La Fotografia Italiana e Arles

Luglio 2017 uno stupendo viaggio, destinazione Arles “les rencontres” in compagnia di Lia Alessandrini, Roberta Priori, Luigi Conte. Sembriamo bambini felici nel Paese dei balocchi, ops della Fotografia. Ritrovo Arles più o meno come me la ricordavo molti anni prima in un viaggio in Provenza e Camargue. Vestita a festa per l’occasione, compresi i palazzi storici, un poco riattati e spolverati, una rinfrescatina con una mano di pittura bianca  che non vuole coprire quel che di “decay” perennemente in atto.

 

6 luglio 2017

 

Joel Meyerowitz esponeva in un anonimo negozio/locale  pittato color Lelly Kelly, senza nulla che facesse intravedere cosa si celasse all’interno. Lo incontriamo mentre spiega le sue foto a un piccolo gruppo. Si spende generosamente, nonostante l’età e la calura asfissiante nel negozio. Sfiora la veste di Roberta per segnalarci un certo tipo di verde, Luigi lo blocca per un autografo. Nella cattedrale in piedi all’entrata, tiene banco Michael Wolf.

Un sorriso ampio come la volta mentre spiega, guardando diritto in volto ora uno ora l’altro dei presenti vicini, seduti per terra perché sedie non ce ne sono. Parla a braccio, non ricordo se avesse un microfono e un piccolo ampli. Mica come da noi dove l’ultima nuova stella del firmamento fotografico italiano esige una sala attrezzata con tavolone da conferenza di politicante, possibilmente a teatro, che lo distanzi su in alto sul palco dalla plebe degli astanti, mentre scorrono slides sul videoproiettore e un tecnico audio fa del suo meglio.

 

 

È più o meno l’atmosfera che Lia Alessandrini ha da sempre cercato per la realizzazione e le installazioni per mettere in mostra i fotografi esposti al Live, dal 2014. Solo ovviamente tutto meglio, più in grande. Hanno una storia alle spalle loro Lia ha alle spalle una esperienza di assessore alla cultura, moltissima passione, grande intuito.

Sicuramente ad Arles non hanno le rogne che pianta a Lia l’ultimo dei piccoli grandi fotografi artisti, alla sua seconda esposizione dopo quella nel bar della cittadina dove abita. Così non può fare a meno di rilevare che la location che gli è stata destinata secondo lui non è all’altezza.

 

Arles. WC. Installazione di Giuseppe Tubi

 

Quello che ogni volta mi incanta è la semplicità e disponibilità di grandi fotografi che ho più o meno conosciuto…. forse deriva anche dal fatto che sono consapevoli che la sedia da sotto al chiulo non gliela può togliere nessuno, oppure serena consapevolezza di se stessi, del proprio valore che non ha bisogno di venir confermato da location altisonanti.

Al dunque iniziata il 3 luglio, sino al 24 settembre, ecco la 54esima edizione dei Rencontres de la Photographie d’Arles. Pubblicizzata anche su Elle, dato il tema conduttore di questa edizione.

“Femminismo e sorellanza guidano l’edizione “A states of consciousness” del festival più atteso dall’universo che orbita intorno alla fotografia, insieme agli obiettivi dei 100 artisti e delle 45 mostre che li ospitano per tutta l’estate, nei 27 spazi espositivi della città sulle sponde del Rodano, tra le più antiche di Provenza. A questo aggiungete le 11 mostre del Grand Arles Express (GAE), in 7 città della regione.”

Inoltre “la nuova edizione dei «Rencontres» rivolge l’obiettivo sul territorio di Arles e i suoi ecosistemi in una collaborazione con la piattaforma di attivismo climatico Cité Anthropocène

 

© Giorgio Rossi. Arles. Mostra

 

Fotografi italiani in esposizione? Ufficialmente, in pompa magna, a meno che io non abbia letto male  il programma, nessuno.

Qualcosa si trova nel circuito OFF.

Il Mostro (TAG) Capitolo #1 e #2, due esposizioni collettive, rispettivamente di 36 e 35 fotografi organizzate dalla Tevere Art Gallery di Roma, sotto la direzione di Luciano Corvaglia.

Del resto non sarebbe la prima volta che la fotografia italiana non trova spazio ad Arles, forse anche perché i nostri fotografi più conosciuti operano nel reportage, non nell’ampio interessante “settore” della fotografia d’arte o concettuale.

 

 

Un interessante articolo a proposito uscì per l’edizione dei Rencontres del 2014, circa 10 anni or sono. Leggiamolo attentamente per fare un confronto con la situazione attuale:

Il 7 luglio scorso è partita la 45° edizione dei Rencontres de la Photographie di Arles. Il festival fondato nel 1970 dal fotografo Lucien Clergue, dallo scrittore Michel Tournier e dallo storico Jean-Maurice Rouquette, contribuisce a diffondere il patrimonio fotografico mondiale.

Di solito presenta lavori inediti e molti autori sono stati scoperti durante i Rencontres. Arles è un trampolino di lancio anche perché numerosi professionisti stranieri intervengono durante la settimana di apertura. Un trampolino non per i fotografi italiani, a quanto pare.

In questa edizione, e non è la prima volta, non vi è presenza di italiani, come a decretare l’inesistenza della Fotografia Italiana.

Un fotografo italiano però ha circolato, tra il 10 e il 12 luglio, in lungo e in largo per Arles. Questo italiano, sdegnato dall’inerzia degli operatori istituzionali del Bel Paese, dall’alto del suo metro e ottanta, occhialini, capelli bianchi e pizzetto, ha indossato un poncho, La Photographie Italienne est vive. Vive la Photographie Italienne, in segno di protesta.

L’iniziativa di Beppe Bolchi, intrapresa per attirare l’attenzione sulla fotografia italiana e raccogliere l’adesione della base che opera nel mondo della fotografia italiana, ha avuto come intento sensibilizzare i livelli superiori affinché la Fotografia entri a pieno diritto nel tessuto culturale italiano.

 

Beppe Bolchi ad Arles. 2014

 

Beppe Bolchi intervistato da Artslife.

Perché la fotografia italiana non è rappresentata ad Arles?

Le ragioni sono diverse, principalmente perché chi dovrebbe promuovere la Fotografia Italiana non lo fa all’Estero. Quindi dall’Estero non c’è attenzione, né conoscenza del nostro mondo, tranne che dei singoli Fotografi che da soli hanno sfondato (prevalentemente nel Reportage, che non è proprio materia di Arles).

Cosa necessita l’Italia affinché una cultura dell’immagine sia diffusa?

Un radicale cambiamento di rotta. Programmi di educazione all’immagine fin dalle scuole primarie e secondarie. Attenzione da parte dei media verso la Fotografia, non già verso il Fotografo o le Fotografie.  Esempio: c’è mai stato un talk show in cui si sia parlato di Fotografia? Attenzione da parte degli operatori culturali verso la Fotografia. Proviamo a leggere la Legge approvata oggi sulla Cultura, scommettiamo che non c’è il minimo riferimento alla Fotografia? Eppure Fotografia è anche Business, e pure esportabile.

Sotto questo profilo qualche talk, qualche interessante video come quello su Ghirri, in Rai è passato, ma non fa la differenza.

Il ministro Franceschini ha addirittura lanciato “Gli stati generali della Fotografia”. Nel 2017.

Una Cabina di Regia per la fotografia per tutelare, valorizzare e diffondere la fotografia in Italia come patrimonio storico e linguaggio contemporaneo, strumento di memoria, di espressione e comprensione del reale, utile all’inclusione e all’accrescimento di una sensibilità critica autonoma da parte dei cittadini.” Qualcosina s’è vista, poi è calato il sipario sul ministro Franceschini.

Ora abbiamo un nuovo ministro delle Attività Culturali e del Turismo ( accorpare Attività Culturali e Turismo mi sembra un poco bizzarro, ma OK, non voglio essere ipercritico)

Il nuovo ministro è Gennaro Sangiuliano. Chi, quello che ha dichiarato di non avere letto i libri che ha votato al Premio Strega? Sì, esattissimamente quello.

Però pensa anche alla Fotografia, infatti ha inaugurato il 23 febbraio 2023 una piattaforma digitale “Al servizio del Paese. Frammenti di storia italiana attraverso le immagini della Polizia”, strutturata in sette sezioni da sfogliare con oltre 500 immagini.

Troppo tardi per essere esposta ai Rencontres di quest’anno, però, hai visto mai, il prossimo anno potrebbe essere una esposizione di ‘rottura’!

Non mi inoltro in disquisizioni su Turismo e ‘Open to Meraviglia’. Siamo ancora lontani dal concetto di Cultura come business esportabile, giustamente considerato da Bolchi 10 anni or sono.

 

© Giogio Rossi. Arles. Spettatore.

 

Quali sono i fattori che oscurano la fotografia nel nostro Paese?

Il fattore principale è legato alla assoluta mancanza della Cultura della Fotografia, sottolineata in ogni occasione proprio dal mondo della Cultura e delle Istituzioni. Basti pensare al fatto che non esiste, in ogni ordine di scuola, alcun programma di Educazione all’Immagine e quindi tanto meno sulla Fotografia.

Così era 10 anni or sono, così è.

La fotografia italiana: meriti e demeriti.

I meriti: Ottimi Autori, molta creatività e ricerca. Chi va all’Estero (da solo) ottiene successo. I demeriti: Guru e Istituzioni sono solo e sempre legati ai soliti nomi, selezionati 35 anni fa, osannati, mostrati fino alla noia, e gestiti nella classica modalità del proprio orticello, tipico della nostra Italietta.

Dunque se i primi punti toccati dall’intervista  a Bolchi  sono azioni ‘politiche’ fuori dalla nostra portata occorre meditare su meriti e demeriti della fotografia italiana, su quello che possiamo fare come fotografi/autori o come esperti del settore.

Certo esistono ottimi autori  che esplicano nelle loro opere fotografiche creatività e ricerca. Forse sono pochi ma è assolutamente normale siano pochi, valeva e vale  per tutte le arti, nel passato quanto nel presente. Non è che di Leonardo da Vinci, di Michelangelo, di Picasso, di Cartier Bresson, di  Avedon, di Ghirri ecc ce ne siano state  coltivazioni estensive. Rendiamoci conto che da un certo periodo in poi i fotografi sono stati promossi da importanti quanto influenti critici e galleristi.

Oggi non ne vedo in Italia che abbiano l’autorevolezza necessaria a promuovere un fotografo in campo internazionale e nemmeno nazionale.

Il discorso di Bolchi sui Guru è tremendamente attuale.

 

© Giorgio Rossi. Arles, rencontres fortuite.

 

È quasi inutile fare letture di portfolio, w-s di editing, consapevolezza, storytelling e quant’altro se poi non si è  minimamente in grado di promuovere un fotografo pur ritenendolo valido ed interessante.

Però c’è altro. Dal 2014 a oggi la penetrazione dei social, primo su tutti FB, è aumentata esponenzialmente. Ogni fotografo ha centinaia di amici, risulta anche essere amico di fotografi importanti, basta chiedere l’amicizia e si è amici, bellissimo!

In più, secondo me, dal covid in poi la situazione è addirittura peggiorata.

Siamo arrivati a 1=1, in tutti i campi, il parere di uno scienziato vale quello di una massaia. Scusate se non mi adeguo.

 

© Giorgio Rossi.

 

Capisco bene la soddisfazione personale, quando a un fotografo pubblicano una foto su Photovogue e tutti gli amici gli fanno i complimenti, capisco che faccia grande piacere una propria foto selezionata da Iperselected, però il catalogo non si compera in edicola, ognuno se lo può stampare a pagamento. Insomma è tutto virtuale, importante certo come gratificazione, non lo nego affatto, ma non ha nulla di concreto, nessuno comprerebbe la tua foto se non un amicissimo. OK uno ha ricevuto non poche gratificazioni, è stato pubblicato da Photovogue, ha vinto qualche contest, è persino riuscito a vendere qualche fotografia stampata, benissimo, felice per lui. È arrivato?

Quanto c’è di virtuale, quanto di reale e concreto in questo successo?

Se per caso faccio una blanda critica a un tuo progetto non è che mi arricchisco, non me ne viene nulla, mi può anche dispiacere criticarti, non è che voglia essere superiore e tirarmela. Puoi tenere conto o meno delle mia critica, è assolutamente personale, aleatoria come quasi tutto in fotografia, magari c’è dietro un poco di esperienza del mondo reale, magari il mio parere è condiviso da altri assai più esperti di me con i quali dialogo spesso di fotografia.

Per te valgono più gli elogi incensanti dei carissimi amici? Nessun problema. Continua pur così, se ti rende felice è una scelta giustissima. Insomma ci vorrebbe un poco di sana autocritica, ne vedo poca.

Non stupiamoci però se le nostre foto continueranno a non venire esposte ad Arles.

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

© Roberta Priori. Michael Wolf, Arles, cattedrale

 

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