1954, 5° Arrondissment, Paris, Rue Mouffetard.
Una fotografia celeberrima di Henry Cartier Bresson, mi intriga moltissimo.
Penso sempre che le belle fotografie siano come le cipolle, hanno strati sovrapposti, per arrivare al cuore saporito bisogna andare a fondo. 1954 un anno assai interessante per la Leica, esce la M3, una pietra miliare nel mondo delle fotocamere, la Leica IIIf (1950) va in pensione. 1954.
Viene lanciata dalla Kodak la Tri-x (400Asa, oggi si chiamano Iso), affiancherà la Plus-x 160, Iso. Disgraziatamente non ho accesso ai negativi di HCB, non posso verificare che pellicola abbia usato per l’occasione, né ho dati precisi che possano testimoniare se per lo scatto abbia usato la nuovissima M3 o la consueta IIIf. Dovrei andare per ipotesi ma forse, ai fini di una indagine, il sapere esattamente fotocamera, obiettivo e pellicola è irrilevante o quasi. Propendo per la Plus-x, la Tri-x avrebbe permesso di chiudere di più il diaframma.
Torniamo dunque a Rue Mouffetard, “La lunga e pendente rue Mouffetard, costituisce l’asse principale di questa zona, pittoresca, nelle cui vie troverete librerie, negozietti di dischi, fumetti e caffè. La strada ha inizio a livello della place de la Contrescarpe, una piazzetta con diversi locali, molto frequentata dai giovani. Lungo la via sarete sorpresi da diverse vecchie insegne, come quella della Bonne Source al n. 122, risalente a Enrico IV e nel suo ultimo tratto, ogni mattina fino alle 13 circa si svolge uno dei mercati più vivaci della città”.
Ai tempi in cui ci passeggiava fotografando HCB non c’erano nemmeno i marciapiedi! Doveva essere una di quelle giornate col cielo coperto, un poco lattiginoso, le ombre in tutta la foto sono appena accennate. Il ragazzino indossa i sandaletti senza calze, però ha un golfino, si intravvede una maglietta ad di sotto, la cintura di cuoio un poco malconcia regge i calzoncini di circa tre taglie sovrabbondanti ( eh che ricordi quando anche io, e sicuramente, molti di voi, indossavo vestiti a crescenza).
Il ragazzino è inquadrato un po’ dall’alto, da vicino, da ciò derivano le linee cadenti della vetrina e degli edifici sullo sfondo. Se si osserva il centro ottico dell’immagine, che ho sottolineato con le due diagonali in rosso, si vede che cade sul golfino appena sotto il collo del ragazzino.
Lì e più in basso l’immagine è a fuoco, ma basta pochissimo per uscire dalla zona di profondità di campo precisa, già i capelli iniziano a essere poco a fuoco, il ragazzino tiene la testa all’indietro, si esibisce orgoglioso e impettito mentre porta le due bottiglie da due litri che ha avuto l’incarico di farsi riempire dal vinaio. Il diaframma dell’obiettivo doveva essere sicuramente a tutta apertura o quasi, lo sfondo è molto sfuocato. Impossibile in questa situazione scattare fidandosi del regolo di profondità di campo, una messa a fuoco anche se forse rapida ed approssimativa doveva esserci stata. Ma torniamo ad osservare lo sfondo. Dietro al ragazzino ci sono due ragazzine. La più alta, a piedi uniti, si è evidentemente fermata. L’altra, con la faccina da birba si è resa immediatamente conto della situazione, pare quasi esclamare: “hei, sta fotografando Michel!”
….sì, sì, Michel, precisamente Michel Gabriel, a quei tempi aveva circa otto anni, era il maggiore dei cinque figli di un produttore tessile, una famiglia di classe media che abitava in Rue de Lisbonne, vicino a Gare St Lazare e a Parc Monceau. HCB ci rimase in contatto, al 50esimo compleanno del ragazzino, sul finire degli anni ‘90, suonò alla porta e quando gli aprirono si presentò al party imitando la posizione del ragazzino nella foto, ma invece di portare due bottiglie di vino portava due magnum! Un aneddoto davvero simpatico, una testimonianza del rapporto che il celebre fotografo sapeva talvolta mantenere con i soggetti dei suoi scatti.
https://aestheticons.wordpress.com/2017/03/29/henri-cartier-bresson-rue-mouffetard-paris-1954/
Sì, al dì la dell’aneddoto, sicuramente ci fu in un attimo una complice intesa tra HCB e il ragazzino. Non è una foto “cogli l’attino fuggente” o non lo è nel senso letterale, per come intendiamo spesso il cogliere l’attimo fuggente, non è una foto “rubata”. Spesso nell’odierna street Photography si teorizza che per salvaguardare la spontaneità non ci deve essere alcun rapporto fra fotografo e soggetto ripreso.
Riandando alla fotografia umanista ci si rende conto che molte celebri foto sono “staged”, in posa, come “il bacio” all’Hotel De Ville, R. Doisneau, foto scattata nel 1950, durante un servizio fotografico per la rivista “Life”. Dunque anche “Rue Mouffetard” è staged? Vedo già qualcuno intristirsi, considerare mestamente tra sé e sé : “non ci si può fidare di nessuno!”
No, con tutta probabilità la foto non è staged, tuttavia un rapporto tra HCB e il ragazzino, a prescindere dall’aneddoto che lo testimonia, c’è stato senza dubbio. Lo si evince osservando la foto.
Ditemi se può essere che un ragazzino cammini sorridente e un poco beffardo, con due bottiglie da due litri, torcendo il busto dal lato opposto al suo incedere, sporgendo orgoglioso il petto in fuori, guardando un poco in basso, con la testa voltata a sinistra. Minimo minimo avrebbe rischiato di andare a sbattere rovinosamente da qualche parte.
Quindi Michel si è fermato almeno un momento, si è messo in posa, HCB ha inquadrato, messo a fuoco almeno approssimativamente, ha scattato.
Si è intrattenuto col ragazzino, o prima o dopo lo scatto. Il fatto che sia in posa non toglie assolutamente nulla all’immagine, non è “un mettiti in posa che ti faccio una foto”, la posa è assai naturale, spontanea.
Sembra quasi che il ragazzino abbozando un sorriso a bocca stretta dica al fotografo : “ oh però sbrigati che queste bottiglie pesano!”
C’è un rapporto ed è meraviglioso che ci sia. Ma il voluto e deciso da entrambi, fotografo e ragazzino, è lontano da essere l’unico elemento interessante della foto. Intorno al ragazzino ruota e pulsa la vita del piccolo mondo di quartiere. Tutto è casuale e si percepisce bene anche nello sfuocato.
Sicuramente Bresson non si è reso conto inquadrando di quello che stava succedendo intorno. O forse con la coda dell’occhio ha appena osservato quella signora che rischiava di entrare in campo a sinistra ed ha corretto leggermente l’inquadratura per cercare di evitarla.
Ma queste sono illazioni. Non è certo una inquadratura che rispetti la regola dei terzi, che del resto trovo assurda e inutile nella maggior parte delle fotografie. Se mai i principi della Gestalt indicano un bel percorso visivo, a zig zag dal fondo della via sino ad arrivare al ragazzino.
Certo non è un percorso visivo studiato, ma indubbiamente è una casualità gradita alla vista. Anche questa volta per trovare una qualche analisi attendibile della foto, che confermasse le mie ipotesi osservandola, sono dovuto andare a cercare siti esteri. Ahimè in Italia siamo ancora avvolti dalle nebbie di una critica fotografica spesso superficiale, emotiva e “romantica”.
Ah, ultima cicca… in una delle due bottiglie potrebbe esserci riflesso il fotografo, a me piace crederlo, in fondo sono anche io un romanticone!
Per vedere la foto con la lente d’ingrandimento.
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