Verso la fine dell’anno scorso Carlo Ferrara è stato invitato a esporre alla Popcorn Gallery, Klatovy, repubblica Ceca.
È stato il curatore della Popcorn Gallery a trovare Ferrara grazie alla sua pagina FB (4877 amici, 1693 follower), gli ha proposto di stampare loro le foto per l’esposizione, poi a mostra chiusa inviargli le stampe. Una di quelle cose che se accadessero in Italia ci sarebbe da essere scettici, chi mai ti offre uno spazio gratuito in una galleria da noi? Chi mai ti paga le stampe?
Al massimo ti possono concedere le pareti di un bar, buffet di inaugurazione della mostra a pagamento. Oppure, se è in una vera galleria va a finire che tanto gratis non è. Normale dunque per Ferrara essere stato inizialmente un poco scettico, poi avendo compreso che non c’erano fregature dietro l’angolo ha accettato, tutto si è svolto per il meglio.
A volte basta avere una menzione in un qualche contest per vivere di rendita per qualche tempo, spammando l’annuncio a destra e manca come con ci fosse un futuro.
Ferrara in questo è stato assai sobrio, preferisce concentrarsi sulla sua fotografia, con una interessante svolta, l’uso del drone. Ricordandosi “La Linea” il personaggio ideato da Osvaldo Cavandoli, protagonista di un cartone animato, quindi il drone è usato in modo consapevole, fa parte di un discorso fotografico “colto”.
Certo la faccenda mi fa pensare che in Italia in genere siamo messi maluccio. C’è chi, non solo in Italia, organizza contest, si paga per partecipare, poi con qualche attestato e menzione finisce lì. Un buon business. La giuria a volte è composta da sconosciuti auto referenziati, magari col supporto di qualche nome di spicco in ambito fotografico, che tanto anche a pagarlo per giudicare si rientra comunque nelle spese. Ovvio non è sempre così per fortuna, però come recita la seconda legge di Murphy: “Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a guasto o errore, allora prima o poi esso si verificherà”. Non voglio gettare discredito sui contest, è comunque un lavoro ed è giusto che venga retribuito.
Klatovy è una cittadina assai piacevole di circa 22.000 abitanti, insomma non è Sgurgola Marsicana, 2.667 abitanti (2017) senza offesa per quest’ultima ovviamente. Ci lamentiamo dello stato della fotografia in Italia, ma siamo chiusi in noi stessi, spesso molto provinciali. Quanto contano gli amici o i follower su FB? Direi che dipende da caso a caso, a volte possono essere indicativi di quanto un fotografo viene stimato da altri. Dimmi chi frequenti e ti dirò chi sei, recita il proverbio. Ovvio non è così semplice, FB è un poco come “Il Castello dei destini incrociati”.
«Quando le carte affiancate a caso mi davano una storia in cui riconoscevo un senso, mi mettevo a scriverla; accumulai così parecchio materiale; posso dire che gran parte de ‘Il Castello dei destini incrociati’ è stata scritta in questa fase; ma non riuscivo a disporre le carte in un ordine che contenesse e comandasse la pluralità dei racconti».
Se un fotografo qualsiasi chiede l’amicizia a un fotografo importante normalmente l’ottiene, il che non vuol dire che i due si siano mai conosciuti o abbiano parlato per lo meno una volta insieme in pvt. Però per esempio se su FB si scorrono rapidamente i 4873 amici di Dennis Ziliotto, se ne trovano vari di stranieri, si capisce che anche loro fanno fotografia al collodio, si arriva ad altri siti o pagine FB di appassionati a questa antica tecnica. Ora mi direte che sono un ficcanaso, ma per capire certi flussi di pensiero, di agire in ambito fotografico bisogna indagare un poco. Si intuisce comunque che in questo settore di nicchia Ziliotto gode di ottima reputazione anche all’estero. Anche in Italia ovviamente, qualche tempo fa è stato invitato da Gabriele Chiesa a tenere un workshop di fotografia al collodio al Museo Nazionale della Fotografia di Brescia. Provate ad andare a cercare le sue fotografie scrivendo il suo nome sulla stringa di ricerca di Google, immagini. Ne troverete una marea, ho trovato anche un simpatico video.
Se invece cercando un fotografo trovate prevalentemente dei suoi ritratti potrebbe essere un segno non molto positivo. Anni or sono in era “pre-social” era ritenuto importante per un fotografo avere un sito web a suo nome. Attualmente solo alcuni fotografi importanti a livello internazionale hanno un sito personale. C’è ancora chi pensa che un sito personale sia fondamentale per trovare lavoro. Tutt’al più può essere di una qualche importanza per pubblicizzare workshop, ma ci si arriva attraverso una pagina FB non direttamente. Dennis non ha un sito personale, ha la pagina FB e un profilo su Instagram come vetrina dei suoi lavori.
Ho citato solo due amici ma le stesse considerazioni sono valide anche per altri. Poi ci sono le pagine FB di gruppi, incentrate su argomenti specifici. Molte hanno come punto di riferimento la produzione di fotocamere di un brand, alcuni addirittura una particolare fotocamera, possono essere utili inizialmente subito dopo avere comperato una fotocamera, per avere consigli sull’uso, poi diventano noiosi, fa fissati. Chiunque per postare una foto deve scrivere con che fotocamera e obiettivo l’ha scattata. Ovviamente si può anche barare dato che è praticamente impossibile distinguere una fotocamera di una marca da una di altra marca, se postate su un social. Ci sono moltissimi altri gruppi FB tematici, una eventuale scelta dipende da un interesse particolare per un tema. Ce ne sono moltissimi di street photography, non ne sono molto interessato. Interessante per le foto spesso assai belle di luoghi abbandonati è “Manicomio fotografico – urbex soul“.
È un gruppo molto di nicchia, intorno ai 400 membri, prevalentemente italiani. Rarissimamente rivelano i luoghi delle riprese. Nell’etica urbex c’è il rispetto del luogo, quindi meglio non dare suggerimenti a eventuali fotografi poco rispettosi, potrebbero commettere atti vandalici.
Altro gruppo noto, appassionato a queste tematiche è Urbex Photo Project. Stupisce quante dimore veramente straordinarie siano in stato di totale abbandono, non solo in Italia.
Interessanti anche i luoghi di archeologia industriale abbandonata. Il più delle volte sono luoghi in cui è vietato l’accesso, per motivi di sicurezza vari, possibili crolli, sostanza inquinanti per i luoghi di archeologia industriale.
Penso dia una certa carica di adrenalina scattare in quei luoghi, un poco come fare sport estremi. Molti dei fotografi nel gruppo si conoscono personalmente tra di loro, e si conoscono tra gruppi analoghi in altri Paesi, immagino si diano suggerimenti in pvt, insomma è un altro fiume sotterraneo. Tra questi fotografi, bravissimo e già abbastanza famoso è Nicola Bertellotti.
Diversamente interessato all’architettura è il gruppo FB Archiminimal, 2893 membri provenienti da mezzo mondo, spesso foto assai belle anche se l’approccio a volte troppo minimal non mi fa impazzire.
Aperto recentemente il gruppo AI Art si occupa di immagini prodotte con l’intelligenza artificiale, in 32 settimane dall’apertura ha raggiunto oltre 2500 iscritti, attraendoli da mezzo mondo. È interessantissimi vedere come certe tendenze dilaghino rapidamente in tutto il mondo, prevalentemente grazie a canali social. In AI ART si possono avere cobnsigli tecnici importanti è un gruppo molto collaborativo, diretto da Carlo Diamanti, competentissimo ed esperto di luci nel cinema e molto altro.
Di questi tempi come sicuramente avete letto in altri articoli la AI è un tema assai caldo. Per la produzione di immagini si scrivono prompt, ma ci sono mille modi di mescolare vera fotografia, elaborata in Photoshop o altri programmi, facendo un mix con le immagini prodotte da Midjourney, Stable Diffusion e altri tratte a loro volta da vere fotografie custodite in archivi quasi illimitati. Insomma tutto ciò è alquanto labirintico, interessante.
A tutto ciò Gabriele Chiesa ha risposto, in una sorta di scherzosa guerra, spalleggiato da Giulio Limongelli, e altri, con la “cameraless photography” vera fotografia senza fotocamera, prodotta con oggetti disposti sul piano di uno scanner.
Un divertissement bellissimo che ha già un’ampia storia alle spalle.
Uno degli antesignani in Italia fu Bruno Munari, produsse arte fotografica con le prime fotocopiatrici.
E tuttavia la fotografia senza fotocamera fu prodotta anche da Man Ray, con i rayogrammi anche per la cameraless photography c’è una pagina FB interessantissima alla quale collabora anche Gabriele Chiesa.
Il tutto sconfina in innumerevoli tecniche antiche nel sito alternative photography dove si possono trovare libri e suggerimenti di molte tecniche antiche quali la cyanotypia che, riscoperta, sta vivendo una nuova giovinezza. Interessatissime le opere di Debra Small nel gruppo FB Alternative photographic processes, 47.144 followers.
Scrive: “I am excited to announce that my wet cyanotype image titled ‘Seaweed’ was accepted to the 2018 National Alternative Process Exhibition at the Soho Photo Gallery @sohophotogallery in New York City.”
Per dire che tali tecniche in campo artistico sono tenute in alta considerazione, come sempre più all’estero che in Italia. Per esempio avete mai sentito parlare del Mordançage Process?
Beh tranquilli se non lo conoscete siete in buona compagnia, anche io ne ho letto solo ieri. Certo sono troppo pigro per praticarlo però è un processo interessantissimo.
“Mordançage is considered by many to be a specialized, even secretive, alternative process. Through this process, the artist has the power to manipulate the print by physically lifting, repositioning, and securing the pure black portions of a black and white darkroom print. This magical alchemy helps add to the mystique and unique quality of this distinct process.” Eccellenti i lavori di J Jason Lazarus (Alaska)
“Realized recently that it’s been over three years since I started working in the Mordançage process. The complex nature of controlling Mordançage means that those 20 prints, plus all the failures, likely amount to about 150 hours of work in the darkroom.”
In Italia a tramandare le antiche tecniche è, con 30 anni di attività alle spalle, il gruppo Rodolfo Namias.
Rodolfo Namias, chimico, fotografo, sperimentatore e divulgatore, fondò Progresso Fotografico.
Esplorare il vastissimo mondo delle tecniche antiche e alternative in era pre-web era assai difficile, ora tutto ciò è a portata di mouse. Penso che il periodo che attualmente sta vivendo la fotografia sia estremamente interessante anche se spesso scorre come un fiume sottotraccia.
È un periodo sincretico in cui tutte le tecniche possono e devono convivere, si possono mescolare una con l’altra per produrre nuova fotografia. Nuovi contenuti espressivi, consapevoli del passato, della storia della fotografia.
Tutto ciò vale non solo per le tecniche antiche ma per qualsiasi tendenza fotografica attuale, anche se a maggior ragione in campo artistico.
Un artista non è mai isolato dal resto del mondo, nell’era della globalizzazione non può starsene in un angoletto.
Deve conoscere, essere consapevole di quello che accade altrove.
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Grazie. La prima parola è questa; serve sia per questo articolo in cui si parla (anche) di me, sia per tutti gli articoli, anche e soprattutto da quelli che non parlano di me. Aprono la mente, aiutano a comprendere, oppure interrogano e insinuano dubbi alle certezze. Insomma, grazie Giorgio e grazie NOC.
P.S. Concorsi e pubblicità del risultato, sono uno strano connubio. Pubblicizzarsi aiuta, ma come tutte le pubblicità dice qualche verità e tace i segreti. Soprattutto nessuno dirà mai a quanti concorsi ha partecipato senza neanche qualificare l’immagine… vanterà solo quelli che han dato dei frutti. Normale, però è una considerazione da non sottovalutare.
E poi le giurie. Qui ho un mio pensiero. Non leggo i curriculum, non leggo neanche i nomi dei giurati. Se decido di partecipare, so che un gruppo di persone più o meno competente (n.d.r. questo lo estraggo per mio sentire, dalla tipologia di concorso) giudicherà una mia (o più) foto. Insomma, non è un giudizio universale, risente di mille fattori quali le mode, le necessità espressive, l’attinenza, l’umore dei giurati nel giorno della decisione, la preparazione della commissione, il cugino del cugino… troppi, sia per farmi deprimere da un eventuale insuccesso, sia per pensare di “tirarmela” per una vittoria.