La Fotografia di Paesaggio come Scelta Politica

Immagino che al solo leggere il temine “politica” molti abbiano pinzato il naso con due dita. È mai possibile che la politica sia diventata così puzzolente? Dovrebbe essere la cosa più bella del mondo lavorare per il bene della polis, della collettività.

Le elezioni politiche in Italia del 1946 furono le prime elezioni della storia italiana svolte sotto l’ala di una Democrazia. Al dunque, senza tirarla troppo per le lunghe, dato che immagino che ognuno abbia un suo parere a proposito, deleghiamo col voto a persone delle quali abbiamo fiducia, il fare il loro meglio per la collettività.

 

© Giorgio Rossi. Latina

 

Tuttavia ci accorgiamo sempre più che non avviene, che la fiducia è stata mal riposta. D’altronde lavoriamo, abbiamo mille cose da fare e anche, perché no, goderci un po’ la vita, mica possiamo metterci a fare direttamente politica. O forse no, forse anche nel nostro piccolissimo qualcosina la possiamo fare, anche con la fotografia. Alla fin fine, nel bene e nel male siamo “animaletti sociali”, tutte le nostre scelte sono in relazione ad altri che ci vivono attorno, ogni piccola cosa che facciamo in fondo è “politica”.

Anche cercare con qualche trucchetto di scavalcare la fila alla cassa del supermercato è politica, forse non delle migliori. Mi viene in mente una vecchia barzelletta: “Signore, non si fa pipì in piscina!” – “Eh, ma la fanno tutti!” – “Sì, ma non dal trampolino!”

Un recente servizio di Report ha svelato retroscena a di poco inquietanti sugli allevamenti intensivi di polli,
in particolare di Fileni (ma non è affatto detto che le stesse cose non avvengano il altri allevamenti intensivi). In quella stessa trasmissione gli abitanti della Valmarecchia, splendido territorio, ricco di storia, facente un tempo parte del Montefeltro sono venuti a sapere che in una delle zone paesaggisticamente più belle, proprio sotto San Leo sorgeranno 16 capannoni lunghi oltre 100 m cadauno, un nuovo allevamento Fileni, quando già la produzione nazionale è soddisfatta al 106%. Sarà il nuovo Made in Italy da esportare?

 

© Giorgio Rossi. Latina

 

La popolazione locale si è unita in comitato, è stata fatta una petizione per chiedere a Bonaccini di fermare i lavori, ha raggiunto in poche settimane 55.000 firme. A prescindere da ogni possibile risultato tutto ciò è servito a radunare una popolazione, non solo locale, a sviluppare attività intorno ad un obiettivo comune, importante, la salvaguardia dell’ambiente , del proprio territorio, del paesaggio tipico di questa zona.

Cosa può fare un fotografo in questo ambito? Può fare politica nel senso di fare qualcosa per la collettività?

Credo che la prima cosa da fare sia studiare un poco, rendersi conto di cosa siano il paesaggio, il territorio, l’ambiente.

 

© Giorgio Rossi. Latina. Bimbi

 

Solo avendone coscienza può agire in modo significativo. Troppe volte vedo a proposito di fotografia di paesaggio lo sfoggio di tecnicismi che, possono essere esteticamente piacevoli, ma non fanno della foto realizzata una foto utile. Ok che un filtro degradante può conferire una estetica piacevole, ma il risultato è solo un piacere epidermico, per me al limite del deprimente.

È importante studiare almeno un minimo cosa sia il paesaggio, a seguito verrà il perché fotografarlo, e di conseguenza il come fotografarlo.

Interessante quanto è stato scritto dalla Convenzione Europea del Paesaggio.

Firenze 20 Ottobre 2000.

Articolo 1 – Definizioni

Ai fini della presente Convenzione:

a) “Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni; […]

d) “Salvaguardia dei paesaggi” indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d’intervento umano.

 

© Giorgio Rossi. Latina

 

È fondamentale distinguere tra ambiente, paesaggio, e territorio, ho trovato a proposito un testo interessante.

Non è solo una questione linguistica. Se si vuole in qualche modo operare con la propria fotografia in questo ambito, bisogna avere un minimo di strumenti culturali idonei.

È certo questione anche di sensibilità, a volte non è facile identificare il genius loci, quello ‘spiritello (genius) del luogo (loci)’, è un riferimento alle religioni del mondo antico che associavano ai luoghi e ai paesaggi naturali la presenza di una divinità minore che ne costituiva il nume tutelare. Sicuramente lo studio può aiutare a far crescere la sensibilità.

 

© Giorgio Rossi. Latina

 

Pensatelo come un piccolo campanello di allarme che dice “stai attento, sta succedendo o è successo questo!”.

Ovviamente sono solo concetti molto generali, di base. Poi viene la conoscenza del territorio che dovrete riprendere, anche dal punto di vista della sua evoluzione storico/sociale. Ci si poterebbe a questo punto chiedere se solo chi vive in un determinato territorio sia in grado di raccontarlo.

Credo che capiti spesso che vivendo in un territorio la vista si abitui, non colga quello che magari giorno dopo giorno sta cambiando. Capita spesso di accorgersene in ritardo, come è avvenuto nella zona della Cavallara , tra Maiolo e San Leo, dove c’erano ruderi di un precedente allevamento, abbandonato da oltre 20 anni, che avrebbero dovuto essere bonificati. Penso che si debba sempre guardare a un territorio, a un paesaggio, con gli occhi pieni di curiosità di un bambino o pieni di stupore di uno straniero.

 

© Giorgio Rossi. Allevamento. Vista da San Leo

 

Ora mi aspetto la obiezione: ma, facendo così, non è che si fa una mera riproduzione della realtà, una cartolina più o meno piacevole? Non che tutto quello che ci può essere di autoriale in una fotografia di paesaggio viene meno?

Per rispondere credo sia sufficiente osservare “Ritratti di Fabbriche” di Gabriele Basilico.

Nella magica sospensione luminosa della Pasqua 1978, spostandomi nella città di zona in zona, pianta alla mano mi sono ritrovato nella zona 14, tra via Ripamonti e via Ortles, in un’area caratterizzata prevalentemente da costruzioni industriali. Per la prima volta ho “visto” le strade e, con loro, le facciate delle fabbriche stagliarsi nitide, nette e isolate su un cielo inaspettatamente blu, dove la visione consueta diventava improvvisamente inusuale.

Ho visto così, come se non l’avessi mai visto prima, un lembo di città senza il movimento quotidiano, senza le auto parcheggiate, senza gente, senza rumori. Ho visto l’architettura riproporsi, filtrata dalla luce, in modo scenografico e monumentale. Ho rivisto attraverso il mirino della mia Nikon, le immagini nascere da un’operazione di astrazione, di isolamento, di assenza. Ho individuato un metodo per capire e per scoprire ciò che a volte si osserva in modo confuso e miope”

 

© Giorgio Rossi. Latina

 

E a proposito sfatiamo il mito che per fare fotografia di architettura o paesaaggi sia indispensabile un banco ottico.

L’unica cosa veramente indispensabile è una chiarezza di intenti, Una autorialità che distingua i nostri scatti dalle cartoline si può trovare, ma va cercata agendo in punta di piedi senza voler stupire con effetti speciali.

Vero è se mai che attualmente è difficile trovare una committenza, perché può anche far comodo che nulla venga documentato, in questo modo ogni azione di modificazione di un territorio passerà inosservata, senza un confronto prima/poi.

 

© Giorgio Rossi. Latina

 

Però è sempre possibile affiancare una associazione ambientalista, un comitato che nasce per difendere un territorio.

Un caro amico, Bruno Panieri si è auto-commissionato un progetto, lo ha portato avanti da solo, con l’intento di descrivere i cambiamenti che avvengono intorno alla città di Roma. “Ma che bella Città” è costantemente in divenire. Nonostante il libro sia già stato pubblicato, continuamente vengono aggiunte delle tessere al puzzle.

È, come dice l’autore, “Un vero e proprio pellegrinaggio nelle diverse periferie romane. Un viaggio della continua scoperta di quella “terra di nessuno che non è ancora città, ma non è più campagna” (Vittorio Emiliani, Roma capitale malamata, Il Mulino 2018) che si espande progressivamente con una dinamica unica, giustapponendo pezzi di città edificata con brandelli di quel che resta della magnifica campagna romana”.

 

© Giorgio Rossi. Latina

 

Importante ove possibile è aggiungere delle note alla foto, altrimenti le riprese potrebbero essere state effettuate ovunque. Non è sufficiente inquadrare un cancello e scrivere “Roma”.

I nuovi prodigi della tecnologia consentono addirittura di geotaggare le riprese, via bluetooth.

Può anche capitare che non vi sia alcun bisogno di parole aggiunte, per esempio in questo bel paesaggio di Antonio Musotto c’è tutto, ha avuto addirittura la fortuna che ai margini del campo di calcio fosse scritto giallo su rosso il luogo: città di Polizzi G.

 

© Antonio Musotto. Città di Polizzi Generosa. Palermo

 

Ma a parte ciò l’inquadratura racconta moltissimo, basta osservarla con attenzione. Si intuisce che campo di calcio è dell’oratorio, dietro la chiesa che si vede a sinistra. C’è una ragazzina che gioca con gli altri ragazzini, ci sono i tetti in parte antichi in parte rifatti, c’è una squadra che lavora su un tetto. Stavano facendo delle riprese per una TV e sullo sfondo placide colline riarse dal sole, scarsamente coltivate…

Nell’85 ebbi incarico di illustrare con mie foto Latina e il suo territorio, uscì il libro “Città senza Mura” vagamente recuperabile on-line.

Ebbi carta bianca, salvo opere recenti di architetti che andavano assolutamente documentate. Fu un bellissimo viaggio nel territorio, una scoperta continua ma anche una conferma di quello che avevo appreso documentandomi.

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

 

 

 

 

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