Flash, il nome è una onomatopea, deriva dal suono prodotto da polvere di magnesio e altro, prodotto mentre si accendono durante lo scatto. Se volete aver la formula chimica per produrre “flashate” cercatela nel web, non voglio avervi sulla coscienza istigandovi a giocare al piccolo chimico.

L’argomento flash richiederebbe una lunga trattazione tecnica, non è questo il luogo adatto, non siamo a scuola. Tuttavia penso possa essere utile parlarne, salvo rare e interessanti eccezioni mi pare che oggi sia un accessorio un poco sottovalutato per diversi motivi, in parte per pregiudizio in parte per poca conoscenza tecnica. Iniziamo da un brevissimo excursus storico. Qualche nota giusto per affilare i denti, ed entrare nell’argomento la potete trovare qui.

 

 

Già dagli arbori della fotografia si intuì che una invenzione del genere, la luce del sole dove si è quasi al buio sarebbe stata assai desiderabile. Si iniziò ad usarlo in modo assai primordiale, già agli inizi dell’800 per ritratti in interni. l’illuminatore a magnesio “vivo”, produceva una forte vampata e fumi sgradevoli di ossido di magnesio. Molti fotografi sono morti durante la preparazione o lo scatto (anzi…sparo) e molti altri hanno subito ustioni molto gravi.

Dalla seconda metà del 1800 in poi sono stati studiati “pratici” accessori e in seguito una soluzione comoda, una lampada “chiusa” per trattenere i residui della combustione e non appestare l’aria. Il 14 giugno 1900, Erwin Quedenfeldt brevettò la prima vera lampada flash: in una lampada elettrica il filamento era ricoperto di magnesio, il passaggio di elettricità nel filamento causava l’accensione del magnesio e di conseguenza il lampo, la famosa flashata!

 

 

Tra le prime lampade flash a essere diffusa industrialmente fu la Sashalite della General Electric Company negli Stati Uniti.

Il bulbo del flash era una lampada riempita di ossigeno in cui un foglio di alluminio veniva bruciato, l’accensione era portata a termine da una batteria. La luce del bulbo, era potente ma abbastanza morbida e diffusa, meno pericolosa per gli occhi della polvere flash.

In pratica era nata la possibilità di utilizzare il flash in luoghi in cui l’uso della polvere flash era pericoloso. Le prime foto che utilizzavano le lampade flash “Sashalite” furono pubblicate da The Morning Post.

A quei tempi le pellicole avevano una scarsa sensibilità, in pratica di notte era impossibile scattare, ma si sa che i reporter d’assalto sono come i topi, escono di notte. Forse fu anche grazie al flash che Weegee divenne Weegee.

 

Ascher Fellig in arte Weegee

 

Ogni scatto era irripetibile: click, flash e la lampadina era bruciata, doveva essere sostituita. Weegee aveva il portabagagli dell’auto pieno di lampadine flash di ricambio. Al di là della cronaca nera vi furono fotografi veri artisti nell’uso del flash, come Ogle Winston Link, del quale ho parlato in passato.

In molte fotocamere analogiche ci sono prese flash diverse, X e M. Nella presa per connettere il flash a un obiettivo intercambiabile a otturatore centrale, per grande formato o 6x6cm c’è una levetta di selezione. può essere impostata su X per i normali flash elettronici, oppure su M che sta per Magnesio. La faccenda è un poco complicata.

In pratica la presa M apre l’otturatore 19 millisecondi dopo il corto circuito che innesca l’accensione del bulbo flash, perché le lampade hanno un ritardo del picco massimo di luce emessa di circa 20 millisecondi. Quindi non vi meravigliate se il vostro flash elettronico, impostando su M non ha illuminato bene la scena, è partito in anticipo, quando l’otturatore non era ancora aperto.

Di tipi di sincronizzazione flash ce ne sono stati diversi nel corso degli anni, alcuni sono desueti, ma per complicarci la vita nuovi tipi di sincronizzazione sono stati inventati. Usando analogiche col flash elettronico state attenti a sincronizzarlo su X, specie in fotocamere medio formato a otturatore centrale come per esempio la Mamiya RB67 o le Hasselblad 500C e C/M sugli obiettivi c’è la levetta X-M e può essere accidentalmente spostata. Il viceversa, cioè usare flash bulbs sincronizzando in X raramente può capitare, dato che appunto raramente si trovano in commercio, bisogna cercarsele col lanternino ma si trovano.

Alcuni fotografi affermano che la luce dei bulbi specie in fotografia a colori sia più piacevole, poi diciamocelo, se volete fare i vintage sarebbe una occasione da non perdere. Però tra fotografi di vintage età, chi non ricorda i cuboflash sulle instamatic?

OK arriviamo al moderno, passiamo al flash elettronico, tuttavia se vi va potete approfondire l’evoluzione storica di questo accessorio/necessorio.

 

Harold Edgerton

 

Nel 1931 Harold Edgerton, (6 Aprile, 1903 – 4 Gennaio, 1990) professore di ingegneria elettrica, produsse il primo tubo elettronico per il flash. Tra i vantaggi rispetto alle lampadine flash era che l’intensità del flash elettronico poteva essere controllata e regolata. Anche nella durata. Il flash elettronico inoltre funziona a corrente elettrica o a batterie, quindi è pratico da ricaricare.

Edgerton non fu solo un eccellente tecnico, fu anche un fantasioso fotografo. Al di là dell’aspetto estetico a volte strepitoso i suoi di flash ultrarapidi, sino a 1/1.000.000 di secondo o stroboscopici furono utili anche scientificamente, permettendo di analizzare il movimento, di soggetti inanimati o animati, nel suo divenire. Cosa accade se una goccia di latte cade in un bicchiere? Meraviglia!

 

 

Se diamo un occhiata alla storia dell’arte, capiamo dal “nudo che scende le scale”, 1912, che anche Duchamp era interessato al movimento, come tipicamente lo furono cubisti e futuristi. Studiare il movimento fu possibile grazie a Edgerton intorno al 1932, 20 anni dopo.

Qui si può approfondire un poco la tecnologia e le unità di misura che caratterizzano un flash elettronico quanto a durata e potenza di emissione.

Non sintetizzo, prima di immergervi nella lettura prendetevi una pasticchina di fosforo, aiuta la concentrazione e risveglia le celluline grigie.

Le lampade flash avevano una potenza fissa, l’esposizione si doveva calcolarla a partire dal Numero Guida in relazione alla sensibilità della pellicola, al tempo di scatto e alla distanza del soggetto ripreso. In pratica avvicinando o allontanando il flash dal soggetto ripreso o adottando più lampade flash contemporaneamente. Con i flash elettronici fu possibile variare entro limiti la potenza di emissione del flash, tuttavia rimanevano manuali, qualche calcolo si doveva farlo. I flash automatici “dispongono di fotocellula che, puntata sul soggetto, legge l’esposizione e interrompe il flusso luminoso quando viene raggiunta la corretta esposizione.” Successivamente vennero introdotti flash TTL, nel su citato pdf a pagina 15 è spiegato come funzionano. Importante sottolineare che se usate un flash TTL deve avere i contatti idonei alla slitta flash della vostra fotocamera e che non tutte le fotocamere dispongono di circuiti per il funzionamento flash TTL. Per inciso TTL significa Through The Lens, attraverso la lente. Indica una misurazione della esposizione effettuata attraverso l’obiettivo da un qualche circuito interno alla fotocamera. È certamente più pratico usare flash TTL, ma anche normali flash automatici possono essere usati con successo in quasi tutte le attuali fotocamere.

 

 

 

Quindi potete tirare fuori dal cassetto il Metz 45 CT 1-5 e provare a usarlo con la vostra digitale, ricordandovi che se non funziona probabilmente avrà le batterie scariche. I flash da studio a suo tempo erano manuali, più flash potevano essere sincronizzati per emettere luce contemporaneamente, scattando in “simpatia” grazie a fotocellule esterne. Esisteva un esposimetro flash che in quell’era analogica veniva fantasiosamente chiamato “flash meter”. Costava una barchetta di soldi ma era indispensabile dato che il risultato di una esposizione si poteva verificare solo dopo aver sviluppato la pellicola. Attualmente il flash meter non è più indispensabile, basta fare qualche gratuito scatto di prova. Inoltre gli attuali flash portatili, oltre a essere potenti hanno anche una miriade di automatismi che a seconda dei casi vi faciliteranno o vi complicheranno la vita. Soluzione? Leggere attentamente il libretto di istruzioni del flash e sopratutto cercare di capire quello che c’è scritto e magari andare a ritrovare il libretto istruzioni della vostra fotocamera, e leggere quello che c’è scritto a proposito del uso col flash.

La potenza del flash viene di solito indicata dal GN o NG in italiano, il Numero Guida. Tale numero esprime la potenza tipica del flash. Sul Numero Guida lucrarono spesso in passato piccoli produttori di flash, spacciando per potenti flash che avevano una potenza scarsa. Bastava prendere per riferimento standard i feet invece dei metri e 200 o 400ISO invece dei normali 100ISO. In pratica per esempio NG 45 vuol dire che impostando la sensibilità a ISO 100, scattando a 1 metro di distanza dovrete impostare diaframma 45. Ecco ora vi chiederete come impostare sul vostro obiettivo f.45. Tranquilli, di solito non si spara una flashata negli occhi di una persona da 1 metro di distanza. Di solito, specie nei flash di una volta, c’è una tabellina e un qualche cursore che vi spiega un poco la faccenda, ammesso che abbiate letto il libretto di istruzioni.

Esempio pratico, flash Metz 45, ghiera girevole sulla parabola, si imposta iso 100. La ghiera rotante vi indica in tabella che per una distanza del soggetto ripreso di 4 metri dovrete impostare f. 8. se impostate f. 4 il soggetto potrà essere a una distanza di 8 metri. In pratica per ogni raddoppio della distanza del soggetto ripreso dovete aprire di circa 2 diaframmi. Se impostate il flash in uso manuale va OK così, se lo usate in automatico la flashata si interromperà quando la fotocellula del flash avrà deciso che il soggetto è stato illuminato a dovere. A conferma di ciò sul retro del flash un led vi segnalerà che l’esposizione è corretta, se non si accende vuol dire che dovete aprire di più il diaframma. Insomma la faccenda del NG è importantissima e va compresa a fondo. È spiegato per benino qui.

Importante sarebbe anche qualche nozione di fisica: La “Legge dell’Inverso del Quadrato della Distanza” dice che «l’intensità della luce irradiata da una fonte luminosa puntiforme è inversamente proporzionale al quadrato della distanza dalla sorgente luminosa stessa».

OK, ora se vi guardate allo specchio vedrete una nuvoletta di fumo alzarsi sopra i vostri capelli. Però dai non drammatizziamo: “fortunatamente c’è un semplice trucco mnemonico per ricordarsi come si comporta un flash. È sufficiente pensare che la luce emessa dal flash si comporta come la profondità di campo di un obiettivo: anche la luce ha una sua “profondità” e assume un comportamento paragonabile a quello della scala dei diaframmi!” Come detto nei flash attuali tutti questi calcoli li fa il flash, quindi tranquilli. Ah no, perché c’è un altro parametro da tenere in considerazione se si vuole davvero iniziare a giocare col flash. La sensibilità ISO impostata.

Eh sì perché se su uno stesso flash impostate ISO 100 vi dice che dovete aprire a f. 8 per un soggetto a 4 metri di distanza… Però se impostate ISO 200 sempre a f.8 il soggetto potrà essere a 6,30 m circa di distanza. A ISO 400, f.8 il soggetto potrà essere a 8 metri di distanza. Se quadruplicate l’impostazione ISO, passando da ISO 100 a ISO 400 la distanza di ripresa per una corretta illuminazione si duplica. In pratica è come se la potenza del flash aumentasse. Magia!

 

 

 

Beh ai tempi dell’analogico non era poi così rilevante, si tendeva a scattare con pellicole a bassi ISO per non perdere in qualità. Ma con le digitali tutto è cambiato. Potenza del digitale. Oggi a 1600ISO si ottengono buoni risultati e con le migliori digitali il risultato rimane più che discreto, a volte anche buono a 3200 ISO. Conseguenza? In flashettino puzzetta incorporato nella vostra fotocamera a 3200 ISO diventa assai più potente arriva ad illuminare ambienti di dimensioni medio-grandi.

Oppure, se è orientabile, potete dirigerne la luce verso il soffitto o verso una parete laterale, avrete una illuminazione diffusa e ombre morbide. Tutte queste cosucce il fotoamatore medio spesso non le conosce. Quindi non sa come usarle a suo favore. Forse per questo ad esempio nella Fuji X-E1 e X-E2 c’era un piccolo flash incorporato e abitualmente nascosto, numero guida 7 per 200IS0, mentre nella Fuji X-E3 tale flash è stato eliminato. Tanto pochissimi sanno come usarlo. “Continuiamo così, facciamoci del male” diceva Moretti in “Bianca”, a proposito della Sacher.

Tuttavia ogni fotocamera digitale decente ha una slitta per connettere flash esterni.

Però non è finita qui, c’è altro con cui giocare , sperimentare e divertirsi. Entra in scena l’ X-factor, che in fotografia è il tempo di sincronizzazione del flash. Nelle fotocamere con obiettivi a otturatore centrale il flash può essere sincronizzato con tutti i tempi dell’obiettivo. Nelle fotocamere a tendina il tempo di sincronizzazione massimo dipende dall’otturatore della fotocamera. In quelle a tendina verticale vintage il massimo tempo era 1/60, nelle fotocamere con otturatore Copal square orizzontale arrivò a 1/250 sec.

Nelle digitali il tempo di sincronizzazione massimo può variare di fotocamera in fotocamera, per esempio per la Fuji xe2 è di 1/180 di secondo, il che non vuol dire che non si possa impostare un tempo più lungo. È qui che si entra nel favoloso mondo della Slow Sync. La sincronizzazione per tempi di esposizione lunghi.

 

Flash in Slow Sync

 

Per esempio un ritratto a un soggetto che ha alle spalle un bel tramonto. In slow sync impostate l’esposizione, anche in automatico, per il tramonto. Sarà un tempo lungo , mettiamo 1/15s. Ma il flash illuminerà in modo corretto il soggetto in primo piano. Salvate capra e cavoli. Se il colpo di flash vi sembra troppo forte potete regolarne la potenza o magari schermarlo un poco con un pezzetto di scottex.

Teniamo presente che le attuali digitali sono stabilizzate, si può scattare a mano libera anche a 1/8s. Quindi si può giocherellare tra impostazione ISO, esposimetrazione della fotocamera, slow sync e potenza emessa dal flash. Attenzione perché spesso in articoli sullo slow sync si descrive male la differenza tra slow sync normale (scatto del flash all’apertura della prima tendina) e rear sync, dove il flash parte una frazione di tempo prima della chiusura della seconda tendina. In questo video tutorial è descritto in modo corretto e inoltre insegna a evitare gli occhi rossi in foto col flash.

Va bene, l’ho già capito, ora mi direte che non avete bisogno di fotografare in rear sync perché non scattate foto di corse automobilistiche di notte e che non userete nemmeno lo slow sync perché non avete soggette da portare in spiaggia al tramonto. Però ci possono essere mille diversi modi di utilizzare lo slow sync. Esempio, una sala da pranzo illuminata da un lampadario di Murano. Se esposimetrate normalmente, sarete in bilico con l’esposizione. Se il tempo impostato è un poco lungo l’ambiente sarà esposto correttamente ma le luci del lampadario verranno vistosamente bruciate. Se esponete per le luci del lampadario l’ambiente sarà sottoesposto. Se usate il flash in slow sync esponete per le alte luci, che verranno esposte correttamente e il flash schiarirà l’ambiente. Giocherellando alzando gli ISO potete anche dirigere il flash alle vostre spalle, su una parete laterale, o sul soffitto.

Si tratta di equilibri sottili che vanno trovati provando ma permettono scatti in altro modo non realizzabili. Il campo di sperimentazione è vastissimo, non è affatto detto che si desideri esente dal mosso l’ambiente o un soggetto che si muove nell’ambiente. Spesso si parla male del flash, dicendo che provoca una illuminazione dura e innaturale, è un pregiudizio da sfatare. Spesso giudichiamo male quello che non conosciamo o giudichiamo inutile quello che non sappiamo utilizzare. Va da sé che il piccolo flash incorporato o in dotazione con la fotocamera può essere un poco limitante, tuttavia servirà per iniziare a sperimentare. Attualmente si trovano in commercio flash esterni compatibili con qualsiasi fotocamera. In genere sono più economici di quelli prodotti dalle case madri delle fotocamere ma funzionano ottimamente e sono non di rado più potenti a parità di prezzo. Dopotutto da sempre ci sono stata case specializzate nella produzione di flash. Tanto per dire attualmente un flash versatile con GN60 costa intorno ai 60€, ai tempi dell’analogico un flash Metz GN 45, meno versatile costava tre volte tanto. Se fotografare vuol dire scrivere con la luce, avere un flash e saperlo usare significa avere una penna sempre a portata di mano. Fanalino di coda. Attenzione ai riflessi, mai “sparare” il flash diretto su una superficie riflettente, meglio tenerlo collegato con un cavetto, non direttamente sulla slitta flash della fotocamera e meglio angolare la posizione del flash rispetto ad una superficie perpendicolare.

 

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

 

 

 

 

 

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