La Fotografia di Architettura… Cosa è?
Credo sia importante definire con precisione l’ambito di intervento. Di conseguenza, rispetto tale definizione, stabilire quello che cerchiamo, desideriamo fare fotograficamente.
Fotografia di architettura è restituire fotograficamente in modo realistico e credibile le forme e i volumi di una architettura, rispettandone proporzioni e resa prospettica. In sostanza è una sorta di riproduzione. Vi è mai capitato di riprodurre un quadro o un disegno? C’è creatività, libera interpretazione in una riproduzione del genere? È un buon risultato un quadro che in riproduzione appare trapezoidale e con colori sfalsati rispetto all’originale?
Analogamente la corretta fotografia di una architettura è la restituzione fotografica del disegno di una prospettiva. Cosa non del tutto semplice.
Pensiamo a un disegno in prospettiva centrale. Un punto di fuga. Iniziamo tracciando la linea dell’orizzonte, il più delle volte si posiziona centralmente, sulla linea che dividerebbe il foglio in due parti uguali. Il punto centrale di questa linea è il punto di fuga. Ovviamente si può anche decentrare la linea dell’orizzonte, abbiamo comunque possibilità di posizionarla come vogliamo. Per semplicità è come se il foglio di carta fosse perfettamente parallelo alla facciata, le linee verticali che disegniamo saranno perfettamente ortogonali rispetto alla linea di terra, l’orizzonte sarà orizzontale. Semplice.
Pensiamo ora che la superficie piana della pellicola o del sensore di una fotocamera sostituisca il foglio di carta. Abbiamo meno libertà di azione, la linea dell’orizzonte possiamo posizionarla solo in relazione alla nostra altezza da terra. Siamo in piedi sul marciapiede di fronte all’edificio che vogliamo fotografare. Una palazzina di 12 piani. Scegliamo una inquadratura verticale con un bel grandangolo, diciamo un 24mm, angolo di campo 84° . Fotocamera in bolla. Ripresa a prospettiva centrale. Il piano dell’orizzonte ce lo troviamo assai in basso, inquadriamo una bella porzione di asfalto ma magari non riusciamo a inquadrare tutta la palazzina.
Ok allora innestiamo sulla fotocamera un costoso decentrabile 24mm e decentriamo al massimo verso l’alto l’asse ottico dell’obiettivo. Oh ora ci siamo! Abbiamo tagliato fuori dall’inquadratura la zona di asfalto che non ci interessava, la palazzina entra tutta in altezza nell’inquadratura. Perfetto? Così così, siamo sempre inquadrando da terra, non stiamo inquadrando dal sesto piano del palazzo di fronte.

Prospettiva centrale con quinte in fuga, asse verticale decentrato a destra rispetto al centro dell’edificio di fondo.
La resa prospettica dipende sempre e solo dalla distanza e posizione del punto di ripresa, del piano della pellicola. Segue perfettamente le regole del disegno prospettico. Un grandangolo e un teleobiettivo dallo stesso punto di ripresa danno luogo ad una identica prospettiva. Cambia solo l’angolo di campo ripreso.
Tuttavia un forte decentramento dell’asse ottico dell’obiettivo rispetto al centro del piano della superficie sensibile può causare una accelerazione prospettica anche assai evidente e fastidiosa al vertice dell’edificio ripreso. Ok, e se invece usassimo in ripresa un grandangolo più spinto, un 16 mm , angolo di campo 105°? Magari riproduce le linee come rette perfette, non le distorce né a barilotto né a cuscinetto, l’edificio entrerà interamente nell’inquadratura senza dover decentrare, ma otterremo comunque una accelerazione prospettica a volte evidente e sgradevole. Colpa dell’obiettivo? Oh no, l’obiettivo segue esattamente le leggi del disegno geometrico e prospettico. L’accelerazione prospettica dipende dalla distanza del punto di fuga nel disegno, e del centro ottico in ripresa, dal piano dell’edificio che vogliamo disegnare o fotografare. Non c’è scampo, non c’è salvezza.

Ripresa a prospettiva centrale classica. La verticale risulta centrata rispetto alla facciata e al centro ottico dell’inquadratura.
Si è soliti nelle riprese in formato 135 chiamare normale il 50mm. poiché ha una lunghezza focale pari alla diagonale del formato. Per questioni geometriche, la resa tridimensionale di quest’ottica registra sulla superficie sensibile un’immagine assai simile a quella osservata normalmente ad occhio nudo ( da cui “visione normale”) di conseguenza ha una resa prospettica corretta in altezza, larghezza e profondità dei soggetti. Con qualsiasi grandangolare otterremo una resa prospettica accentuata, molto accentuata se è un forte grandangolare. Inutile usare un 16mm se ad inquadrare totalmente l’edificio basta un 28mm.
È assolutamente errato credere che in riprese col banco ottico si possano ottenere immagini di architettura con una prospettiva migliore rispetto alle riprese in formato 24x36mm. Ci può essere più cura nella composizione, una scelta più precisa del punto di ripresa, il banco ottico può portare a riprese più lente e meditate, questo sì e può fare la differenza. Va bene, ma banco ottico o 24×36 torniamo alla ripresa.
Non è solo questione di decentramento verso l’alto o il basso dell’ottica. In una ripresa a prospettiva centrale l’asse verticale centrale dell’edificio, in riprese in o outdoor, corrisponde assai spesso all’asse verticale centrale del fotogramma. Prospetto e dorso della fotocamera devono essere assolutamente paralleli. Se in ripresa si è spostati lateralmente a destra o a sinistra rispetto all’asse centrale verticale dell’edificio che abbiamo di fronte, si può tendere a ruotare a destra o sinistra la fotocamera per ripristinare la centralità, ma a questo punto il dorso della fotocamera non sarà più parallelo all’edificio. Il prospetto sarà riprodotto come un trapezio non come un rettangolo. Metti che la fotocamera non sia perfettamente in bolla e abbiamo combinato un patatrac. Quello che chiamo ripresa “arrotola su se stessa”, possibile da migliorare in stampa in vari modi o correggere in photoshop ma non sarà mai perfetta.
In prospettiva centrale non si può esulare da questa norma? Assolutamente no. Tuttavia è possibile riprendere in posizione decentrata, ma sempre col dorso fotocamere parallelo al soggetto ripreso. Talvolta può essere utile. Metti l’interno di una chiesa, la pala dietro l’altare, al centro, le colonne delle navate perfettamente simmetriche a destra e a sinistra. Una inquadratura vista mille volte. Se decentriamo lateralmente la ripresa le fughe non saranno più simmetriche, da una parte avremo una fuga assai accentuata, la divisione delle colonne sarà poco visibile, dalla parte opposta avremo però migliorato la visibilità delle colonne, lo spazio che intercorre tra una e l’altra.
Anche in riprese a prospettiva centrale si può “giocare”, possono non essere mera riproduzione. É un gioco di sottili equilibri, a volte di quinte tra vari piani paralleli nel quale Stanley Kubrick era maestro. Tutto ciò che ho detto può essere eseguito in ripresa con una qualsiasi fotocamera, le correzioni prospettiche che possiamo attuare con banco ottico possiamo realizzarle identicamente in Photoshop, se la ripresa è stata in digitale. Valgono le stese regole del banco ottico, e sono sempre quelle del disegno prospettico. La regola fondamentale è NON ESAGERARE.
Una correzione con forte decentramento, o con ricupero vistoso delle linee cadenti in Photoshop , può dare luogo a deformazioni prospettiche molto evidenti. Un esempio in tre immagini. La prima è la ripresa originale, le linee di fuga convergono vistosamente. Possono essere rese parallele in Photoshop, avremo la seconda immagine. Si nota che le proporzioni altezza larghezza della chiesa sono assai alterate. È diventata tozza e bassa. Se conosciamo la proporzione reale tra altezza e larghezza potremo correggerla con sufficiente precisione, altrimenti le ridimensioneremo a occhio sino ad ottenere una riproduzione delle proporzioni accettabile dal punto di vista percettivo.
Questo vale per le riprese a prospettiva centrale, ma vale anche per riprese a due o più punti di fuga o, come detto con una sola fuga decentrata sino al margine dell’inquadratura. Ove nella ripresa a prospettiva centrale l’interpretazione del fotografo è ridotta quasi al minimo, in queste altre riprese l’interpretazione dei volumi dell’architettura e delle intenzioni dell’architetto diventano rilevanti, ma vale sempre la regola di base: NON ESAGERARE.

) Da sinistra: ripresa con forte distorsione prospettica – ripristino delle linee cadenti in Photoshop – ridimensionamento. Nonostante tutto percettivamente la prospettiva risulta aberrata.
Uffa, ma allora abbiamo le mani legate? Oh no, anche mediando, esagerando un poco, si può talvolta cogliere l’essenza di un’architettura, specie se si conoscono le motivazioni dell’autore, per averle studiate.
Poi certo si può davvero esagerare fortissimamente, esprimere la nostra vena artistica, ma dipende anche dall’architettura.
László Moholy-Nagy esagerava ma era nello spirito del Bauhaus, poteva avere un senso. Diverso e di solito inutile è esagerare nel riprendere riprendere una pieve medievale. Insomma prendiamone atto la fotografia di architettura è questa e non altro, può essere anche noiosa assai, oltre che difficile dal punto di vista tecnico/operativo.
L’abilità e la sensibilità del fotografo di architettura si esprimono camminando umilmente in bilico tra limiti e paletti. Mettendo in secondo piano la propria vena artistica per evidenziare l’autore dell’opera architettonica. È anche una questione di rispetto per il lavoro altrui.
Quanto detto vale anche per la fotografia di paesaggio urbano, lì contano maggiormente le relazioni tra il soggetto architettonico e tutto ciò che è costruito o vive intorno, la vostra interpretazione di queste relazioni. Ma non solo, vale anche per il paesaggio in generale.
Leggo spesso sedicenti professori e insegnanti di fotografia di paesaggio predicare l’uso di zoom 10/24mm (su apsc), rigorosamente fissi a 10mm. Il risultato? Il primo piano è una landa desolata con qualche sasso che diventa macigno.
Lontanissimo sullo sfondo il possente castello che dominava sul territorio è diventato un ridicolo, indistinguibile puntolino. Va bene, farà pure gridare “ohhh!” , sarà artistica ma racconta solo l’autore, non il paesaggio.
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