Mario Ridolfi iniziò la sua attività progettuale nel 1932 in pieno Regime fascista, come del resto altri notissimi architetti quali Ludovico Quaroni e Adalberto Libera.
Sarebbe del tutto errato etichettarli some architetti del regime, espressero la visione italiana del Razionalismo che fu un movimento mondiale. I palazzi delle poste progettati a Roma sono esaltazione di forma e volumi e nel contempo estrema cura del dettaglio.
Una visione dell’architettura legata anche ai temi etici e sociali del luogo come le Torri INA in viale Etiopia a Roma (1951).
Una progettazione legata alla tradizione ma aperta al Movimento Moderno e in continua evoluzione sino ad arrivare al “ciclo delle Marmore” (vicino a Terni) che ha in “Casa Lina” (dedicata alla moglie) forse la massima espressione.
Era ormai quasi cieco, riusciva a disegnare solo col tavolo appoggiato alla finestra da dove entrava una luce crudele.
Fotografai Casa Lina per la rivista Quaderns, quando Ridolfi era morto da alcuni giorni quasi certamente suicida nel torrente.
Tutto era immobile nel tempo sul suo tavolo da lavoro, le squadre, la lente d’ingrandimento, le matite con le quali disegnava, come un artigiano dell’architettura.
Fotografando il razionalismo in Italia bisogna esprimersi in punta di piedi, senza “sgrandangolate” parossistiche.
Cogliere l’essenza voluta dall’architetto progettista.
Del resto è in ogni genere d’architettura un pericolo dietro l’angolo, ancora più grava con l’architettura medioevale o romana, si tende assai spesso a volere essere autoriali, si può esserlo anche senza esagerare, rispettando le architetture senza stravolgerle.
Buona cosa è sempre documentarsi prima di uscire con la fotocamera a scattare all’impazzata.
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