Guerre di Religione (fotografica)

Guerre di religione ce ne sono state, ce ne sono, da millenni a questa parte seminano morte… Ci sono religioni minori, apparentemente meno importanti, ma molto diffuse.

Lazio o Roma? Boh, non mi è mai importato molto di calcio, però tendenzialmente forse vivendo nella capitale sarei della Roma.

Servono queste distinzioni? Sono importanti? Forse sì, servono a dare una identità di gruppo, ad unire ma anche a dividere.

Ricordo un viaggetto con mio zio, e la zia, sulla topolino verde, si poteva montare un tendalino a strisce bianche e blu per ripararsi dal sole quando si apriva il tettuccio. Impantanati in una coda nella calura estiva, doveva passare Grace Kelly, in visita in Italia.

Tempo dopo mio zio comprò la Giulietta e nel passare dalla Fiat alla Alfa cambiò non poco. Divenne più sportivo, coppola con visierina, giacca in camoscio corta, guanti a mezze dita da guida, acceleratine stile “fate largo passa la regina della strada”. Tutt’altro stile i Lancisti, più sobri, sul classico. Giacca sartoriale elegante, lobbia.

Ogni passione ha le sue fazioni, le sue chiese. Io sono stato sempre stato della razza cane sciolto. Forse mi sarebbe piaciuto avere una Leica M ma poi ci pensavo, rivedendo le foto di celebri reporter e grandi maestri che hanno fatto la storia della fotografia, capivo che non ne ero all’altezza.

Una debole rivincita fu la Nikon FTn Photomic, comprata usata. Dio che bella… però col senno di poi devo dire che, a essere sincero in fondo, mi sono sempre trovato meglio con la Pentax SPF, forse perché sono sempre stato un poco timido e la Nikon era troppo vistosa e pesante. Canon? Minolta? Altre? Boh, sì vabbè esistevano, anche io avevo i miei pregiudizi e gusti personali! Sono però convinto che la Olympus OM-1 sia stata la più bella reflex analogica di sempre.

Eh però che bello cincischiare con una Leica, cosa che si tentava sempre quando si incontrava un amico che ne aveva una. Sembrava di aver in mano un unico blocco di metallo consistente, che dentro non ci fossero ingranaggi. ”Mi fai fare uno scatto?” “ si certo, fai pure!” Eh che dire di quello scatto quasi inudibile che separava un prima da un poi? Ma vuoi mettere lo scatto della Leica con quello di una qualsiasi reflex? OK OK, però basta provare ad alzare lo specchio e scattare con una Olympus OM-1… e ci si accorge che il 90% del rumore di una reflex deriva dallo specchio che si alza e si abbassa. Sì certo, ma vuoi mettere gli obiettivi? Zeiss Planar o Leica Summicron?… e vabbè però non confondiamo le carte in tavola, non si può paragonare un Planar con un Summicron M, per le telemetro, al massimo puoi fare un confronto con un Summicron R per le reflex!

Una volta passeggiando per Porta Portese mi imbatto in un russo, stesa al suolo su un telo la sua mercanzia. Varie Zenit, obiettivi, fotofucili in valigetta metallica e una Fed 3 col suo Industar 55. Accanto c’è un Russar MR-2, 20mm f/5,6.

Smanetto un poco tra i tempi della Fed, ad orecchio sembra tutto OK. Osservo la tendina è OK. Anche il Russar sembra perfetto, acc. non ha il suo mirino, però ha un mirino a torretta girevole, ma che carino, potrebbe anche essere tenuto in tasca e usato per scegliere con quale ottica scattare senza dover effettivamente montarla. Per farla breve con qualche diecimila lire mi tolsi lo sfizio e mi divertii in seguito non poco. Eh ma vuoi mettere una Leica?

“Sì però le Leica costano un botto, non ne vale la pena!” Dice uno arricciando il naso.

Boh io questa gente che dice che la Leica costa troppo non la capisco. Anche la Ferrari costa assai, nessun medico prescrive una Leica o una Ferrari! Alla fin fine vale solo il feeling che si instaura con la propria fotocamera, se uno si trova bene ok, se desidera altro si compera altro. All’epoca contava anche il tempo per ammortizzare la spesa nell’acquisto di una fotocamera o un obiettivo. Oggi per varie ragioni, tutte più o meno plausibili, non si ragiona in termini di ammortamento.

 

Industar-61 LZ f.8

 

Così anni dopo quel primo acquisto russo ero immerso nella professione. Mi capita di dover fotografare a distanza ravvicinata, pennini di stilografiche. Penso a varie soluzioni. Un Micro-Nikkor 55mm F/2.8? Penso ai tempi di ammortamento e, grazie a una ulteriore passeggiatina a Porta Portese, propendo per un “macro” Industar-61 L/Z 50/2.8 con soffietto, tutto rigorosamente russo. La stessa cosa di un Micro-Nikkor 55mm ? In pratica si, le foto sulla rivista vennero stampate ottimamente e in un solo servizio ammortizzai la spesa.

Certo se si andasse a cercare un test del Micro-Nikkor e un test dell’Industar-61 L/Z 50/2.8 magari MC (multicoated) esaminando contrasto, resa dei colori, micro-macro, linee/mm e quant’altro il russo potrebbe uscirne male, però poi si riscatta con quel bokeh a stellina se usato a diaframma tra f.5.6 e 8, che in realtà sarebbe un difetto ma diventa un pregio.

Il mondo della macro è peculiare, basta pochissimo per andare in fuori fuoco, come si vede nel frettoloso test della monetina con lo stesso obiettivo su Fuji X-E2. Non potrebbe essere proprio quel leggero fuori fuoco a rendere per alcuni la foto più interessante, concentrando l’attenzione sulla data 2007?

Alla fin fine, almeno secondo me, i test di laboratorio sono relativamente utili, quello che conta è l’esperienza personale e il risultato sul campo. A volte ci si imbatte in una luce miracolosa che rende tutto al top, altre volte è sufficiente un poco di velo atmosferico per svilire la resa del miglior obiettivo.

 

© Giorgio Rossi. Monetina

 

Mi è capitato di farne di prove, per riviste. Non in campo fotografico, facevo prove di camper su una rivista e penne stilografiche in un altra. Avrei mai potuto scrivere in un articolo che il pennino e i materiali del corpo, la scorrevolezza sulla carta, ecc. di una Montblanc Meisterstück erano secondo me inferiori a quelli di una Shaeffer pennino a coda di rondine che costava 1/5? Avrei potuto dire che solo le Montblanc vintage avevano un pennino all’altezza del nome? Se lo avessi scritto la rivista si sarebbe trovata con una pagina di pubblicità in meno. Sulle prove, anche in ambito fotografico sono abbastanza scettico. Anche il nome e il prezzo contano molto sulla suggestione personale. Poi vale indubbiamente l’output finale.

Una foto può essere visionata da file su un monitor, ingrandendo al 200%, può essere stampata su carta fotosensibile, a 18×24 o 50×60, ink-jet fine art, oppure su una rivista, su un libro, la percezione osservandola cambia, è anche soggettiva. Magari tutto è superbamente perfetto, anche troppo perfetto, però è il contenuto dell’inquadratura che non attira l’osservatore, non lo conquista.

 

© Giorgio Rossi. Pennino. Riproduzione da rivista

 

Ci sono una infinità di super-tecnici in fotografia, passano le giornate a confrontare strumenti, tecniche di sviluppo e stampa, ogni tecnico ha la sua specialità, raramente producono capolavori fotografici, possono produrre foto tecnicamente perfette, sempre che esista un qualcosa di tecnicamente perfetto, ancor più raramente riescono a vivere delle fotografie che producono.

Ogni volta che affronto argomenti del genere ripenso a certe foto di Jeanloup Sieff.

Gradazione tonale e mascherature abominevoli per gli standard dei perfettini della camera oscura, però Dio che fascino!

 

Jeanloup Sieff, La Maison Noire

 

Dalla fotografia in formato 24×36 dovetti passare a formati maggiori, alcune riviste lo esigevano.

Passando al 6×4,5 o al 6×7 la sensazione di “qualità” cambia radicalmente, difficile paragonare un formato inferiore di ripresa a uno maggiore, se si arriva al grande formato su lastra si possono toccare vette di iper-realismo e nello stesso tempo di astrazione.

Tutto è relativo in fotografia, la “qualità” non è l’unico parametro valido ed è per giunta opinabile.

In formati maggiori, fotografando su cavalletto anche il contenuto della inquadratura varia, la foto viene “pensata” in modo assai diverso.

Il che non vuol dire che una foto scattata su lastra sia più “significativa”, più “importante” di un’istantanea.

 

© Giorgio Rossi. Ultima fermata all’idroscalo

 

Quindi, per esempio, iniziai il progetto “Ultima fermata all’idroscalo”, con la Pentax SPF, erano i miei primi rullini.

Lo terminai circa 12 anni dopo scattando il capitolo finale con una Mamiya 645, volevo uno stacco percepibile “qualitativamente”.

 

© Giorgio Rossi. Ultima fermata all’idroscalo

 

Un libro “Latina città senza mura”, tutto in formato 6×4,5.

Gli intenti variano un poco da soggetto a soggetto e parimenti cambia la gamma tonale degli scatti riprodotti nel libro.

 

 

Mostra “Trenta anni Trenta” scatti originali su Mamiya, in existing light B/N Tri-x, scatti per Casa Vogue in 4×5’, una luce continua aggiunta, diacolor, le inquadrature rimangono quasi identiche, con l’aggiunta di mobili voluta dalla committenza.

 

 

Il cliente è uno studioso di storia dell’arte, vuole per una sua pubblicazione una buona immagine della cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva, affreschi di Filippino Lippi? La riproduco al massimo delle mie possibilità/capacità di fotografo. Super Angulon 90mm f.8, nel vetro smerigliato della Linhof Technika Master 4×5 è quasi notte.

Il risultato può essere una bella foto, ed anche buona, funzionale al motivo per il quale era stata commissionata. Sì ma cosa dice quella foto? Nulla di particolare, è auto-evidente. Rispetta i desideri del committente, tutto qui.

Non mi sono mai addentrato più di tanto nella tecnica, mai letto un libro di sensitometria. Sin dagli inizi ho voluto fotografare in background, rendermi quasi invisibile, mettere in primo l’inquadratura, non mi è mai interessato cercare di stupire con effetti speciali. È andata bene così.

 

© Giorgio Rossi. Cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva. Filippino Lippi. Linhof 4×5

 

Se ripercorriamo la storia dell’arte, vediamo che ogni movimento artistico per affermarsi espresse le sue ragioni d’essere in modo anche assai violento contro ogni altro movimento, tipico esempio è il Manifesto Futurista.

Se guardiamo alla storia della fotografia italiana, due famosi gruppi, “La Bussola” capitanato da Giuseppe Cavalli, e “La Gondola” condotto da Paolo Monti, furono acerrimi rivali.

La concezione di quello che doveva essere la fotografia tra i due gruppi era agli antipodi. Mario Giacomelli per riuscire ad affermare il suo modo di intendere la fotografia, pur essendo discepolo e pupillo del Cavalli, si dovette distanziare totalmente dai suoi insegnamenti. Come ho scrissi altrove.

Ansel Adams si scagliò ferocemente contro il pittorialismo fotografico. Soggettivamente, dal suo punto di vista aveva ragione, obiettivamente aveva torto. Oggi la fotografia sta vivendo uno strano periodo, pieno contraddizioni ed opposti estremismi, del resto rispecchiano le contraddizioni del mondo odierno in generale. Esiste ancora il giusto e lo sbagliato? Soggettivamente sì, obiettivamente no. Anni or sono la discriminante poteva essere il mondo del lavoro, il campare vendendo fotografie.

Oggi è diventato assai difficile, non esiste quasi più un vero e buon mercato fatto di fotografie commissionate. Dal lato opposto, specialmente in Italia, non esiste nemmeno un mercato di arte fotografica. Forse per conseguenza anche il limite tra fotografo professionista e dilettante, o fotoamatore evoluto, è diventato labile. FB e i social diventano lo sfogatoio degli opposti estremismi. Solo la fotografia analogica è vera fotografia! (Però per condividere sui social devono passare nello scanner i loro negativi o fotografare con lo smartphone le proprie stampe). Solo quella stampata è vera fotografia! Eh no, con gli smartphone non si fa fotografia! La vera “previsualizzazione” si ottiene solo con il Sistema Zonale. Se uno si azzarda a dire qualcosa di diverso viene assalito da un branco di lupi.

Boh, per conto mio oggi scatto quasi sempre in digitale, la rapidità del digitale mi attrae, il mio passato analogico credo si colga anche nei miei scatti digitali. Il mio approccio nel passare degli anni è rimasto quasi identico. Rifiuto categoricamente che una fotografia digitale sia più superficiale, meno pensata di una analogica. Tutto sommato in genere le mie immagini non dispiacciono, insomma mi sta bene così.

Scendere in profondità nella fotografia analogica è come scendere nei gironi dell’inferno, la strada per una “buona” fotografia si complica ulteriormente.

In camera oscura con la carta multigrade meglio esporre “split”, con filtro 00 e filtro 5 o tanto vale usare direttamente filtro 2,5?

Ci sono anche qui diverse scuola di pensiero, la Ilford consiglia l’esposizione split con due filtri, uno morbisissimo grad.00, per registrare su carta le altissime luci e uno grad 5 per esaltare la profondità e lucentezza delle ombre. C’è invece chi propende per usare un filtro medio e ottenere i toni voluti mascherando o bruciando a mano.

Come detto certi estremismi servono ad affermare la propria esistenza, magari identificandosi con una linea di pensiero per non sentirsi soli al mondo o addirittura per sentirsi profeti di un nuovo mondo. Se si cade nell’eccesso si cade sicuramente nel torto più assoluto, si diventa ottusi e settari, e non c’è di peggio di una fotografia ottusa. La fotografia evolve, come tutto nel mondo, e voi ci siete dentro, partecipate attivamente a questa evoluzione.

Se vi sentite persi leggendo tante e tali diatribe, rilassatevi, abbiate fiducia e andate testardamente avanti, salite le scale senza fretta, l’ascensore è fuori servizio. Il 99% dei fotografi famosi si è concentrato nel contenuto delle loro fotografie, non in diatribe tecniche.

Citando Francessco Guccini:

“Chi glielo dice a chi è giovane adesso di quante volte si possa sbagliare, fino al disgusto di ricominciare perché ogni volta è poi sempre lo stesso.

Eppure il mondo continua e va avanti con noi o senza e ogni cosa si crea

su ciò che muore e ogni nuova idea su vecchie idee e ogni gioia sui pianti”

 

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

Jeanloup Sieff

 

 

One Comment

  1. Vittorio Righini Reply

    Grande Giorgio Rossi ! concordo su tutto, e Sieff usava solo un 21mm e faceva ogni genere, dal nudo al paesaggio. Ma se scriviamo che il resto son tutte balle, finisce la storia quindi mi taccio ! buon fine settimana, Vittorio Righini

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