L’occhio del fotografo

In collaborazione, redatto e pubblicato da Immagine Persistente

 

Se non posso entrare nella testa dei miei spettatori, per vederle con i loro occhi, posso almeno osservare come si sposta il loro sguardo lungo la superficie dell’immagine

 

Théodore Géricault, La zattera della medusa, 1819 – La divisione degli spazi, attraverso l’uso delle diagonali che compongono la vela e l’intreccio di corpi dà dinamismo all’immagine e spinge lo sguardo verso il centro d’interesse.

 

In genere mi piace soffermarmi ad osservare chi sta guardando le mie fotografie. Se non posso entrare nella testa dei miei spettatori, per vederle con i loro occhi, posso almeno osservare come si sposta il loro sguardo lungo la superficie dell’immagine, e tentare di immaginare cosa attiri la loro attenzione, cosa stiano vedendo. Vorrei chiederglielo, ma la risposta sarebbe filtrata dall’intelletto e finirebbe per spostare l’attenzione dal piano emotivo a quello critico.

Il centro d’interesse dell’immagine non cade al centro ma nei punti di intersezione fra le rette orizzontali e quelle verticali. Nei paesaggi la linea dell’orizzonte deve cadere in una delle due rette orizzontali che dividono il quadro in tre parti (PH: Sergio Marcelli © 1999).

 

Di certo le nozioni accademiche sulla suddivisone del quadro, sulle linee guida valgono solo all’interno delle accademie stesse. Basta vedere una foto di nudo per scoprire come il significato che se ne dà sia del tutto arbitrario e soggettivo. Almeno questa è la mia esperienza: avevo realizzato uno scatto che tirava in ballo la storia della fotografia, dedicando tempo all’illuminazione e alla stampa, e a smontare tutto il mio castello bastò l’idraulico venuto in studio a riparare un semplice guasto. Si mise ad osservare quell’immagine in modo totalmente diverso, tanto da catturarmi l’attenzione. D’altro canto anche io mentre osservo un impianto di riscaldamento, dietro i tubi, le valvole, i termostati, vedo una scultura, quella che potrebbe essere la mia prossima fotografia, al più un marchingegno magico ma non certo quello che ci vede il progettista che l’ha costruito o l’idraulico che lo ripara.

Robert Doisneau, Tableau de Wagner dans la vitrine del la galerie Romi, rue de Seine, Paris, 1948.

 

A smontare le regole accademiche non sono io però. Sono stati effettuati studi a riguardo, attraverso particolari strumenti capaci di registrare movimento oculare. Si è così scoperto come la vista vada rapidamente sul centro d’interesse di un’immagine e come questo sia del tutto personale.  Ciò non significa che il fotografo non debba conoscere le regole di composizione, credo però che un’immagine non potrà mai essere costruita a partire dai precetti e che fra tutti il più importante è paradossalmente anche il più banale: impara a guardare – è la sensibilità soggettiva dell’artefice la prima e unica legge a cui affidarsi. Tutto il resto viene a corollario, può dare un tocco di stile ma da sé non dice nulla.

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Sergio Marcelli

Sergio Marcelli nasce ad Ancona nel 1971. Amante delle arti visive, si avvicina alla fotografia sin da bambino per approfondirla – dopo la maturità – con corso di visual design. Predilige il ritratto in studio, sperimenta l’uso della luce artificiale, lavora in medio o grande formato. Contemporaneamente si accosta all’audiovisivo, scoprendo una passione per il formato super 8. Appena ventiseienne inizia la carriera da insegnante, prima per una scuola di cinema promossa dalla Mediateca delle Marche, poi come docente di fotografia dell’Accademia Poliarte, dove resta fino al 2017. Nel 2000 si trasferisce a Berlino; qui entra in contatto del mondo artistico e realizza il suo primo cortometraggio che presenterà, nel 2007, al Festival Miden, in Grecia. Tornato in Italia nel 2004, lavora come fotografo commerciale pur continuando l’attività artistica e di ricerca. L’esperienza maturata gli permette di pubblicare, nel 2016 per Hoepli Editore, il Trattato fondamentale di fotografia, un manuale accolto con entusiasmo dal pubblico e adottato da diverse scuole di fotografica. L’anno successivo inizia la realizzazione di un documentario biografico prodotto da LaDoc Film di Napoli e centrato sulla figura del musicista FM Einheit. Nello stesso periodo diventa coordinatore dei corsi video del Marche Music College di Senigallia. Il suo lavoro di ricerca è presentato alla IX Edizione di Fotografia – Festival internazionale di Roma (2010) ed in diverse città italiane ed europee attraverso esposizioni personali e collettive. Di lui hanno scritto: G. Bonomi, C. Canali, K. Hausel, G. Perretta, G. R. Manzoni, M. R. Montagnani, e G. Tinti.

NOC SENSEI è un modo nuovo di vedere, vivere e condividere la passione per la fotografia. Risveglia i sensi, allarga la mente e gli orizzonti. Non segue i numeri, ma ricerca sensazioni e colori. NOC SENSEI è un progetto di New Old Camera srl

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