Recentemente è deceduto Silvano Bonaguri, artista, fotografo. Lo avevo conosciuto due anni fa al Semplicemente Fotografare Live di Novafeltria.
Ci aveva messi in contatto Giulio Limongelli. Lia Alessandrini, creatrice ed organizzatrice del Live, aveva fortemente voluto una sua esposizione per l’edizione 2017, anche perché il Live ha sempre voluto essere una sorte di ponte tra la fotografia analogia, chimica, e l’odierna fotografia digitale.
Sono state quindi in esposizione delle splendide callitipie e dei dagherrotipi mostrati in una particolare scatola di legno che permetteva di esaltare al massimo l’estensione tonale in positivo o in negativo accendendo o spegnendo la luce interna.
Parlare di fotografia creativa, “artistica” oggi come oggi è difficile, forse sopratutto in Italia. “La struttura del mercato dell’arte contemporanea, basata sul sistema delle gallerie private, nasce in Francia negli ultimi decenni dell’Ottocento in opposizione alla chiusura e alla rigidità dell’organizzazione ufficiale delle arti plastiche dominata “Académie des beaux-arts”
John Szarkowski, direttore per 30 anni, a partire dal 1962 della sezione fotografica del MoMa di New-york è stato il primo a riconoscere la fotografia come pratica artistica autonoma.
A tutt’oggi in Italia, se riesce ad essere considerata arte, raramente diventa oggetto di collezione e di mercato, se non per fotografi storicamente molto famosi.
Eppure la fotografia ormai da vari anni è diventata un interessante fenomeno di massa.
Si organizzano mostre ovunque , praticamente ogni buona massaia sa chi è stata Vivian Maier, ne conosce a menadito la storia.
La rivista Marie Claire la annovera tra gli 8 più importanti fotografi di street.
Tuttavia parlare di fotografia come arte, contemporanea, è difficile, raramente un critico si vuole sbilanciare, meno che mai in Italia. In verità la critica fotografica forse esiste, ci sono giovani critici interessanti.
Ma è come se non ci fosse un vero collegamento tra critica e cultura di massa o almeno midcult, una sana via di mezzo.
In Italia abbiamo avuto importantissimi critici, come Ando Gilardi, Lanfranco Colombo, Italo Zannier, e Arturo Carlo Quintavalle
Senza Quintavalle forse non ci sarebbe stato “Viaggio in Italia”.
Una figura di critico e più che mai di storico della fotografia attualmente importante è indubbiamente Gabriele Chiesa.
Si può forse pensare che la figura del critico sia parassitaria, una sorta di tramite tra artista e spettatori dell’arte, capace di trarre un personale vantaggio dalla promozione di un artista piuttosto di un altro, indipendentemente da un effettivo valore dell’artista che può anche essere creato ad hoc. Ma un buon critico deve saper vedere lontano, avere onestà intellettuale, competenza, autorevolezza, per promuovere nuovi artisti ed evoluzione in ambito fotografico.
Allo stato attuale delle cose, con la fotografia di reportage, documentazione, anche moda, immerse in una crisi derivante dall’attuale crisi dell’editoria, dalla mancanza di adeguato riscontro economico del proprio lavoro, la fotografia come arte dovrebbe o forse quanto meno potrebbe avere un effetto trainante nell’evoluzione di altri generi fotografici, se fosse adeguatamente promossa, cosa che per lo più non accade.
Succede così che l’interessantissima opera di Silvano Bonaguri sia per lo più sconosciuta non solo al grande pubblico ma spesso anche tra fotografi molto acculturati e “addetti ai lavori”, se non nella natia Forlì, a Cesena e in Emilia Romagna. Se mi mettessi a dire di quanto ha dato l’Emilia Romagna tra motori, musica, fotografia e altre arti finirei dopodomani, perché transeat.
Bonaguri da autodidatta fu studioso della storia della fotografia, sia come tecnica a partire dalle più antiche, sia approfondendo l’opera di altri fotografi. Tra le sue tecniche d’elezione è stata indubbiamente il dagherrotipo quella che ha più amato.
Tale tecnica, salvo rare eccezioni, è stata spesso impiegata per generi di fotografia classici, come paesaggio o ritratto, anche se è doveroso dirlo alcuni fotografi come Dennis Ziliotto fanno ritratti assai particolari. Nelle fotografie di Bonaguri il soggetto è il dagherrotipo stesso, col suo fascino alchemico.
L’artista ripercorre la storia e l’evoluzione della fotografia analogica, anche come strumenti (indagando per esempio la camera Wolcott che attraverso il riflesso di una lente convessa permetteva di ottenere piccoli dagherrotipi) , dalle origini, mettendola in dialogo con se stessa, contaminando varie tecniche, inventandone, sempre in ambito alchemico. In bilico tra storia, leggende, magia e chimica.
Una fotografia concettuale, da artista puro che ama la Fotografia in modo viscerale, totale, e quello che fa lo fa non tanto o non solo per se stesso, ma per la Fotografia. In un suo libro “I MIEI PADRI” compie un excursus nell’archeologia fotografica.
È opportuno tenere sempre a mente che Bonaguri non è solo un abile tecnico, il suo percorso artistico si muove nell’immaginario, nell’ambiguità della fotografia.
Così non chiediamoci troppo se certe sue fotografie o certe serie siano tecnicamente possibili, aderenti al vero, ma lasciamoci trasportare dalla sua fantasia.
Dedica per esempio un suo autoritratto in dagherrotipo a Charles François Tiphaigne de La Roche (1722 – 1774).
Nella sua fantasiosa opera “Giphantie” l’autore preconizza in maniera sbalorditiva l’invenzione della fotografia, mostrando in tal modo quanto quell’invenzione fosse attesa e in gestazione già molto tempo prima di essere effettivamente inventata.
Interpreta in seguito l’invenzione della fotografia in “Sogno rivelatore di Daguerre” accostando gli strumenti usati da Daguerre al ritratto distorto dell’inventore della fotografia, riflesso in una sfera di cristallo, insieme ad altri strumenti che usava, simboleggiati al centro dal un termometro che allude al mercurio, l’elemento chimico indispensabile per realizzare mediante i vapori un dagherrotipo.
Un altro lavoro è dedicato a Hippolyte Bayard, “inventore del procedimento noto come “stampa positiva diretta”. François Arago, personaggio potente destinato ad una rapida ascesa politica, capo dell’opposizione repubblicana, convinse Bayard a posticipare la sua scoperta, favorendo Daguerre.
Resosi conto del raggiro, Bayard reagì con ironia realizzando un autoritratto nella postura di un annegato, cioè fingendosi morto, il 18 ottobre 1840, prima messa in scena fotografica della storia, con allegata la seguente didascalia:
Questo che vedete è il cadavere di M. Bayard, inventore del procedimento che avete appena conosciuto….”
Bonaguri re-interpreta quella immagine.
Una sua interessante installazione è dedicata a sir John Frederick William Herschell, scopritore del fissaggio e inventore di processi fotografici di stampa. “Date un contributo alla cancellazione di questa immagine”.
Una vecchia lampada da tavolo con abat-jour accesa, sotto la lampada una scatola chiusa.
Dentro c’è una stampa di quella lampada realizzata alla carta salata, ma non fissata.
Ogni volta che si apre la scatola la stampa prende luce e quindi annerisce.
La luce scrive, la luce cancella.
Bonaguri continua citando nelle sue opere altri artisti, come per esempio, Man Ray nei rayiogrammi.
È anche a ben vedere una sorta di monito, Silvano è affascinato dal surrealismo. Il contenuto iconico dei suoi lavori è un labirintico viaggio tra realtà e immaginazione, in bilico tra storia, miti e leggende. Gli specchi, i riflessi, le sfere perfettamente riflettenti, il doppio, sono archetipi fotografici e temi ricorrenti nelle sue opere.
Micro-macro è una serie di sette scatti che parte da un autoritratto in dagherrotipo. Ingrandito sempre più, sino a vedere l’obiettivo della fotocamera a lastre con l’otturatore aperto. L’ingrandimento prosegue, in successive immagini si entra dentro l’obiettivo, si vede il supporto, i vapori di mercurio, infinitesimali goccioline di mercurio che riflettono specularmente il suo ritratto, moltiplicandolo all’infinito.
Nell’immagine finale si vede solo una sfera di mercurio, con riflesso nitidamente l’autore. Si tratta ovviamente di un viaggio fantastico, una ennesima magia dalla quale ci piace farci catturare.
Comprendendo lo spirito delle opere di Bonaguri si può praticarne l’approccio con qualsiasi tecnica, può dunque essere uno stimolo per le nostre opere fotografiche.
Purtroppo le foto in questo articolo sono di pessima qualità in quanto prese da libri e non dagli originali, me ne scuso.
Gabriele Chiesa ha dedicato a Silvano Bonaguri interessanti video-interviste realizzate al Semplicemente Fotografare Live e si sta attivando per conservarne le opere.
Silvano Bonaguri illustra la sequenza “Dedicato a Tiphaigne de La Roche” Video 1/5.
Silvano Bonaguri illustra la sequenza “Dedicato a Tiphaigne de La Roche” Video 2/5.
Silvano Bonaguri illustra la sequenza “Dedicato a Tiphaigne de La Roche” Video 3/5.
Silvano Bonaguri illustra la sequenza “Dedicato a Tiphaigne de La Roche” Video 4/5.
Silvano Bonaguri illustra la sequenza “Dedicato a Tiphaigne de La Roche” Video 5/5.
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