La Fotografia potrebbe anche essere arte, ma in fondo chissene! (con un ricordo di Efrem Raimondi)

Forse qualcuno si può stupire del fatto che io sia così attento a quello che trovo scritto nei social. Per me sono importanti, non è che condivida tutto né che mi beva qualsiasi cosa. Sono una sorta di cronaca del quotidiano,  destinata a scorrere senza diventare storia. La storia sta scritta in libri che non vengono letti. Nei social la massa del quotidiano viene accuratamente pesata con una bilancia a braccia uguali.

Esattamente come quella che sta dietro il giudice nell’aula di ogni tribunale. Siamo tutti giudici senza aver studiato diritto.

Come in ogni tribunale che si rispetti è altamente improbabile tuttavia che si arrivi a stabilire con certezza una verità assoluta, cosa sia giusto, cosa no. Importante è parlarne. Potrebbe anche essere che un chilo di piume pesi più di un chilo di piombo, vai a sapere. Basta un evento esterno, un quasi impercettibile soffio di vento, a determinare l’oscillazione dei bracci, dei piatti. Mi piace osservare tale oscillazione, trarne magari qualche spunto di riflessione personale.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

La materia che viene soppesata è per lo più irrilevante. Un pensiero, una situazione, fa infervorare gli animi, tra un commento e uno diametralmente opposto l’altezza dei piatti oscilla paurosamente, poi dopo due o tre giorni subentra la quiete, forse anche una saturazione, che produce noia. Quindi si passa a pesare altro. Ogni giorno la cronaca ci offre nuove masse da pesare, il farlo aiuta a distinguere gli amici dai nemici. Inferno o paradiso?

Ecco un ottimo tutorial. Sui social vi sono assai meno di 8 possibilità, anche se esistono millanta origami a tematiche diverse.

Chi è che un immobile empireo lancia giù materiali da pesare? Fossi complottista direi che si tratti di un qualcuno che per una sua ragione vuole indirizzare un interesse da una parte, distraendoci da ciò che magari di più importante sta succedendo altrove.

Senza un quotidiano incontro/scontro ogni social sparirebbe dopo tre giorni, Zukerberg e molti altri piangerebbero. La pubblicità scorre sul filo dei social, tra un dramma e un altro. C’è anche chi consapevolmente o meno passa il suo tempo a proporre masse da pesare. Chi è e perché lo fa?

In pratica è spesso un nessuno che cerca di diventare qualcuno proponendo una sua bilancia. La bilancia, non mettendo dei materiali interessanti su uno dei piatti. Non ponendo domande retoriche interessanti alle quali lui e solo lui detiene la risposta. Per lo più non ha alcuna risposta, getta un sasso su un piatto per vedere l’effetto che fa, nascondendo subito dopo la mano dietro la schiena.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

“COSA INSEGNA LA FOTOGRAFIA?”

È una domanda sbagliata come  logica interna che riscuote poco interesse. Solo qualche risposta autoreferenziale atta a dimostrare la propria esistenza in vita.

La fotografia non insegna assolutamente niente. E tuttavia è una domanda interessante, rivela lo stato delle cose. Penso che osservare  con il giusto distacco quello che avviene nei social serva a rendersi conto della situazione e di possibili evoluzioni sia negative che positive.

A ben vedere non c’è alcuna evoluzione, è solo cronaca del banale quotidiano. In fondo dalla notte dei tempi l’uomo si pone ciclicamente le stesse domande, senza trovare mai una risposta definitiva. Esiste Dio, e se esiste come se la passa? Qual’è il sesso degli angeli?

 

 

LA FOTOGRAFIA È ARTE?

Eh, è una domanda che che riappare ciclicamente sin dagli albori della fotografia.

Se vogliamo è un poco come l’alito di bagna cauda che risale, o come si dice a Roma, si “rinfaccia” il giorno dopo averla mangiata di sera a cena da amici piemontesi.

Un piatto povero ma gustosissimo. Bagna Cauda Day come se non ci fosse un domani!

“La prima necessità dell’uomo è il superfluo”, pare abbia detto A. Eistein.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

Tuttavia prima di domandarsi se la Fotografia sia o non sia Arte occorrerebbe mettersi d’accordo su cosa sia l’Arte, iniziando a concentrarci sul significato della parola.

La parola Arte deriva dal latino ars che ha come primo significato ogni attività mirata a progettare o a costruire in modo adatto e armonico qualcosa. La parola latina viene dalla radice sanscrita *arche.  Esprime l’“andare verso” ed in senso traslato, l’“adattare”, il “fare”, il “produrre”.

È solo alle soglie dell’età moderna che la parola arte inizia a perdere in parte il suo legame con la materia per venire a indicare ogni prodotto culturale riconosciuto come di valore, significato questo che si consolida con la nascita dell’estetica filosofica nel Settecento. Si aggiunge così al tecnico anche la valutazione positiva della fantasia… Inoltre, l’arte non è solo qualcosa che serve al sé, ma, come ci ricorda la sua radice sanscrita, è anche qualcosa che “si muove verso”, che dunque cerca un interlocutore – anche se non ha bisogno di esso per esistere. 

Dall’incontro tra l’opera d’arte con l’altro da sé (non, dunque, il suo autore) è possibile un dialogo; invece, possiamo considerare il processo di creazione artistica come un soliloquio, ossia un discorso fatto senza pubblico…”

Mi sembra una definizione sufficientemente inclusiva, dunque la Fotografia può entrare nel novero delle possibili arti che comprendo ovviamente anche un “Tonnarello Cacio e pepe” che trasmetta positive emozioni. Al prezzo di circa 10€ e può valerli tutti. D’altronde se non c’è un prezzo da pagare, allora non ha valore, non è Arte.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

Interessante per orientarsi è il considerare come i fotografi si siano relazionati rispetto alla Fotografia come Arte. Nadar fu uno dei primi ad avere consapevolezza che la fotografia poteva essere una professione. Una vita interessantissima.

Contornato da letterati, artisti, attori ed attrici, insomma  tutti i vip dell’epoca  non poteva pestare i calletti a Baudelaire che sbraitava: “La fotografia è la palestra dei pittori mancati, di chi non ha mai avuto talento e di chi non ha posseduto costanza negli studi.” Tanto più che erano amici, Nadar lo ritrasse in vari shootig nel suo studio. È anche forse possibile che fosse tra loro una sorta di gioco delle parti, una strategia di marketing per farsi pubblicità a vicenda.

Va detto che come strumentazione, tecnica, indagine sulle possibilità espressive, la fotografia  non era ancora matura per potere eventualmente essere accettata come arte.

Nadar mise gratuitamente a disposizione i locali del suo studio di Boulevard des Capucines per organizzare la prima mostra collettiva dei pittori impressionisti, il 15 aprile 1874. Tra gli artisti in esposizione alcuni erano destinati a diventare famosi: Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir.

Un suo celebre aforisma: “non esiste la fotografia artistica. Nella fotografia esistono, come in tutte le cose, delle persone che sanno vedere e altre che non sanno nemmeno guardare.”

 

 

Con la prima affermazione Nadar dichiarava di non volersi mettere in concorrenza. Con la seconda, più o meno implicitamente, si metteva un gradino al di sopra di altri possibili concorrenti. Insomma propendeva per il pane quotidiano più che a una fama d’artista, men che mai ad essere un’artista alla fame.

Ci vollero ancora anni perché la fotografia assumesse un ruolo assai diverso, diventando diciamo così più creativa e sopratutto  l’unico mezzo idoneo a interpretare visivamente fashion, moda, stili di vita. Grazie a Vogue, mensile fondato nel 1892 a New York da Arthur Baldwin Turnure. Ritenuta una delle più prestigiose e autorevoli riviste del mondo della moda. La storia delle riviste di moda è assai interessante.

Il 2 novembre 1867 Harper & Brothers, una casa editrice con sede a New York gestita dai fratelli James, John, Joseph Wesley e Fletcher Harper, lanciò il primo numero di Harper’s Bazaar. “Un ricettacolo di moda, piacere e istruzione” è così che Harper’s Bazaar si descriveva in copertina.

Si trasformò in un mensile nel 1901. Nel 1912 fu acquistata dall’editore statunitense William Randolph Hearst. Fu intitolata Harper’s Bazar fino al 1929, anno in cui fu aggiunta la seconda “a”.

Il 17 dicembre 1892, esce il primo numero di American Vogue.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

Le due pubblicazioni sono diventate le voci di spicco nel settore dei media della moda e rimangono ancora oggi attori forti”, contendendosi a suon di dollaroni fotografi come Herbert List, Helmut Newton, Diane Arbus, Richard Avedon, Patrick Demarchelier, Man Ray, Oliviero Toscani, Inez van Lamsweerde, Hendrik Kerstens, Herb Ritts.

Successivamente, in America, nel 1914 Condé Montrose Nast, creatore dell’omonima casa editrice, lanciò il magazine Vanity Fair, affidandolo alle sapienti mani di Frank Crowninshield, che lo dirigerà per 12 anni.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

Edward Steichen (1879-1973) una delle figure più influenti e controverse della storia della fotografia, lavorò tra il 1923 e il 1937 per “Vanity Fair” e “Vogue”.

Steichen ha aperto una strada, ha inventato la fotografia di moda”, sottolinea Tobia Bezzola. “Soprattutto se si pensa a tutta la serie di fotografi venuti dopo di lui, come Hoyningen-Huene, Cecil Beaton, Richard Avedon fino a Helmut Newton e Guy Bourdin.

Tutti quelli che sono venuti dopo hanno imparato da Steichen che una fotografia di moda non è solo una documentazione di un vestito, ma ha bisogno di una ‘mise en scene’ spettacolare. Tutto ciò che poi diventata la grande tradizione della moda del 20° secolo è stata iniziata da Steichen. Fino ai progetti curati per il Museum of Modern Art (MoMa) di New York dove Steichen fu direttore della fotografia dal 1946 fino al 1962, anno del suo pensionamento”.

Così la Fotografia fu sdoganata come Arte.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

Credo che tutti i fotografi famosi che lavorarono a quelle riviste  fossero assolutamente consapevoli che in fondo aiutavano a vendere dei prodotti ed una way of life. Uno sporco lavoro ma qualcuno doveva pur farlo, e lo fecero indubbiamente in modo eccellente. Pecunia non olet.

Guy Bourdin nel 1985, rifiutò il Grand Prix National de la Photographie, che gli era stato riconosciuto dal ministero della Cultura francese, evidentemente gliene importava assai poco di essere considerato artista.

Dunque che senso ha, oggi come oggi, accalorarsi per  cercare di stabilire se la Fotografia sia o non sia Arte? Potrebbe essere arte, ma in fondo chissene.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

Si potrebbe obiettare che ci sono moltissimi autori le cui fotografie, pur non ruotando intorno al mondo della moda, vengono per lo più considerate Arte.

Non pochi fotografi sono stati eletti ad artisti post mortem.

Verissimo ma quello che per me conta non è l’intenzione o la consapevolezza di essere artisti, quanto il modo di relazionarsi con la propria fotografia e con eventuali osservatori delle proprie opere.

 

 

Proprio a questo proposito recentemente ho trovato, magicamente riemerso da FB, un illuminante post del compianto Efrem Raimondi, lo trovo attinente:

L’ambizione di un fotografo è coincidere con la Fotografia che produce. E che ha davanti solo al momento della restituzione. Per me preferibilmente solida. Bella stampata. Altri facciano come gli pare. Ma godono meno. O godano come gli pare.

È un percorso composto di due momenti che riguardano la visione: quello negato alla vista, che riguarda te soltanto, e quello che restituisci, finalmente visibile a tutti.

Qualsiasi aggeggio ottico, qualsiasi strumento atto allo svolgimento del percorso, è neutrale. Non ha capacità cognitiva e si occupa solo di ciò che è oggettivamente visibile. Un traduttore insomma. Che inciampa e balbetta a seconda… più simile a Google Translate che a un professionista in carne e ossa.

La Fotografia no. La Fotografia si occupa dell’invisibile.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

Che solo l’autore è in grado di trasformare in linguaggio. Per nulla oggettivo. Per nulla vero. Ma finalmente TU sei visibile.

Questa è l’ambizione. Mica fotografare, alias armeggiare con strumenti fotografici in grado di produrre esclusivamente fotografie, cioè oggetti bidimensionali dal formato variabile ficcati in supporti che neanche loro sanno.

La Fotografia è altro… La visione che hai del mondo. Non si preleva, si fa. Nessuno strumento. Nessun giocattolo… Cazzo guardi?”

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

Edward Steichen (1879-1973)

Edward Steichen (1879-1973)

 

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