Vita di una Musa. Intervista con Sylvia Gobbel

Di Marcello Grassi per 8×8

 

“La mia macchina fotografica,
la mia modella preferita,
Mia moglie June che guarda la modella,
lo studio di Vogue dove sono successi
molti fatti importanti per me…

Questa è una foto autobiografica”

Helmut Newton

 

© Gian Paolo Barbieri.

 

 

Parigi.
Rue de Faubourg Saint Honorè, 112.
Bar dell’Hotel Le Bristol.

Sprofondato in una poltrona rossa, attendo impaziente l’apparizione di Sylvia Gobbel.

Sono in anticipo.
Non ho saputo controllare l’ansia.

Di solito certi eventi non accadono, appartengono al mondo dei sogni.

Cresciuto nel mito della fotografia e dei suoi eroi, colloco Helmut Newton tra i miei preferiti.

Una sua fotografia mi piace particolarmente.
È l’immagine in cui Newton celebra la sua ‘famiglia’: se stesso allo specchio con la Rolleiflex, l’amata moglie June a destra. Di spalle e riflessa a figura intera c’è la sua modella preferita.
Sylvia Gobbel.

Sylvia arriva inevitabilmente in perfetto orario e io mi occupo, con imbarazzo, di nascondere la mia emozione. È bella, affascinante. Una magnetica presenza.

Per un attimo mi invidio.

 

© Gian Paolo Barbieri.

 

Sylvia poche settimane fa è stata inaugurata la retrospettiva di Helmut Newton al Grand Palais. Puoi raccontare le emozioni di quella giornata?
Effettivamente questo giorno mi ha colmato d’emozione. Ho rivisto tanti amici che avevo perso di vista e fra loro certamente June Newton, in gran forma, lo sguardo frizzante e cordiale come all’epoca in cui ho lavorato con Helmut.

Tu sei con molta evidenza in numerose delle fotografie esposte nella mostra. Ma, soprattutto tu sei nella storia della fotografia. Alla bella austriaca viene un poco di pelle d’oca?
È stato toccante vedere che ci sono molte mie fotografie nell’esposizione e sono fiera di avere l’onore di essere esposta, in vita, in un museo…
Le mie figlie adesso mi chiamano “pezzo da museo„ (scherzo).

I tuoi inizi. Da Vienna a Parigi all’età di 19 anni…
Ero studente a Vienna, quando un giorno un’ex modella, che era diventata proprietaria di un’agenzia, mi ha abbordata in un tram e mi ha proposto di lavorare per lei. L’estate seguente un’agenzia mi ha fatto venire a Parigi dove credevo di restare solo per la stagione…

L’immediato incontro con Newton. Conoscevi già visto il suo lavoro?
Ho incontrato Newton due settimane dopo il mio arrivo. Mi ha proposto all’istante di fare “l’alta moda„ per YSL destinata all’edizione francese di VOGUE. Poi mi ha chiesto se fossi interessata a fare nudi per la sua ricerca personale. Ho accettato subito, perché conoscevo già il suo lavoro, che ammiravo.

I giorni dei Big Nudes.
Newton ha cambiato la percezione dell’immagine della donna. Tu hai partecipato direttamente a questo processo. Con quanta consapevolezza?
Ero troppo giovane per comprendere a quale livello Newton stesse cambiando l’immagine della donna, ma sapevo che stava creando fotografie molto forti e rivoluzionarie, visto che i suoi erano nudi destinati all’edizione francese di VOGUE (una prima assoluta nella storia della moda poiché all’epoca le fotografie di nudo erano destinate esclusivamente alle riviste maschili).

Helmut e June Newton. Storia di una grande complicità. Si può affermare che la vera Musa di Newton era June?
Sicuramente è stata June la sua vera ed unica musa. Sua moglie, la sua maestra, la sua musa, la sua confidente, tutto; era una delle coppie più complici e più innamorate mai incontrate nella mia vita, una coppia da ammirare. E salda.

Hai lavorato anche con altri fotografi, per importanti riviste e campagne pubblicitarie.
Qualche ricordo particolare?
Ho avuto possibilità in seguito di lavorare con grandi fotografi. Gianpaolo Barbieri, Alberta Tiburzi, Oliviero Toscani. Adoro lavorare con gli italiani, sempre di buon umore, con una creatività traboccante in un ambiente allegro, un entusiasmo illimitato. Barbieri mi ha fatto posare per l’edizione italiana di VOGUE e per campagne pubblicitarie per aziende come LA PERLA. Conservo un eccezionale ricordo di questo fotografo, che purtroppo ho perso di vista …..
Nelle sue fotografie somigliavo a Rita Hayworth “in GILDA„…

Dopo dieci anni al top hai deciso di dedicarti alla famiglia. Una ponderata scelta di vita.
Sì, come molte donne vicine alla trentina ho avuto voglia di avere dei figli. Ho tagliato completamente i ponti con il mondo della moda e mi sono dedicata alla mia vita borghese di mamma, sposata ad un medico.

Oggi Sylvia Gobbel…
Al momento in cui le mie figlie sono diventate grandi a sufficienza, ho sentito il desiderio di tornare nel mondo della moda, lavorare e riprendere contatto con tutti i miei amici persi di vista…

L’incredibile progetto di Hadès di Franck Glenisson ti riporta in scena, insieme a François Sagat, nel filone della ricerca sull’erotismo. Che sensazioni hai provato nel posare nuovamente nuda e in maniera più matura in questo contesto?
Mi sono incontrata con Franck Glenisson due anni fa ed è stato “un colpo di fulmine” (di lavoro) immediato. Franck ha una forte sensibilità ed un occhio straordinario che si trova soltanto nei grandi fotografi. Quando mi ha proposto il progetto HADÈS ho accettato immediatamente. Mi offre molta fiducia. È un innovatore, fa scuotere le coscienze, e sprona lo spettatore, ci fa riflettere sui pregiudizi (sull’ omosessualità, sugli handicap, sulla differenza d’età in una coppia, ecc…).
Mi sono sentita bella e forte nelle immagini di nudo di Franck e penso che nessuna persona dovrebbe mai avere vergogna della sua nudità…
HADÈS parla della rinascita, e ciò corrisponde abbastanza bene all’attimo che sto vivendo…

 

© Helmut Newton

 

Gli occhi verdi di Sylvia guizzano all’improvviso sull’orologio del Le Bristol.
Credo sia scaduto il tempo a mia disposizione.

Dopo un breve scambio di cortesie e la scelta delle fotografie da mettere a corredo dell’articolo cade il momento dei saluti.

Infine.

Un taxi mi separa dalla Musa.

 

Link:

www.sylviagobbel.com
www.franckglenisson.com
www.rmn.fr/helmut-newton

leggi l’articolo in francese

 

Marcello Grassi

 

 

© Helmut Newton

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