FOTOGRAFIA A CHILOMETRO ZERO (dall’articolo su Image in Progress, n°09, pagg. 20-33)
Non avverto il bisogno di uscire di casa armato di un pesante ambaradan fotografico. Mi guardo semplicemente intorno. Mi riallaccio, attraverso un salto temporale di oltre 30 anni, alle mie convinzioni iniziali, cerco nuove trame per un ordito che è rimasto quello di allora. Continuo a seguire le tracce. Osservo oggetti e penso che, colpiti dalla luce di una finestra, si sveglino ogni mattino, vadano a dormire la notte.
So che mi vivono accanto, hanno una loro voce, cerco di ascoltarla.
Per lo più l’ispirazione mi coglie al mattino, quando una luce sempre diversa entra dalla finestra della mia cucina o di quella di Lia, la mia compagna. Ripenso l’opera del Josef Sudek, “Le monde à ma fenêtre”
Cerco di ripercorre, trasponendoli nel mio ambiente, nella mia vita, i percorsi visivi del suo sguardo sensibile, del suo obiettivo puntato sul microcosmo del quotidiano.
L’a “Piccola Fotografia Domestica” è un frutto, forse bacato. Una ribellione al perdurante oggi nel quale siamo immersi, al non luogo e non tempo, a quanto ci scivola velocemente accanto, sfiorandoci appena. Senza un momento per fermarci, prestare attenzione. La “natura morta” puzza di cadavere, già di per sé la fotografia si occupa di immortalare…
Giungo forse vicino allo “still life”, ma il senso è diverso. Lontano dalla freddezza di una tecnica maniacale, da luci artificiali elaborate che illuminano uno stage altrettanto artificiale. Forse “silent life” potrebbe essere una definizione più adatta.
“L’Objet trouvé”, spesso c’è un riferimento al surrealismo, a certi strani incontri, cari a Man Ray, come l’incontro accidentale su un tavolo anatomico di una macchina da cucire e un ombrello. Ma sono incontri più dolci, l’oggetto vibra e respira se viene accarezzato, non dissacrato.
Un semplice gioco di luci, di ombre, di oggetti, con una forma, un peso specifico. Quanto pesa l’anima, dove risiede? Eppure sono convinto che esista.
Sfrutto per lo più la luce naturale attendendola pazientemente, sapendo che dura un attimo, poi e tutto diverso. Raramente uso la luce artificiale, quando la uso si tratta di una semplice abat-jour.
Lo “stage” è altrettanto semplice, il piano davanti al davanzale, il tavolo della cucina, i fornelli. Fotografo in B/N, il colore mi distrae, cerco un essenza nella forma, un’astrazione, un idea mentale che è altra rispetto all’uso normale degli oggetti.
Cerco un ponte tra la fotografia analogica e quella attuale, digitale. L’ottica è quasi sempre un obiettivo vintage. Uno Zuiko 50mm f.1,8. Usato in messa a fuoco manuale, ho sempre detestato l’autofocus. Voglio essere io, come allora, a scegliere il punto di fuoco e il diaframma senza dovere scendere nel menù della fotocamera.
Tra le fotocamere preferisco le Fuji, mi sembra che abbiano una sorta di “cuore analogico”, mi permettono di avere il controllo della situazione rapidamente. Mi piace cercare di estrarre dalle fotocamere digitali quello che non era concesso alle fotocamere analogiche.
La possibilità di lavorare a mano libera, senza cavalletto, con buoni risultati anche ad alti Iso, in situazione di scarsa luminosità. D’altronde la “Piccola Fotografia Domestica” nasce da un impulso, diventa istantaneamente idea definita, sento di doverla seguire. Insight.
È una fotografia emozionale, resa possibile solo dalle fotocamere digitali che annullano quasi la “latenza”, il tempo che intercorre dall’istante del click all’immagine. Tutto può tranquillamente fermarsi anche lì.
La fase di post-produzione è minima. Lo scatto, in jpeg, deve uscire il più possibilmente perfetto dalla fotocamera, deve corrispondere nell’inquadratura e nei toni, a quello che avevo in mente al momento del click.
A volte è proprio la latenza a fare perdere l’essenza dell’idea originaria, tra milioni di successive elaborazioni possibili. Il passo successivo, l’evoluzione da immagine a fotografia, tangibile, può avvenire o meno. Se avviene non si discosta dall’idea fissata nell’immagine.
Se le immagini devono essere esposte ricorro all’arte di Giulio Limongelli. Stampa i file digitali col digingranditore su carta ai sali d’argento, col tradizionale sviluppo di camera oscura. L’unico in grado di rendere i toni che desidero.
Grazie Giorgio 🙂