“HO SEMPRE PENSATO CHE LA FOTOGRAFIA SIA COME UNA BARZELLETTA,
SE DEVI SPIEGARLA VUOL DIRE CHE NON È VENUTA BENE”
Immagino che molti di voi abbiano letto da una qualche parte questo celebre aforisma di A. Adams.
Eh quanti aforismi sono stati scritti sulla Fotografia. Sono come i proverbi , si dice che i proverbi sono la saggezza dei popoli. C’è un proverbio per ogni stagione, per ogni situazione. A volte un proverbio sembra contraddire quello che afferma un altro proverbio. “Chi non risica non rosica” ma ”Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”.
Tuttavia quello che dà un senso ad un proverbio è sempre il contesto. La contraddizione è solo apparente, per ogni situazione calza a pennello un proverbio ed è inadatto un altro proverbio.
Così è per gli aforismi, anche e forse soprattutto quelli riguardanti la fotografia.
Citazioni di pensieri sulla fotografia espressi da famosi fotografi sono ripetute ad libitum e soprattutto senza alcun riferimento al quando come e perché quei pensieri siano stati espressi.
Non è dato sapere in che occasione A. Adams si sia espresso in tal modo, però in dibattiti sulla Fotografia spesso il su citato aforisma viene ripetuto e proclamato come verità assoluta.
Considero sempre con molto scetticismo le verità assolute sulla fotografia, sono anni e anni che si cerca di definirne l’essenza e non si toglie un ragno dal buco, la Fotografia rimane lì come un’araba fenice, bella o buona, comunque è impossibile definirne l’essenza.
Fateci caso. Molto di quello che è stato scritto sulla Fotografia è stato scritto da chi scrive e non da chi la pratica. Il fotografo fotografa non scrive. Usa il medium che gli è affine per esprimere un qualcosa. Tuttavia ciò che magari un celebre fotografo ha detto viene assunto come prova, a testimonianza che quello che si sta affermando è la pura sacrosanta verità.
Ho un amico poeta, scrittore, filosofo e altro. Ma soprattutto è un amico, ci frequentiamo dai tempi del liceo, eh ne sono passati di anni.
Eppure quando Francesco Paolo Tanzj, per me semplicemente Checco, viene a trovarmi non finiamo mai di parlare. Ci ha sempre intrigato molto il rapporto tra Fotografia e Parola. Entrambe vengono scritte ma hanno valenze di “linguaggio” differenti.
Da uno di questi incontri è nata l’idea di un libro, di una esposizione: SCATTI DI-VERSI.
Una ventina di fotografi del gruppo “Semplicemente Fotografare”, al quale collaboro ormai da anni, hanno messo a disposizione i loro scatti.
Checco, ops Francesco Paolo Tanzj, ha chiamato a raccolta i suoi amici poeti soci dell’Iplac Hanno risposto all’appello e collaborato con entusiasmo. Poeti di rilevanza nazionale e non solo: Luigi Fontanella, Plinio Perilli, Luigi Manzi, Nina Maroccolo, Nazario Pardini, Antonio Spagnuolo, solo per citarne alcuni.
Francesco Paolo Tanzj e Maria Rizzi, Presidente Iplac
I fotografi con le loro immagini hanno lanciato un sassolino, i poeti lo hanno amabilmente raccolto, accarezzandolo affettuosamente con i loro pensieri, le loro parole, felici di lasciarsi suggestionare e a loro volta poter suggestionare. Perché la poesia, la fotografia alla fine sono questo: un modo unico e unificante di dare una suggestione, sperabilmente lasciare una piccola traccia in chi osserva in chi legge.
Fateci caso, spesso la Fotografia è ancella della parola scritta. Viene derubricata ad “illustrazione” di un testo, di un articolo, serve come testimonianza , come prova fotografica del fatto che quello che c’è scritto nell’articolo è verità. Altre volte, specie quando la fotografia desidera essere arte, è un critico a spiegarcela, a volte con concetti così complicati che lo stesso fotografo stenta a comprenderli.
Non di rado un fotografo per scegliere un titolo o commentare una sua fotografia cita un poeta o uno scrittore che lo hanno ispirato nella realizzazione dello scatto.
In “Scatti di-Versi è avvenuto esattamente il contrario, sono i poeti che hanno tratto ispirazione dalle fotografie. È una sorta di ribaltamento della consuetudine, per me concettualmente importante.
Altrettanto e forse ancora più importante è che Fotografia e Scrittura si siano incontrate e intrecciate.
Rodolfo Coccia legge i versi dedicati alla fotografia di Bruno Panieri.
Fateci caso, viviamo in un era specialistica nella quale tutto sembra diviso in settori, in comportamenti stagni, senza alcuna contaminazione, ognuno per sé . Ripenso agli albori della fotografia, quando Gaspard-Félix Tournachon, meglio conosciuto come Nadar, era grande amico di poeti e scrittori a lui contemporanei. Charles Baudelaire lanciò aspre invettive contro la nascente fotografia ma poi finì per farsi ritrarre più volte da Nadar. Victor Hugo in esilio mise su uno studio fotografico.
Nadar fu anche un appassionato amante dell’aerostatica. Solcò il cielo di Parigi con Le Géant (Il Gigante), un enorme pallone ad aria calda, ispirando così l’amico Jules Verne a scrivere il romanzo “Cinq semaines en ballon)”. Nadar non si limitò a essere amico di scrittori. La prima mostra collettiva di pittori impressionisti (organizzata il 15 aprile 1874) tra i quali Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir, venne ospitata nei locali dello studio di Boulevard des Capucines, che Nadar mise gratuitamente a disposizione del gruppo di giovani artisti. Insomma in quell’epoca d’oro tutte le arti procedevano a braccetto.
Fu spesso così nei secoli, prima di Nadar ed anche dopo. Per progredire è indispensabile che le arti si incontrino, si contaminino. Penso alla beat generation, e in seguito al movimento, al ‘68. Nulla sarebbe forse accaduto se le espressioni artistiche più diverse non si fossero incontrate.
Attualmente viviamo un periodo buio, ognuno per sé, egocentrismo diffuso. I fotografi si lamentano del fatto che chiunque abbia una fotocamera o uno smartphone può definirsi fotografo e aspirare al successo. Beh abbiamo poco da lamentarci, la situazione degli scrittori è assai peggiore!
Per essere fotografo è necessario un mezzo tecnico che registri un’immagine. È una soglia d’ingresso, a volte costosa da varcare. Senza un mezzo tecnico non si può produrre alcuna fotografia. L’accesso alla scrittura dovrebbe prevedere una qualche conoscenza di sintassi e grammatica, ma in nome della libera espressione artistica pare si possa agire in deroga. Però per scrivere serve una matita, una penna, un supporto sul quale scrivere o un PC. Non occorre altro.
Immaginatevi le conseguenze. Un fotografo può postare le sue immagini e farsi conoscere, diffondere il suo lavoro, su un social, un blog, sul suo sito personale. Può in ogni momento dimostrare di essere l’autore di un’immagine. Uno scrittore non può usare gli stessi mezzi di comunicazione, le parole si possono rubare con estrema facilità.
La mostra fotografica e presentazione del libro “Scatti di-Versi” (avvenuta ieri sera all’enoteca letteraria Hora Felix, a Roma,) è stata un abbraccio caloroso tra autori, fotografi e poeti, e anche un interessante momento di riflessione sulla attuale situazione culturale e sociale, nella quale viviamo e nella quale cerchiamo di diffondere le nostre opere. La serata è stata presentata da Maria Rizzi, presidente dell’Iplac e Francesco Paolo Tanzj.
A seguire ogni fotografo ha parlato delle motivazioni della sua fotografia e il poeta ha letto i versi scritti traendone ispirazione.
“I poeti Plinio Perilli e Luigi Fontanella”
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