La Fotografia, il Tempo, il Ricordo, la Memoria, la Storia (seconda parte)

Segue dalla prima parte

 

Nel precedente articolo scrivevo che essenzialmente la fotografia permette di trattenere e custodire la memoria di ciò che è passato o si è fermato almeno un istante di davanti all’occhio/obiettivo. La memoria in fotografia è come un diamante, ha innumerevoli sfaccettature. La memoria trattenuta da pellicole e sensori è completamente asettica, una registrazione di ‘dati’ neutrale ed assolutamente passiva, priva di intenzionalità. Tali dati per essere fruiti, diventare comunicazione e servire a un qualcosa devono essere elaborati, diventare segni. In tecnologia la memoria è l’insieme di dati in byte contenuti su un supporto di memoria fisica (hard disk o SSD) o volatile (memoria RAM). Al di la di ciò esiste la memoria personale, soggettiva e la memoria collettiva. Tutto avviene naturalmente nell’ambito del tempo che scorre. Ricordo, memoria e storia sono dei vasi comunicanti. In particolare ricordo e memoria sono termini che vengono spesso usati come sinonimi.

Il loro significato etimologico è interessante.

 

 

Con il termine “memoria”, dal greco ‘mimnésco”, si definisce un’attività collegata alla esigenza di mantenere in vita i contenuti del passato, Nella mitologia greca Mnemosyne, figlia di Urano (il cielo) e di Gea (la terra) era la titanide che personificava la memoria. Diodoro Siculo scrive che fu lei a dare i nomi a molti degli oggetti e dei concetti utilizzati per far sì che i mortali si comprendessero dialogando.

Dall’amore di Menmosyne con Zeus nacquero 9 figlie, le Muse. Il significato simbolico è evidente. La Memoria ha il compito di perpetuare nel tempo e tramandare ai posteri le espressioni delle Muse. Le Muse, cioè le arti (Calliope – poesia epica, Polimnia – pantomima, Euterpe – flauto, Tersicore – danza, Erato – lirica corale, Melpomene – tragedia, Talia – commedia, Urania – astronomia, Clio – storia. Interessante notare che anche la storia è opera di una musa. L’assenza di Memoria ci priva della storia, della conoscenza anche scientifica, di tutte le arti, senza le quali non ci può essere alcun futuro.

 

 

La Memoria come detto ha una dimensione sia collettiva e sociale sia privata. È l’insieme delle esperienze personali, delle informazioni e dei ricordi di una persona. A partire dai primi momenti di vita sino alla morte, ogni essere vivente assimila e conserva nella memoria informazioni, schemi mentali e comportamentali, che vengono richiamati talvolta anche in modo inconscio durante la vita. Aiutano a sopravvivere determinando anche evoluzioni delle specie, dato che la memoria si tramanda anche di generazione in generazione.

La memoria è caratterizzata da norme precise come il funzionamento del cervello e necessità di ordine storico e sociale.

Per quanto riguarda il nostro particolare ambito di interesse esiste anche una memoria eidètica (eidètico dall aggettivo greco εἰδητικός, derivante da εἴδησις «conoscenza», ove la radice εἰδ- deriva dalla parola greca “εἶδος” (o “eidos”), che significa “forma”intellettuale delle essenze delle cose. L’eidetica in senso stretto è l’atto di ricondurre alle loro pure essenze obiettive i fenomeni presenti nella coscienza.

 

 

La memoria eidètica riguarda la capacità di visualizzare i ricordi, come ad esempio le fotografie, in un’immagine mentale dettagliata. Chi ha memoria eidètica ha bisogno solo di pochi secondi per memorizzare visivamente una grande quantità di dati. Spesso capita che una fotografia (ma anche una qualsiasi altra forma) vista riemerga dalla nostra memoria in modo assai preciso, anche se magari non ne ricordiamo l’autore. Entra tuttavia a far parte del nostro bagaglio visivo, sappiamo riconoscerla e riconoscere immagini simili. Capita non di rado di trovarci davanti ad una scena e percepire distintamente profonde similitudini con un altra scena che abbiamo visto non nel reale ma solo in una fotografia. Viviamo in una civiltà caratterizzate da immagini prodotte e riprodotte, si stima che ogni due minuti vengano scattate più fotografie di quante l’umanità ne abbia prodotte in tutto il 1800.

Riconosciamo un pangolino solo per averlo visto in fotografia, senza averne mai incontrato uno nel mondo reale. L’esperienza visiva ci basta ad avere conoscenza. Siamo convinti che gli aborigeni esistano e vivano e si vestano in un certo modo perché li abbiamo visti in fotografie e filmati. Ognuno ha una capacità di memoria eidètica più o meno sviluppata, si può esercitarla ed svilupparla, non si tratta di una superpotenza ma semplicemente del modo di funzionare del cervello.

Si parla spesso di memoria fotografica, riferendosi alla capacità di ricordare pagine di testo o numeri, o simili, in grande dettaglio, dopo averli osservati anche solo per qualche secondo. Tuttavia non se n’è ancora provata l’esistenza in modo sufficientemente scientifico, anche se fenomeni apparentemente dotati di memoria fotografica si sono in passato spesso esibiti in spettacoli e baracconi da circo.

Attualmente per lo più si parla di memoria eidètica e memoria fotografica come fossero sinonimi, meglio non ingarbugliarsi troppo in tale distinzione.
Anche perché oltre la memoria c’è il ricordo che è cosa distinta ma connessa.

 

 

L’etimologia del termine torna utile. “Ricordo” deriva invece dal latino “re-cordor”, significa “richiamare al cuore”. È un termine attinente al campo dei sentimenti più che della ragione. Un ricordo è sempre individualistico, soggettivo, emozionale. Esperienze del passato possono riaffiorare improvvisamente, quando meno ce l’aspettiamo, o rievocate coscientemente, magari andando a sfogliare un album di fotografie della nostra famiglia. Non necessariamente una fotografia dei nostri avi suscita in noi un ricordo. Un oggetto, un colore, un profumo, un sapore, possono evocare in noi ricordi del passato, come una madeleine al narratore di ‘Alla ricerca del tempo perduto’. In francese c’è un vocabolo bellissimo, “réveries”, sono le visioni derivanti da un sogno, evanescenze oniriche. La psiche tende a perdersi in ‘fantasticherie’ derivanti dalla fusione di ricordo e sogno. I ricordi, come i sogni, non sono mai del tutto nitidi, le immagini nel ricordo non hanno contorni definiti.

Inoltre il cervello distorce il passato modificando i ricordi ogni volta che li recuperiamo. Eh, col tempo sai…

Chi ricorda non è indifferente, la memoria può essere anche un magazzino di date e di fatti. La memoria è spesso pubblica e storica, il ricordo è intimo e affettivo. Si commemorano i defunti, si ricordano i nostri cari.

Sfogliamo all’indietro l’album di famiglia, sembra un cimitero, andiamo indietro di 3 o 4 generazioni generazioni. Conserva la memoria dei nostri avi, non ne abbiamo ricordo, sono perfettamente interscambiabili con avi di altre famiglie. Che grado di parentela abbiamo con quella signora che somiglia a Frau Blucher?

 

 

E con quel ragazzino vestito da corazziere, con quel bambino? Mi rivedo in nonno Gino, scoprendo che ho ereditato molto da lui.

Eppure anche l’album fotografico della nostra famiglia può assumere un valore storico, oggettivo, magari non tanto per le persone ritratte quanto per come sono vestite, per quello che stanno eventualmente facendo, per lo sfondo che identifica luoghi, situazioni, possibili eventi, per l’aspetto tecnico delle fotografie.

Quando non c’era ancora la televisione ci si riuniva accanto al fuoco sacro, pellirossa o contadini attorno al fogher o davanti al camino, si evocavano presenze passate rievocando in circolo i ricordi.

 

 

Spesso penso che abbiamo perso le nostre radici osservando la televisione. Era cosa assai educativa. in fondo anche l’epica e le favole nascono così, vengono tramandate inizialmente per tradizione orale e solo successivamente diventano testo scritto. Una foto può cristallizzare un ricordo, restituendo esattamente quello che si è visto, anche quando anni sono passati. Tuttavia anche una foto scattata da altri può suscitare in noi ricordi che magari hanno assai poco a che fare con quello che è rappresentato nella fotografia. Si viene a creare una sorte di ponte tra noi e l’autore, che magari non conosciamo affatto.

 

 

I ricordi sono per lo più individuali ma può esserci anche un insieme di ricordi condivisi da gruppi che insieme vanno a costituire una memoria collettiva che diventa memoria storica. Tipico esempio può essere l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 al World Trade Center. Le persone abbastanza grandi all’epoca il più delle volte ne trattengono un ricordo limpido, riuscendo ancora oggi a ricostruire quello che stavano compiendo quando hanno ricevuto la prima notizia del tragico evento. Io quel giorno, a quell’ora, ero all’Ikea, in una di quelle finte stanze dove viene assemblato un arredamento, quando vennero trasmesse le immagini da tutte le tv e tutti si fermarono a guardare, increduli ed atterriti.

 

 

RICORDI…. MEMORIA…. STORIA, sono un continuum, un passaggio graduale dal soggettivo all’oggettivo. La storia ha una dimensione pubblica, spassionata, asettica, apparentemente scientifica, neutrale.
Tutto avviene sotto lo sguardo sorridente del TEMPO.

“Il tempo è un bambino che gioca, che muove le pedine; di un bambino è il regno.”

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

 

 

 

 

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