Di Marcello Grassi per 8×8
The music is weaving
Haunting notes, pizzicato strings
The rhythm is calling
Alone in the night as the daylight brings
A cool empty silence
The warmth of your hand and a cold grey sky
It fades to the distanceda Vienna, Ultravox, 1980
Sabato mattina, ore 7.
Mi ritrovo a scrivere di Bob Rontani.
Facile.
Valeria Montanari qualche riga più avanti sarà decisamente più efficace, entrando nella materia e sollevandomi così dal compito del testo critico.
Non devo quindi fare il troppo intelligente e limitarmi alle frasi di circostanza.
Difficile.
In Suburbia il mio amico Bob colloca le sue raffinate e affascinanti opere stilizzate, assolutamente e indiscutibilmente contemporanee in un contenitore – nelle stanze – di un edificio.
Un luogo vissuto, antico, evocativo.
Con un suo deciso appeal.
Un duro confronto di stile, di visioni, di vuoti e di pieni.
Di bianchi e di colori.
Un’idea si fa strada.
Bob – che è pure un formidabile e meticoloso organizzatore – è un cultore della musica degli anni ’80.
Anzi, cultore è poco.
Lui l’ha vissuta sulla pelle.
È un saggio.
Un’enciclopedia di aneddoti, nomi, gruppi, date, luoghi, di modi e stile, in presa diretta.
Da ascoltare per ore.
Con molta attenzione, poiché Bob non ha vie di mezzo, cedimenti o accomodamenti.
L’idea avanza e nel momento in cui associo le opere e la musica, mentre scrivo mi entra improvvisamente un ritmo musicale ossessivo: è un pezzo di pop sinfonico, magnifico, orchestrato da Bill Currie, sostenuto dalla voce di Midge Ure drammatica, sospesa nel tempo, accompagnata da virtuosismi di violino e tesi assoli di chitarra.
Il suo urlo “This means nothing to me” non si riferisce ad uno stato di indifferenza, ma lamenta per un passato perduto.
This means nothing to me
Oh, Vienna
Il cerchio si chiude.
Credo che la musica abbia un ruolo importante nella vita di Bob Rontani.
Importante come la materia a cui rende forma plastica di periferie immaginarie.
Genio di un Bob!
Ci sarà da divertirsi e nella mia visione dei nostri tempi – sempre più menicheo – in attesa di quel viaggio nelle terre della perfida Albione che prima o poi insieme affronteremo alla ricerca del nostro passato non perduto, tutto ciò si colloca certamente nel light side, in quelle cose belle da non perdere assolutamente.
This means nothing to me
Oh, Vienna
Suburbia, geometrie urbane contemporanee.
L’evoluzione artistica si intravede già dai primi sguardi: lasciato il senso di infuocata solitudine nel ritmo dei primi quadri, l’artista si cimenta in una sorta di speranza ritrovata, che fa capolino in architetture ordinate, precise, dalle cromie piene di sgargiante serenità.
Protagonista è la città, delineata in un nuovo stile, capace di dar vita a molteplici visioni, costruite su colori e geometrie parallele. Anche dalla contemporaneità che emerge tratteggiata nelle textures utilizzate, prende forma un’immagine onirica e desiderata di realtà suburbana, nelle sue molteplici sfaccettature industriali e civili, che nel ritmo delle opere trovano espressione nelle alte ciminiere, nelle finestre illuminate ridotte a volte in sottili pertugi, nei colorati sostegni murari e architettonici.
Le tele di Rontani abbandonano il polyplat per il legno, scelta che si fonde con i colori, in una risultante calda e armoniosa capace di conferire tratti di pura gioia alle figure dei conglomerati urbani, quasi a richiamare angoli di un luogo ideale.
Nel complesso, l’artista affianca al suburbano uniforme positività: abbandona scientemente le lacerazioni pittoriche del passato, le improvvise macchie di colore, per uno stile più ordinato, geometrico, essenziale, quasi ad evocare un desiderio di perfezione, in dialogo con un ordine architettonico che non ha pretese auliche, ma si fa richiesta di tranquilla quotidianità, nei ritmi cromatici, nelle linee che creano contorni precisi e contengono una colorata armonia.
Sul piano cromatico, tornano pantoni pieni, fanno capolino textures appena abbozzate a fianco di qualche pennellata diluita che accenna accostamenti armoniosi tra cromie calde e fredde. C’è una richiesta di civiltà in luoghi del vivere che ancora dimenticano dietro alle proprie mura la presenza dell’uomo, ma sanno farsi accoglienti, nella loro serena e colorata linearità. Il risultato è una città che dà lustro amorevole alle proprie fabbriche, armonicamente innervate nel tessuto urbano, e non prova alcuno imbarazzo a inglobarle come monumenti alla storia, al lavoro, come componente essenziale del capitale antropologico e sociale: è la bellezza di questi contenitori inusuali che sa riappropriarsi dell’ideale di città.
Dentro questi molteplici approcci suburbani, emerge una complessiva visione di città, legata al desiderio dell’artista di poter scegliere un luogo che è la risultante di tante visioni, un progetto di città ideale che si fa forte di una dimensione evocativa policentrica, ma tesa a costruire un sogno nitido, chiaro, unico, visibile.
Valeria Montanari


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