To be or not to be? Essere o fare il Fotografo, questo è il problema.

Mi chiedo se esista un ‘dress code’, un ‘outfit’ da seguire per essere fotografi. Forse sì, forse no, dipende dalle situazioni. Sui social è normale, anche se mi sembra attualmente un poco in declino, farsi un ritratto allo specchio per l’avatar, portando all’occhio il mirino della fotocamera. Ribaltare l’immagine per fare leggere al dritto il nome della fotocamera è una raffinatezza in più ma è optional.

 

Cecil Beaton

 

Su un social siamo esclusivamente per come appariamo, non c’è altro modo di essere,

il postare foto o intervenire esprimendoci a parole è l’unico nostro documento di esistenza in vita.

Capita ancora a volte, per fortuna, di spegnere lo smartphone o il pc ed immergerci nel reale. È allora che l’essere e l’apparire diventano due facce compresenti di una persona concreta. L’essere è l’identità della persona, l’apparire è il mettersi in vista, non semplicemente sembrare a qualcuno, ma anche, volutamente e consapevolmente, mostrarci, per come desideriamo venire percepiti. L’ apparenza è quello che sappiamo degli altri e ciò che gli altri sanno di noi. Una sorta di patologia della modernità.

La società contemporanea si basa su una cultura fatta di modelli che vengono dal mondo della pubblicità e dello spettacolo, in cui esistono format ben delineati. Le regole per adeguarsi non stanno scritte da nessuna parte, le dovete intuire. Anche i fotografi fanno parte di questa sorta di grande circo, ed è forse uno dei motivi per cui piace tanto la fotografia e sopratutto essere o fare i fotografi.

 

Settimio Benedusi

 

Nel mondo reale i fotografi, si sa, sono osservatori, anche cattivelli talvolta. Quando ci capita di incrociare un fotografo, per strada, ad un evento, ecc. facciamo finta di nulla ma in una manciata di secondi lo analizziamo dalla testa ai piedi, compreso attrezzatura, e ne traiamo considerazioni personali o, per essere sinceri, un vero e proprio giudizio.

Alzi la mano chi non l’ha mai fatto. In Italia facciamo finta di nulla, come se il problema non sussistesse o fosse assolutamente irrilevante. Nei più pragmatici Paesi anglosassoni si trovano non pochi siti interessanti con suggerimenti a proposito del vestire da fotografo. Quindi al di la del faceto e dello scherzo mi provo ad analizzare il problema. Credo che innanzi tutto vadano fatti dei distinguo, delle precisazioni: Che genere di fotografo? In quali situazioni concrete?   Ci sono molti fotoamatori, molti professionisti e molti fotoamatori che ‘fanno i fotografi’, si ‘atteggiano a professionisti’. Io sono molto snob, mi piace essere serenamente fotoamatore.

 

Cecil Beaton

 

Poi naturalmente ci sono situazioni diverse, un conto è essere o fare il fotografo ad un evento, dove si incontrano altri fotografi, altro conto è essere immerso in una situazione di lavoro. Provo ad analizzare un poco la situazione a partire da quando essere fotografo è diventata una professione. Sir Cecil Beaton (14 gennaio 1904 – 18 gennaio1980) fu tra altre varie occupazioni uno stimatissimo fotografo di fashion e ritratti. Le sue inquadrature sono sempre eleganti, lui spesso un poco sopra le righe, praticamente un dandy.

Anche senza arrivare a essere un dandy mantenendo un minimo di sobrietà, magari con un piccolo tocco personale può essere utile, almeno così pensano gli anglosassoni. In un interessante articolo si trovano suggerimenti riguardo l’outfit del fotografo di matrimoni.

 

Cecil Beaton

 

Ne traduco alcuni brani.

“Quando ti vesti come un professionista ti senti un professionista, questa fiducia in te stesso ti aiuta a mettere a proprio agio i tuoi clienti, cosa che porta a foto migliori.

Secondariamente il matrimonio che stai riprendendo per te, ci auguriamo , non sarà l’ultimo matrimonio che documenterai. Saranno presenti molte persone, che magari cercano un fotografo matrimonialista, e sarai giudicato anche dal tuo abbigliamento. Se sei vestito da professionista, ti cercheranno.

“Che cosa devo indossare per un servizio? c’è un dress code del fotografo?”, La risposta varia in modo assai ampio in funzione del genere di servizio che dovete fare, dello specifico cliente per il quale lavorate, del vostro stile personale, della cultura del Paese nel quale dovete effettuare il servizio.”

 

Jacques Henri Lartigue

 

In generale l’articolo consiglia il tutto nero, scarpe e calzoni comodi, no denim. Eppure considerando che può capitare di inginocchiarsi per terra, secondo me il denim è assai pratico per i calzoni, magari con giacca comoda, non quelle striminzite che se alzi un braccio si scuciono sotto l’ascella, camicia ampia e sopratutto lunga se non volete deliberatamente lasciarla fuori dai pantaloni.

 

Stefano Schirato

 

Penso che comunque l’abito in fotografia faccia in parte anche il monaco. Fare un servizio matrimoniale in calzoni corti e T-shirt con scritte vistose mi sembra irriguardoso nei confronti degli sposi, anche se indubbiamente fa notare che siete il fotografo ufficiale.

Personalmente non ho mai realizzato servizi matrimoniali, però mi è capitato di fare servizi per riviste in case di ricchi o arricchiti, e nobili. I secondi spesso sono più semplici e informali, tuttavia presentarmi in modo decente era per me un obbligo.

 

Stefano Schirato. Warszawa

 

Ok questo in campo lavorativo, Ci sono però spesso situazioni, eventi, ai quali partecipano simpaticamente insieme professionisti fotoamatori appassionati e puri, e “vorrei fare il fotografo”. Potete fingere di essere venuti quasi per caso, presi come siete sempre, sino al collo, da mille lavori. Potete arrivare trafelati col borsone pieno di fotocamere ed obiettivi, dall’8mm sino al 300mm,tutti i fissi, tutti gli zoom del vostro brand d’elezione. Probabilmente gli altri faranno finta di non farci caso, ma penseranno che state mentendo sapendo di mentolo. Calzoni multitasche, gilet da fotografo o da pescatore, sahariane, e poi se cercate l’accendino non vi ricordate in che tasca lo avete messo, alla fine lo date per disperso e, nel solito capannello che si forma tra viziosi fuori dall’evento, chiedete a qualcuno se ha da accendere.

 

Francesco Comello (sulla destra) al Semplicemente Fotografare live 2019

 

Mai fare i simpaticoni ed ostentare troppa familiarità con chi avete conosciuto a mala pena su un social, nel reale, piaccia o non piaccia ci sono delle gerarchie da rispettare, si basano su quello che si è fatto di concreto nel reale. Evitate accuratamente di chiedere: “tu con cosa lavori?” Vi risponderanno immancabilmente che è ininfluente, quello che conta è l’idea, anche se ovviamente come voi hanno speso l’ira di Dio per i loro attrezzi da lavoro. Se vogliono infierire vi contro-domanderanno: “e tu per chi lavori?”, spesso non avrete una risposta credibile alla domanda.

 

Mai chiamare ‘ferri’ e ‘vetri’ le fotocamere e gli obiettivi, c’è gente che lavora e studia non poco per produrli. Mai dire con un sorriso di sufficienza: “ho appena comperato il 35mm 1,2 domani esco e vedo come si comporta!”…. Come si comporta che??? Con due anni di fotografia dietro le spalle credete davvero di essere capaci di comprendere in una uscita come funziona un obiettivo?

Se vi va di scattare qualche foto ricordo all’evento fatelo con discrezione, non state facendo un reportage in zona di guerra, se cincischiate facendo i funamboli per cercare l’inquadratura rischiate fortemente di passare per ridicoli, comunque tranquilli, the show must go on!

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

 

Francesco Cito

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