Qualche giorno fa l’amico Bruno Panieri scrisse nella pagina FB Semplicemente Fotografare dove posto i miei divertissements quotidiani: “ci stai conducendo in un sentiero intricato, in cui è necessario cogliere i nessi concettuali tra finzione, realtà e loro rappresentazione!”
Spero che il titolo vi abbia incuriositi o impressionati a tal punto da spingervi a proseguire nella lettura di questo mio odierno pensiero, come sempre un poco sbilenco. Vi tranquillizzo da subito, non voglio spacciarvi nulla in stile “ipse dixit”.
Se mai mi piace portarvi attraverso un bosco intricato a trovare il vostro viottolo per uscirne. Era un mio sfizio di bambinello attraversare da solo quella frazione del bosco di Sesera, attigua a Riofreddo, che si distacca a destra, usciti dal paese, da quello che resta dell’antichissima via Tiburtina Valeria. Vi entravo a monte, uscivo a valle.
Alcuni anni dopo, iniziando ad interessarmi alla fotografia, comperavo varie riviste avido di cercare di capire. Tra gli articoli più rimbalzati su gli strilli delle copertine c’era immancabilmente: “Vi sveliamo i segreti dei grandi fotografi”.
Poi, leggendo, scoprivo che per fare fotografie creative o per raccontare semplicemente la verità dovevo comprare una carissima macchina fotografica creativa o usare tutta la miriade di filtri Cokin, compreso i rainbow e i filtri a toppa della serratura.
Fortuna che come guida avevo il fido Feininger e che ancora non sapevo che proprio in quegli anni Roland Barthes aveva scritto “La camera chiara” altrimenti mi sarei fermato lì, senza scattare alcuna foto, e chissà magari sarebbe stato meglio (stavo studiando per diventare uno psico), oppure no, vai a sapere, magari non sarei qui a scrivere di fotografia.
In ogni caso sono passati circa 50 e trovo sul web un interessante articolo “6 fotografi famosi ci svelano i loro segreti” ecchelalà, penso: “oh mezzi secoli che passano indarno!”
Ne sintetizzo alcuni.
Ansel Adams
…Alla base del mio lavoro c’è sempre stata una cosa fondamentale: il concetto di visualizzazione.
Visualizzare vuol dire avere già immaginato come vorremmo venisse in stampa la scena che stiamo inquadrando. E non come fatto tecnico, badate bene : la tecnica viene dopo.
Visualizzare come fatto espressivo e gesto creativo…
Steve McCurry
…Prima di tutto, credo che solo attraverso il colore sia possibile restituire la verità, perché il mondo è a colori e non in bianco e nero.
E poiché io mi occupo di reportage, per me il livello di verità di una foto è molto importante…
Sebastiao Salgado
… Mi do il merito di essere stato in quei posti e di aver conosciuto quelle persone che sono diventate i soggetti delle mie fotografie. Ho dovuto vivere i luoghi visitati ed entrare in contatto con quelle persone Quello che è essenziale per me lo è anche per loro : l’amore, la gelosia, la solidarietà, l’idea comunitaria.
L’amore di una madre per i propri bambini è lo stesso che prova mia moglie per i nostri figli. Hanno lo stesso sistema logico di relazioni che ho io nella vita di Parigi. Tutto quello che abbiamo in comune è un qualcosa che appartiene all’umanità.
Ad esempio, ho notato che da loro non ci sono conflitti perché mancano le restrizioni…
Questo pensiero andrebbe assai approfondito. L’odierna linguistica approfondisce le radici comuni del linguaggio tra popolazioni assai diverse, lontane tra loro.
Come ha intuito Salgado il sistema logico è ovunque uguale, fa parte del nostro essere umani.
Luigi Ghirri
…Nei viaggi che ho fatto non sono mai andato troppo lontano. Durante questi viaggi mi capitava di fare due tipi di fotografie.
Le prime sono del tipo solito, quelle che fanno tutti e che ritraggono le cose appena scoperte e che non si erano mai viste prime. Del resto il senso del viaggio estivo o domenicale è proprio quello.
Il secondo tipo di fotografie è quello che definisco più mio, in cui mi concentro sui luoghi “soliti”, quelli che guardiamo passivamente tutti i giorni…
Henri Cartier-Bresson
…Vorrete mica che vi parli della regola dei terzi o della sezione aurea ?! …
Non perché non li ritenga importanti ma perché vengono dopo aver scattato, e possono servire solo come materia di riflessione.
Una riflessione che ci dimostrerà come istintivamente abbiamo applicato luoghi geometrici precisi, senza i quali, la nostro foto sarebbe amorfa e priva di vita….
Ferdinando Scianna
…C’è una frase di Oscar Wilde in cui ritrovo molto il senso del gesto del fotografare e che accomuna l’approccio di molti fotografi famosi : “Il mistero sta nel visibile, non nell’invisibile”. Ma se è nel visibile, dov’è il mistero?
Avvengono nella realtà dei misteriosi incontri, che quindi sono visibili: e la fotografia è lo strumento per indagare questi incontri. Sono occasioni visive in cui l’enigma, più che essere rivelato, viene proposto. E poi rimane lì, solo suggerito, sospeso.
..A un certo punto vedo questo cane che cerca di azzannarsi la coda per spulciarsi, chiudendosi in una forma circolare. Il cane traccia un vortice e richiama il motivo architettonico del pavimento di questa terrazza. Poi il fiume e il cielo tempestoso formano una curva che va a tagliare il tutto.
L’enigma è dato dal fatto che ho riconosciuto, inconsciamente (mica avevo avuto il tempo di pensare), tutta quella geometria.
Non solo i grandi fotografi, ogni fotografo ha le sue personali “verità”, non è che sia un cattivaccio che non vuole spiegarvi a fondo i suoi segreti. Ci prova ma non può riuscirci sino in fondo, e il bello della fotografia sta qui.
Penso che molto in fotografia inizi a livello preconscio, in quella terra fertile e imprecisata dove affluiscono quelle esperienze pregresse che chiamiamo cultura personale. Credo che sia difficile per tutti spiegare quali nessi si sono attivati nel nostro preconscio indirizzando una scelta ben prima che divenisse consapevole.
Poi ecco il click, come un fulmine che si scarica in un istante, attirato dal parafulmine. “L’insight” come lo chiamano gli strizzacervelli. “Eureka!”, ho trovato.
È una faccenda forse simile a quella tipica del blues, analoga a quella testuale di molte canzoni popolari. C’è un interrogativo che determina una tensione, nel blues viene ripetuto due volte, poi arriva la soluzione all’interrogativo che scarica la tensione… a volte ne anticipa un altra…
Good morning, blues, how do yo’ do?
good morning, blues, how do yo’ do?
Well, I’m doin’ alright, blues, how are yo?
Credo che una fotografia inizi sempre a livello preconscio. Diversamente iniziando uno scritto si opera a livello conscio, si sa o si dovrebbe sapere dove si vuol andare a parare.
Se ci fosse una ricetta precisa saremmo tutti grandi fotografi o grandi cuochi.
La fotografia, proprio come l’arte della buona cucina, posa le sue fondamenta sul Q.B. Il Quanto Basta, quel pizzico magico, imponderabile, che fa la differenza.
Se si scorrono a ritroso le pagine della storia della fotografia si può facilmente verificare che non sempre quello che è evidente in una fotografia corrisponde a un possibile reale, al quello che possiamo definire razionale.
I trucchi fotografici esistevano ben prima di Photoshop. Del resto gli illusionisti hanno sempre praticato la strada di fare apparire vero e frutto di magia quello che in realtà era un abile trucco. Credenze e pensiero magico sono tutt’ora assai vivi, a volte non possono facilmente venire spiegati dalla scienza. Il sangue di San Gennaro liquefa davvero? Possiamo crederci per fede, nulla da eccepire, però poi non ci dovremmo meravigliare davanti a certe guarigioni ottenute a suo tempo da Sathya Sai Baba.
Nel cinema il limite tra vero e falso è sempre incerto, lo sappiamo sin da quando ci mettiamo a sedere nella sala, aspettando che cali il buio e inizi la proiezione.
Nel 2001 chi non venne catturato dalla magia di Harry Potter e la pietra filosofale?
“Nel film sono presenti circa 600 riprese con effetti speciali on il coinvolgimento di numerose case di produzione. La Industrial Light & Magic ha creato il volto di Lord Voldemort sulla nuca di Raptor, Rhythm & Hues ha animato il drago Norberto.
I gufi nella scena di “C’è posta per te” erano veri gufi addestrati per l’occasione, le centinaia di lettere da recapitare furono realizzate una per una, più leggere quelle che dovevano essere recapitate dai gufi.
La scena del Quidditch fu realizzata dalla Sony Pictures Imageworks, tra green screen e CGI, computer-generated imagery.
Oggi ci stupiamo davanti alle immagini a volte molto realistiche create in AI, in fondo sono la logica conseguenza di antecedenti artifici. Se vogliamo ne sono anche una democratizzazione. Oggi in una immagine si possono avere quasi gratuitamente “effetti” che prima erano possibili solo in film con un budget quasi illimitato.
Sin dagli albori della fotografia molti effetti potevano essere creati, a volte con “trucchi” assai semplici.
Sta al “fotografo” scegliere che uso farne, possibilmente con un briciolo di etica, senza spacciare immagini per fotografie. Credo che nessuno le spacci come tali, chi utilizza la AI per produrre immagini assolutamente foto-realistiche si limita a un rigoroso silenzio. Che immagini di moda siano realizzate con modelle inesistenti o vere non cambia nulla a nessuno, non ruba lavoro a fotografi banali, non lo avrebbero comunque. Non ruba nulla a chi scatta fotografie per divertimento personale.
Se vi piace attraversare in auto un territorio, scoprire cosa si svela dietro una curva di una strada banca in collina, potete farlo. Che vi importa se a un altro piace superare i limiti di velocità in autostrada, guidando una Porsche? In molti casi da parte dell’osservatore può avere una certa rilevanza capire se una inquadratura è plausibile, se il testo che commenta una “foto” è credibile. Che le fake news esistano ne siamo credo consapevoli, forse non abbastanza.
Non è detto che un fotografo debba avere per forza un’etica, che la abbia un giornalista vai a sapere. Penso sempre al fotografo come a un burattinaio che, nascosto dietro la fotocamera, regge i fili della sua verità, desidera offrirvi delle “suggestioni”.
La suggestione è un fenomeno psicologico per cui un convincimento, un’idea, un’aspirazione si impongono alla coscienza per azione diretta o indiretta di un’altra personalità o comunque in virtù di una forza esterna cui non si riesce a opporre una resistenza valida.
A volte è giusto e anche piacevole farsi rapire da una suggestione, a volte una resistenza è meglio opporla, dipende dal tipo di suggestione, dipende comunque da noi. Trovare la nostra verità in una foto o una immagine. La verità non è mai assoluta, dipende dai differenti contesti.
Qualche esempio:
AAA vendesi occhio destro di fotografo
Reliquia perfettamente conservata in formaldeide, in teca d’argento sigillata, autenticità certificata da FIAP (Fédération Internationale de l’Art Photographique).
Testo inventato, fotografia senza alcun trucco. Basta avvicinare una piccola cornice per fotografie all’occhio, poi fare il selfie.
Neve nell’antica Roma.
Mi ricordo che l’1 maggio di qualche anno fa fotografai una nevicata tra le rovine di Roma antica, Bruno era con me, può confermare.
Fotografia vera, realizzata a Cinecittà, macchina sparaneve, testo vagamente ingannevole.
Roma, la nevicata del ‘85
Nel 1985 giusto per l’epifania a Roma nevicò non poco. A quei tempi non ero pigro come ora e me ne andai a zonzo con la mitica Pentax SPF, il 28mm. un rullino di FP4… mi gelavano le mani a scattare, a quei tempi le fotocamere erano tutte di metallo, anche se rivestite in verafintapelle nera.
Dalle parti di S.Pietro l’atmosfera era davvero magica!
Immagine prodotta con un breve rozzo prompt testuale in Stable Diffusion, AI. Testo menzognero. Basterebbe soffermarsi un attimo di più sul contenuto dell’immagine. Non c’è mai stato un viale alberato davanti a S. Pietro. Il colonnato del Bernini venne eretto intorno al 1655, via della Conciliazione fu creata a partire dal 1936 con la demolizione della cosiddetta “Spina di Borgo”.
Eppure l’immagine è piaciuta, ha colpito l’immaginazione romantica dell’osservatore, nessuno ha avanzato dubbi. Se fossero carri armati che invadono S.Pietro forse non sarebbero stati creduti… Forse…
Auto parcheggiata a Alpe di Siusi
Un evidente rozzo fotomontaggio (lo avevo proposto in un precedente articolo) tutti conosciamo la foto originale, però non conoscendola ci si potrebbe anche credere. In era analogica si affermava che qualsiasi fotomontaggio poteva essere smascherato.
Oggi con le varie tecnologie in computer grafica e AI può essere impossibile o quasi distinguere una immagine del tutto artificiale. Solo in contesto dell’inquadratura ed eventualmente una dida possono aiutarci a capire la verità.
Questo tipo di intervento è stato eseguito migliaia di volte, ne potrete trovare molteplici esempi che partono dalla famosa “Gioconda”. Possono essere semplici scherzi, possono essere dissacrante “arte concettuale”. Sono per lo più una reinterpretazione di un originale che tutti conoscono.
Il Ping-pong di Luigi Ghirri
“A Ghirri piaceva molto giocare a ping-pong con Arturo Quintavalle, anche se giocandoci in giornate nebbiose e ventose la pallina finiva spesso fuori dal tavolo.
Fu nel corso di una di queste partite che iniziarono a pensare a VIAGGIO IN ITALIA”
Immagine prodotta in AI, conserva abbastanza l’atmosfera delle foto di Ghirri, un testo opportuno può accreditarla per vera. Se si osserva con un poco di attenzione il tavolo da ping-pong si capisce che è poco credibile.
La Casa di Erika
sab 12 ott 2019 11:39:36, lockdown
Evidente fotomontaggio.
La Cosa
Vera fotografia, è stata necessaria una scala e un vento favorevole. Fa parte di una piccola serie, il testo racconta una storia fantastica.
Una fotografia (o una immagine), sta lì a disposizione, non dice nulla, né bugie né verità. È frutto dell’impegno, del divertimento, del lavoro, di un fotografo, di un grafico, di un artista. È la sua verità o il suo gioco in quel momento, è una trappola? Solo soffermandoci ad osservare possiamo capirlo. Spesso, se c’è un testo annesso, si può cercare di capire se è congruo con la foto o l’immagine che commenta. Poi ok, magari capiamo che è un inganno visivo, ma ci piace e quindi ci facciamo catturare.
Il problema è che la “foto-bulimia nervosa” è diventata un disturbo del comportamento visivo, una voracità patologica ed eccessiva nel consumare foto e immagini, senza fermarci a riflettere. Tutto ciò continua a creare una distanza sempre maggiore tra i cosi detti Maestri della fotografia e noi piccoli fotografi. Fiumi di parole sono stati spesi sull’omino che salta la pozzanghera in “dietro alla Gare St. Lazare”, scattata da Henry Cartier Bresson nel 1932. Effettivamente di questo capolavoro della fotografia sono state date interpretazioni davvero interessanti.
A volte ho in dubbio che a livello interpretativo si legga in questa fotografia più di quello che c’è scritto. Ovvio che a livello contenuto ci sono l’uomo lontano dall’altra parte della inferriata di sfondo, una torre con un orologio e un manifesto di un circo. Ma Henry Cartier Bresson ha visto tutto ciò, ne era consapevole al momento in cui ha scattato?
La foto come detto è stata scattata nel 1932 e come sappiamo HCB usava una Leica.
Nel 1932 appare il nuovo modello Leica II, dotato di telemetro incorporato ed accoppiato agli obiettivi: la produzione arriva sino al 1948 per complessivi 52.509 esemplari di cui 36.936 pezzi in finitura nera/nikel e verso la fine della produzione anche nera/cromo con 15.573 esemplari complessivi.
Osservando il retro della Leica II si nota che la finestrella di visione e quella per la messa a fuoco col telemetro, erano davvero minuscole. Che HCB inquadrando abbia visto il cartellone del circo e altri particolari mi risulta improbabile. Ok il preconscio, ok l’enorme sensibilità di HCB, ok che potrebbe avere osservato quei particolari senza portare la fotocamera all’occhio, ok che aveva la profondità di campo preimpostata sull’obiettivo grazie alla scelta di un diaframma opportuno, ma non credo fosse un mago. Credo che in parte l’inquadratura sia dovuta a un benevolo caso. Con tutta probabilità la sua attenzione si è soffermata sull’omino, ne ha seguito il percorso ed ha scattato al momento più opportuno. Anche se fosse solo questo il risultato è una fotografia davvero splendida. Mi piace, la trovo suggestiva e ok mi va bene così, transeat.
Tuttavia trovo importante soffermarci sul reale contenuto, su quello che tutti vediamo oggettivamente in una inquadratura a monitor o su una stampa. È importante dare ad ogni fotografo, anche non maestro della fotografia, la dovuta attenzione, senza troppi voli pindarici. È importante una propria interpretazione di quei contenuti, a prescindere da ogni testo annesso. A volte, come detto, un testo a corredo può essere più “suggestivo” di quanto sia il reale contenuto di una fotografia o di una immagine.
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