toni sgarbati. Certo che io non sono la Fotografia. Sono solo una che se ne occupa da 25 anni, con impegno, studio, dedizione, umiltà, amore, serietà. Una che di Fotografia ci vive e ci sogna e che vorrebbe vederla salire a livelli più altri di quelli nei quali si trova per colpa di tutta questa improvvisazione del cavolo nella quale annega. Io imparo, ogni giorno, sui libri e da quelli molto più bravi di me. E non mi permetto di criticare quello che non conosco. La saluto e la aspetto, alla prossima puntata
Non sono d’accordo “Nessuno”, dissocio completamente dal tuo punto di vista.
La concorrenza non è mai stato un problema per chi sa fare!, anzi, è uno sprono a fare di più e meglio.
Secondo punto, non conosco la tua storia professionale e neanche mi interessa, ma sostenere che tutti i fotografi: “abbiano iniziato improvvisando”, questa proprio non te le passo.
Improvvisa chi non sa, chi non ha la concezione di quello che sta facendo. Forse volevi dire che nella fotografia si fa “sperimentazione”, ma non improvvisazione… non credi?!
Caro “Nessuno”, lei scrive:
è una considerazione che non c’entra nulla con l’articolo, perché l’articolo non parla di concorrenza, ma di una corsa ad abbassare la qualità (che è l’effetto contrario a quello che produce la concorrenza).
Mi colpisce molto anche che lei scriva:
Ovvero, lei scrive coperto dal nomignolo “Nessuno”, per rivolgersi a una persona che invece non nasconde la propria identità, e pretende dall’interlocutrice un atteggiamento che faccia cadere i formalismi. E’ davvero bizzarro (in un mondo normale).
Infine, nel blog che si raggiunge cliccando sul suo nome, leggo un articolo che evidentemente si riferisce allo scambio di battute avuto qui nel colonnino dei commenti. Scrive tra l’altro:
Ma Barbara Silbe non è una perfetta sconosciuta: esibisce la sua identità, chiunque può conoscere le sue competenze e avere idea del suo lavoro.
Forse è qualcun altro il “perfetto sconosciuto”.
Buongiorno Andrea, grazie per il suo intervento, ma le consiglio di non dare così tanta (troppa) importanza a questo signor nessuno. Scrive cose talmente deliranti sia qui che sul suo blog, che rispondergli serve soltanto a sprecare energie a vuoto. Ha solo un bisogno disperato di protagonismo, e non si rende conto che per quello basterebbe un buon psicoterapeuta. Noi concentriamoci sul bello e sulla crescita della Fotografia che, mi sembra, sia argomento che interessa molto anche a lei.
Mi auguro di rileggerla presto, un saluto
Le tre citazioni di “Nessuno” saltate dal commento precedente sono:
1) “Dà sempre fastidio quando aumenta la concorrenza.”
2) “Beh visto che mi dà del Lei ricambio.”
3) “Mi fa piacere che una perfetta sconosciuta si prenda la briga di insegnarmi a vivere.”
Visto che la discussione è diventata tra il Sig. Nessuno e la sig.ra Barbara Silbe mi limito a schierarmi come del resto fanno un pò tutti in questa diatriba ; il sig. Nessuno a espresso un suo parere che non sposa assolutamente ( e neanche io) le idee della sig. Barbara , ma sopratutto non è stato certo offensivo come viene detto da la Barbara Silbe la quale a pare mio non si può permettere di aggredire e offendere le persone che non la pensano come lei.
E un altra cosa sig. Barbara, tutti i lavori incontrano la crisi io sinceramente mi sono rotto si sentir parlare di crisi , di difendere la professione..ecc ecc. oggi tutti ne parlano, forse difendendo diventano più professionali?….noo? o forse si?. Cari signori professioinisti non vi arrabbiate non è professionale, non perdete più il tempo a difendere qualcosa che se continuerete a pensarla cosi non avrete mai… gioite e ispiratevi a far meglio piuttosto che lamentarsi, non serve a niente , e se le persone oggi grazie alla tecnologia scattano di più benvenga…
Grazie
Scusatemi ancora volevo sottolineare il titolo del post, non a caso ….
COME TUTELARE LA FOTOGRAFIA IN UN MONDO DI IMPROVVISATI
Ma fa ridere solo me?
Ciao
Grazie ancora
Buonasera Marcello. Il suo dinniego al contenuto dell’articolo era già stato espresso nel suo commento precedente.
Questo suo ultimo invece (in cui inutilmente fa lo spiritoso il relazione al titolo dell’articolo) le fa fare solo una brutta figura, essendo del tutto gratutio e non necessario.
La ringraziamo ugualmente per il tempo che ci ha dedicato e per averci seguito.
Mi scusi ma non sono d’accordo con lei, e comunque era solo per sottolineare alla sig Barbara e a tutti quelli che sono in accordo con il suo pensiero che la brutta figura la fanno loro perchè…. il titolo parla da solo e rende proprio l’idea di quanto si parli da l’alto al basso.
Non me ne voglia ma credo che lo spirito di un fotografo professionista non debba essere questo, ma bensì un amore innato per l’arte indipendentemente da chi lo esprime e in che modo lo esprime.
Credo che questo stesso sito sia nato per questo , non certo solo per personaggi di (nicchia) ma bensì per promuovere la passione soprattutto a …come li chiama la sig. Barbara e compagni che accondiscendono (improvvisati)…. a mio avviso loro si che fanno la brutta figura …io mi limito al solo fatto di rappresentare un pensiero in qui credo.
Grazie a Lei
Caro Marcello, non parlo affatto dall’alto in basso, ma stando nel mezzo del problema, del cambiamento, delle difficoltà che si riscontrano oggi in questo mestiere. Io dico esattamente il contrario di quello che intende lei, parlo di alzare la qualità culturale e di limitare questo far west dove chiunque si alza al mattino e fa il fotografo. Cosa le dà fastidio, che io parli di fotografi improvvisati? Come mai?
Trovo francamente assurdo e incredibile che, ancora oggi nel 2019 e all’alba del 2020 non si affronti il discorso della professione del fotografo come professionista qualificato. Un professionista è un imprenditore. Tutti a riempirsi la bocca di belle parole sulla fotografia. La verità che questa non viene vista come tale, una professione, cosi come altri lavori creativi, viene lasciata al caso e agli sbandati o ai furbi di turno. Molto spesso.
È vero una laurea non è un obbligo in questo mestiere. Come fotografo, in generale. Però è fondamentale rimarcare la differenza tra un amatore e un professionista. Un professionista è uno che ha speso soldi e tempo per prepararsi, uno che investe su se stesso e il proprio lavoro e, tra le altre cose, nel momento stesso in cui apri partita IVA diventa imprenditore. Con tutti i pro e contro.
No signor Rocchi, il titolo non ma fa’ ridere solo lei. In verità’ non fa’ ridere nessuno, ma fa’ invece piangere per la visione becera che lo propone. Cominciamo con il capire di cosa vorrebbe parlarci l’articolo… del “disagio professionale” dei “professionisti’ della fotografia sottopagati, specialmente quelli che lavorano nel settore editoriale. Questo disagio esiste, e’ innegabile, ma non esiste nessuna soluzione al problema se non la macchina del tempo. Il settore editoriale cosi come lo si conosceva e’ morto e non risorgere’. Siamo onesti inoltre l’editoria come industria autonoma dal potere non e’ mai esistita, e francamente l’unica cosa che il settore dell’informazione ha sempre sopportato a malapena e mai supportato e’ il fotoreporter ed il suo approccio iconico con il reale. Tutto quello che sappiamo e’ fatto di immagini, singole potenti icone che hanno plasmato nei secoli qualsiasi idea di conoscenza, incarnato il concetto spesso di potere, reso viventi divinita’ e religioni… Per secoli abbiamo usato la cattedrali come icone, poi e’ stato il tempo dell’immagine stampata, oggi e’ il tempo dell’immagine stampata, ed il mondo dell’editoria si sta lentamente estinguendo, come gli scalpellini che hanno costruito l’incredibile arte che e’ ossatura delle nostre città’. Con l’immagine digitale anche la fotografia e’ morta. La fotografia cosi come e’ stata praticata ha una sola valenza residua rimasta, esistere come pratica artistica. Di quel mondo fatto di ricca sapienza artigiana non rimangono che spoglie vestigia. Quindi quale e’ l’oggetto di questo articolo, quale fotografia si vuole difendere…. Di certo non quella genia di fotografi di provincia, poco eruditi, a malapena qualificati ?!?, che si contendo il sempre più modesto mercato della fotografia per privati. Oh mio dio che schifo… quelli no…. sono brutti…. dira’ l’estensore dell’articolo in aria di malcelato snobismo da redazione…. non certamente l’artista che usa come medium la fotografia, che e’ nulla di più lontano da quanto potrebbe andare sotto il grande ombrello di una qualificazione professionale…. che dovrebbe coprire il lavoro dei coniugi Becher, i crocifissi all’urina di Serrano e le personale eiaculazioni nei bordelli d’un d’Agata… no quelli li lasciamo stare… chi rimane dunque… il professionista – questo finalmente si – che si occupa di immagine commerciale…. ed il fotoreporter. Come abbiamo già discusso per il fotoreporter, anche il fotografo commerciale e’ una specie in via d’estinzione. Per il consumo attuale di immagini fatto sui social media, chiunque con un buon telefono puo’ assolvere alla maggioranza delle richieste delle aziende…e’ svilente a scriversi, come a costatarlo ma questa e’ la realtà… Il consumo di immagini di qualità’ e’ calato in modo costante nell’ultimo decennio…. raggiungendo un minimo, quello attuale che e’ stabile e livellato solo sui bisogni di fascia media e alta. Bisogni voluttuari legati molto più’ al target del prodotto che ad una necessita intrinseca al mercato. Per parlar chiaro… e’ finita l’epoca della foto/rivista aziendale, della bella brochure, o del bel catalogo. Oggi quasi tutta comunicazione risiede su internet e per esser realizzata non richiede nessuna della competenze del ‘sistema di produzioni di immagini delle fotografia storica’, mentre i clienti attuali hanno tutta una nuova serie di aspettative. Tempo, le foto vanno fatte oggi consegnate ieri. Lo sviluppo, la selezione dai provini, la realizzazione delle stampa definitive… questo e’ un modo di lavorare morto e sepolto Il fotografo attuale se vuole mantenersi competitivo dei avere un workflow quasi istantaneo : scatto digitale, preset editing, ed pubblicazione online su di un sito web dedicato per il cliente sono il pacchetto base che sostituisce scatto, sviluppo e provinatura. Ma se le competenze linguistico estetiche per lo scatto rimangono le stesse, tutto il resto e’ andato a farsi benedire… la tecnica fotografica, con le sue difficolta’ ed il suo approccio artigiano non serve più’, sostituita da competenze sempre più di natura informatica, in verità’ facilissime da apprendere. E’ questa mancanza di vecchie competenze difficili da apprendere, a favore di competenze nuove di una facilita’ sorprendente che ha abbassato tutto il livello di preparazione del comparto… ma cosi e’ e nulla si può fare in merito. Se a questo aggiungiamo che il costo una volta assai elevato per svolgere l’attività’ fotografica di colpo si e’ azzerato grazie a l’irruzione dell’immagine digitale che ha cancellato tutta una serie di spese onerose in un singolo passaggio e’ evidente che siamo di fronte ad una trasformazione epocale. Immaginiamo un professionista tipo… la vecchia camera oscura generatrice di costi fatti di pellicola, chimica, carta, consumabili vari e soprattutto attrezzature, spazio adeguato mai troppo piccolo e soprattutto tempo e’ implosa in un buon computer, calibratore, tavoletta grafica, sistema di dischi raid, eccellente monitor e plotter A0. Questi apparecchi con un costo assai minore di una camera oscura tradizionale dalle capita molto più limitate ti consentono la produzione di immagini stampate fino alla grandezza di 100x150cm bn e colore… in un lasso di tempo assai ristretto rispetto al passato, ed in spazi che possono essere anche quelli del salotto di casa. Se poi eventualmente volessimo guardare allo studio di ripresa.. anche in questo settore poche novità’, semplicissime da usare e per nulla costose, hanno profondamente rivoluzionato il modo di produrre immagini. Nel moderno studio fotografico pochi corpi illuminanti molto performanti sostituiscono una pletora di strumenti riducendo i tempi di produzione, basti pensare alle soluzione flash/hmi integrate offerte da Briese o alle nuove soluzione Led come Skypanl ed Orbiter di Arti, queste non solo tagliano di. molto le necessita’ tecniche in termini di consumi e tempistiche di allestimento ma riducono in modo radicali i volumi e le quantità’ di materiale da possedere/trasportare. Se poi a questo affianchiamo che un workflow digitale permette la fruizione immediata delle immagini, con infiniti possibilità’d i feedback cliente forografo, tutte in tempo reale si capisce come la professione fotografica svolta in passato abbia veramente più poco a che vedere con il produrre immagini digitali. A tutto questo, nel momento di massimo mutamento, in cui tutte le dinamiche produttive e di consumo delle immagini stanno effettivamente cambiando… un qualcuno vorrebbe mettere un tappo ed arrestare il processo. Siamo onesti per pensare una caso del genere bisogna essere proprio degli sciocchi. Nel mio paese la Francia si e’ tentato più’ volte di regolare tutto questo… come forme surrettizie di tutela degli operatori del mercato… risultato il mercato e morto più’ che altrove. Un paese che invece ha consentito al mercato fotografico di sopravvive più’ facilmente e’stato il Regno Unito, che nel tentativo disperato e per nulla riuscito di salvare il piccolo artigianato tradizionale in crisi irreversibile, e oramai definitivamente scomparso, ha lasciato almeno qualche barlume di speranza per i nuovi mestieri dell’artigianato digitale… pero’ andando nella direzione esattamente opposta e creando un regime speciale per quelle piccole attività’,come quella del fotografo, che sono una azienda fatta da una singola persona, che può’ nel pieno rispetto della legge dotarsi di un aiuto occasionale o creare partnership temporanee o durature tese a massimizzare l’uso delle strutture e dei macchinari, ridurre i costi senza sviluppare rapporti di interdipendenza giuridica o fiscale vincolanti. Esattamente l’opposto di quanto si suggerisce sopra… Il fotografo professionale moderno, invece di cercare strumenti di tutela tipici del signoraggio, farebbe molto meglio a vedere si come un giocatore attivo su un mercato transnazionale, piuttosto che chiuso a difesa della sua rocca in cui dimorano i sui tre clienti. Alla Signora estensore dell’articolo vorrei ricordare che il tempo delle corporazioni e’ passato e da molti secoli oramai… cosi come la sua visione della fotografia professionale, e vorrei ricordarle che per parlare a nome di una categoria non basta scriverne, ma e’ necessario farne parte con successo. Concludo con una ultima ineluttabile verità’…. il mercato non ha bisogno di tutti questi fotografi…. non c’e’ giorno o quasi che qualche giovane non venga a bussare nel io studio di Parigi o in quello di Londra chiedendo consiglio. Io ho molto amore per le giovani leve, e da ragazzo mi ripromisi di contraccambiare l’aiuto che io ho ricevuto… ma siamo onesti… davvero onesti…. questi giovani non hanno alcuna speranza statistica. In primis perché’ non esiste un mercato che li accolga, neppure una modesta frazione di questi, secondo poi perché’ sono tutti “laureati”. Nel senso che vengono tutti da cosiddette università’ o ottime scuole di fotografia… Ora sappiamo tutti che questo blasonate scuole ed università…. cominciando da quelle nostrane per fine al quelle anglosassoni sono truffe belle e buone… Il tipico esempio e’ il giovane simpatico, fighetto, ben vestito, hipster il giusto – maschio, femmina o genderless – che tipicamente bussa alla mia porta… laureto di fresco, oppure in attesa ma quasi al termine di un bel diplomino Central St.martin che gli e’ di già’ costato 30k pound… il quale cucciolotto sognante mi mostra il suo Instagram e mi declina la lunghissima lista di collaborazioni non pagate e pseudo pubblicazione online, mettendo rigorosamente in testa il solito Vogue (omettendo le paroline magiche: online forum) che mi chiede consiglio. La mia risposta tipica e’ prendere un cavo 20mt 32Amp buttarlo in mezzo allo studio e chiederlo di rifarlo su da capo… Il giovane invariabilmente non riuscira, finira’ per sporcarsi mani e abiti con la gomma del cavo e un po’ schifatino mi guardera’ beceramente…
Cara signora articolista, di una cosa di sicuro nessuno ha bisogno, e quella e’ il fotografo laureato. Se il giovane fotografo vuole perseguire una sua istruzione accademica, per suo arricchimento personale, che studi storia dell’arte, o si rivolga ad un’altra facoltà umanistica, ma non fotografia…. la fotografia professionale si impara sul campo attraverso il praticantato artigiano anche se sempre più digitale.
Lei neanche mi conosce, neanche si è informato sul mio conto, neanche sa di cosa mi occupo, da quanto e come, e si permette questa saccenza? Le parole che fuoriescono dalla sua tastiera mi dicono un sacco di cose: leggo frustrazione, maleducazione, presunzione, visione parziale della contemporaneità, ignoranza di quanto accade oggi, e probabilmente anche di quanto accaduto negli ultimi vent’anni. Si documenti, ritorni nel mondo reale, e smetta di promulgare editti contro chi non conosce usando i toni che usa, ci fa una doppia brutta figura: quella del maleducato che insulta chi capita (rilegga quanti bellissimi aggettivi mi ha attribuito senza minimanente sapere chi io sia) e quella di chi è molto poco informato sul suo interlocutore e sugli argomenti che qui vengo a trattare. Dice che l’editoria come industria autonoma non è mai esistita? Ma lo sa quante riviste indipendenti sono state o sono ancora prodotte nel mondo? Quando poi dice che con l’immagine digitale la fotografia è morta, mi sono letteralmente sbellicata dalle risate. Lei parla come uno che è rimasto fermo a 50 anni fa, il mondo cambia, carissimo, e se non cambia con lui almeno taccia e se ne faccia una ragione. Il digitale ha diffuso più che mai la fotografia, l’ha cambiata, ha cambiato la professione. In meglio o in peggio non voglio dirlo, ma è cambiata, e chi non si adegua è destinato a soccombere. Quanto alle competenze di natura informatica, secondo lei facilissime da apprendere, dai, ci mostri le sue abilità di realizzazione, divulgazione e professione. Per quale motivo le denigra? Cosa la spinge a temere le cose nuove? Le rispondo io: denigriamo e temiamo ciò che non conosciamo, perché è più facile che adeguarsi al cambiamento. Se vuole le elenco un centinaio di autori giganteschi internazionali che lavorano con la fotografia digitale, e quando dico lavorano non intendo dire che producono per raccontarsela tra loro, parlo di artisti che stanno esposti nei musei e vendono a centinaia di migliaia di euro le loro opere fotografiche o professionisti che sono strapagati da committenti che credono nel loro risultato, e tra questi ci sono aziende e testate che ancora assegnano agli autori incarichi commissionati di altissimo valore.
Dice poi che il mercato non ha bisogno di tutti questi fotografi. E chi lo dice? lo dice lei? Ci sono giovani speranze della fotografia che stanno facendo grandi cose in Italia e all’estero, dice che dovrebbero smettere per la sua ineluttabile verità? Mi faccio un’altra sana risata, va, che è meglio.
Lei che si cela dietro un nome inventato, non sa un tubo né di me né di come gira oggi questo mondo, e temo che alla sua porta non bussi più molta gente se la sua frustrazione le fa partorire queste cavolate sulle corporazioni e sulle sue verità deliranti appena scritte: studi e torni a parlarmi con educazione, e forse le risponderò
Uauhhhh !!! Diro’ soltanto che lei dovrebbe rileggersi e cercare di abbassare i toni. Diciamo che i suoi toni urlati, quasi disperati, isterici in alcuni passaggi, oltre al suo bisogno di irridere il prossimo che si pone con lei in genuino contradditorio, danno di sicuro una scarsa immagine di Lei, spero nella vita reale sia una persona molto più giovale, perché’ di sicuro con questa risposta e’ lei a darci l’immagine di una persona molto frustrata. Le vorrei rispondere nei termini, ma mi sembra che lei non abbia nessun interesse ad ascoltare alcuno. Quando crescere come persona, si renderà’ conto che nessuna delle persone che le hanno risposto in contraddittorio le hanno rivolto attacchi personali, solo lei si e’ sbilanciata con offese dirette ed incursioni nella vita privata di persone che non conosce. L’ironia anche se amara, e’ ben lontana dal suo modo di esprimere giudizi offensivi verso chi dissente dalla sua vulgata… Lei dovrebbe imparare a rispondere con educazione, e non come una povera pazza isterica…. cito” “e forse le risponderò’…” mi chi si crede veramente di essere….? Veramente si contenga ed impari ad usare il contraddittorio in modo civile. Ometto i cordiali ai saluti per non peccare di ipocrisia.
Genuino contradditorio? Ha iniziato il primo intervento definendo la mia visione “becera”, prosegue sarcasticamente dicendomi “cara signora” come a voler offendere e come a volermi insegnare qualcosa (ma cosa poi, chi lo saprà mai) e asserisce che la mia visione della fotografia professionale è passata e che, sempre secondo lei, io non sono una persona che è degna di parlarne perché non avrei successo. Ma per caso ci conosciamo? Per caso conosce il mio percorso professionale, per attaccare in questo modo la persona con la quale si mette in relazione? Non ho mai avuto il piacere, per fortuna. Ora rincara la dose con “povera pazza isterica” e altre offese, e dovrei regolarmi io? Roba da matti. Dalle mie parti si dice: mavadaviaiciapp, va…
Veda di contenersi, mio caro, che alla sua età si rischia l’infarto e, soprattutto, la querela. Intanto mi salvo questi suoi gentili interventi, che non si sa mai.
Per fortuna che si e’ risposta da sola. Quindi abbiamo l’onore capitale di un “becero” e la coda di paglia di un “cara signora” che nella sua mente diventa una offesa… . Interessante. Per cortesia nel caso specifico e’ lei che rischia la querela… sicuramente una lettera all’editore di questo sito. Quello che si dice dalle sua parte, da l’idea di quanto lei sia dei due quella poco educata. Non conosco il suo percorso professionale, questo lo dice lei. Ho avuto il piacere di leggerla diverse volte e non ho mai trovato, in passato, la sua visione becera quanto in questo pezzo, che a mio avviso e’ piuttosto sconclusionato, di oggi. Di sicuro da una giornalista mi aspettavo almeno un minimo di rispetto verso il lettore. Se non fosse altro quel rispetto dettato dalla posizione di privilegio che il parlare apertis verbis e’ concesso al giornalista. Ahime si la avevo sopravvalutata. Differentemente da lei io non provo alcun piacere nel gridare, insultare, e tentare in modo, apparentemente, ossessivo di sminuire il prossimo, ne tantomeno nel turpiloquio in cui lei si crogiola. Se crede vada lei a fare quello che suggerisce a me ma si astenga, lo ripeto ancora una volta, da qualsivoglia riferimento al privato dei suoi lettori. Non c’e’ bisogno che le ricordi. come questo suo comportamento sia contro il codice deontologico dei giornalisti; e proprio al riguardo avrò il piacere di scrivere al suo direttore responsabile. Lascio la palla a questo signore, che sopra’ giudicarla nel merito. Concludo, mi permetta, facendole notare che dopo il dileggio, ed il turpiloquio.. il suo mal celato augurarmi un infarto ( qui faccio come fa Lei con il Cara signora, leggo dietro le righe, se e’ concesso a lei e’ concesso anche me) ai pone come degna conclusione del suo intervento. Credo che chiunque lo legga, e la legga in questo breve contraddittorio, potrà’ farsi una opinione di proprio conto. Sempre per evitare ogni ipocrisia saluti, non cordiali.
La pregherei di tornare a trovarmi, perché non mi sono mai divertita tanto
Il dato di fatto incontestabile è che il mondo della comunicazione, così come il mondo della fotografia professionale è cambiato fortemente. In tutti i suoi aspetti. Il solito clichè su cosa era la fotografia e cosa è ora, è buona solo per i romanzieri.
Il lavoro è certamente cambiato e, a mio modo di vedere, dovremmo tutti valutare bene come sfruttare le nuove potenzialità che abbiamo oggi. Come sempre ci sono aspetti tecnici da considerare, aspetti legati alla professione e tutte quelle cose che vi sono connesse, come il campo dell’editoria ecc. È mia opinione personale, rimanendo in casa nostra, che non abbiamo ancora capito, voluto imparare, sfruttare tutte le opportunità. Qua in Italia, siamo dei maestri nel tirarci la zappa sui piedi da soli.
Quanto a Barbara, la conosco personalmente e posso assicurare che in primis è una persona seria, di conseguenza una professionista con i contro cxxxi.
Lasssa perde, Paolo, che questi soggetti vogliono soltanto sentirsi dire che hanno ragione, possibilmente con un seguito di applausi. Io invece, sarò anche una persona seria e una professionista, ma di fronte ai presuntuosi divento una iena 🙂