Esistono due possibili sguardi opposti, complementari, nel praticare la fotografia.

Si può propendere per creare ex novo davanti all’obiettivo il soggetto, l’ambientazione, che si riprenderà. Si può invece scattare una fotografia a quello che ci colpisce e sta lì per essere fotografato. Questo vale praticamente per ogni genere di fotografia o quasi.

Possiamo fotografare un bicchiere disponendolo su un limbo con luci opportune o possiamo riprenderlo così di mattina, nell’esatto posto dove lo abbiamo lasciato la sera prima. Entrambi i modi possono portare a risultati validi.

Tuttavia uno still life costruito si riconosce subito, mentre a volte è difficile distinguere se una documentazione o un reportage sono una messa in scena costruita o sono una realtà ripresa in modo più meno obiettivo. Entra allora in campo un’etica e la credibilità dell’autore. Non è detto che una situazione costruita sia totalmente lontana dalla realtà oggettiva, tuttavia sarebbe meglio non spacciare per vero quello che non è.

 

© Robert Capa

 

Varie volte in famose opere fotografiche quello che sembrava reale o casuale poi si è rivelato falso. Alcune volte è sorto il dubbio, come nella famosa foto del miliziano morente di R. Capa.

Altre volte, come nel famoso “bacio” di R. Doisneau, la verità è emersa dopo molti anni, anche se nulla toglie che rimanga una fotografia stupenda. Non di rado l’immagine può venire falsata dalla didascalia, che porta ad interpretare in modo voluto dall’autore quello che in realtà non risulta affatto esserci nell’inquadratura.

 

© Robert Doisneau

 

Tipico caso possono essere molte foto di gossip, scattate col teleobiettivo in cui per schiacciamento dei piani sembra che una celebre attricetta sia vicinissima a un famoso calciatore che sta tradendo la moglie. Insomma sono non di rado foto nate per destare scandalo, destare interpretazioni “pruriginose” o stupire per l’aspetto sensazionale, come se tutto dovesse essere eccesso, spesso anche estetico, foto fatte per fare esclamare “wow!”

La foto in realtà sta tutta lì, nell’inquadratura.
Non mente, non dice la verità, semplicemente è.

Un caso emblematico a proposito fu quello di Roger Walker

 

© Bruno Vidoni

 

Un reportage di guerra in Irlanda, in realtà una beffa ordita da Bruno Vidoni e Ando Gilardi, direttore di Photo13, ai danni di Lanfranco Colombo, direttore di “Il Diaframma”. Le foto in realtà erano state scattate alla Bovisa. C’erano indizi. Quante Fiat 600 potevano esserci a Belfast? Le immagini erano state riprese con un 21mm, doveva essere ad una spanna dalle canne d’artiglieria il fotografo! Eppure l’esperto Lanfranco Colombo ci cascò. Per dire che non è facile, che tutti si possono lasciare trarre in inganno da un testo menzognero.

 

© Bruno Vidoni

 

 

Ho parlato a lungo di etica nella fotografia con Angelo Cirrincione. Pur avendo iniziato tardi a fotografare, in pochi anni ha scoperto ed apprezzato molti modelli estetici che hanno fatto la storia della fotografia. Il suo modo di fotografare deriva dall’assimilazione del lavoro di tanti grandissimi artisti ed artigiani del negativo, il fotografo nasce come artigiano e non come egocentrico attore pieno di cliché che è diventato oggi.

“Quello che cerco di fare – mi dice – è di non lasciarmi fregare dal caso quando, anche a distanza di diversi metri, sta componendo una scena mescolando eventi in una maniera unica ed ovviamente irripetibile. Come è possibile lasciarsi scappare queste occasioni? Com’è possibile non provare ad anticiparlo solo per il gusto di catturare questa invisibile regia che alcuni vedono ed altri no? Perché la gente preferisce mettere in scena una fotografia anziché poter lamentare un “mannaggiaaaaa mi è scappata”?

Giocare ad intercettare queste combinazioni avendo solo in mano tempi e diaframmi è una tentazione troppo grande e troppo divertente.

Spesso penso che sono io che magari sono rimasto un passo indietro, che magari questa mutazione artistico/culturale ed estetica è giusta per i nostri tempi, mi limito a cercar di fare fotografia che mi fa viaggiare nel tempo, che mi fa tornare indietro, ovviamente quando ci riesco.

Il più delle volte mi concentro sul mio territorio, la Sicilia, che ancora oggi regala scoperte incredibili.

L’ultimo mio lavoro “ the masked ball” pubblicato recentemente da LFI International mostra proprio questa ricerca e la casualità nella scoperta che ti regala la sorpresa. Quando entri in punta di piedi in una situazione così intima cerchi di avere il peso di un piccolo insetto volante, per non alterare questo magnifico ordine e disordine che viene da quell’invisibile regista che è il “caso” come diceva Willy Ronis.

è una tentazione alla quale non so rinunciare.”
Il consiglio di Cirrincione a tutti coloro che si avvicinano alla fotografia è di non usare facebook o Instagram o altri social come punto di partenza per studiare la fotografia ma di comprare libri degli storici autori e studiarli.
Lo spostamento del punto di partenza di apprendimento dai libri ai social sta creando troppa confusione nei fotografi portandoli a volte a perdere le loro individualità in favore del numero di like.

In contro tendenza con tutto ciò recentemente insieme a altri amici e colleghi ha lanciato un progetto, “Fotofoglio” per contrastare la filosofia della foto online tramite la foto stampata su carta povera. Se una foto ha qualcosa da dire la dice che sia stampata su carta baritata o su carta comune, da qui l’idea di un foglio grande piegato più volte che nasconde nelle sue pieghe l’impaginazione di otto fotografie. Carta uso mano, stampa tipografica, effetto foglio di giornale aspetto molto vintage.

 

The masked ball

Questo recentissimo lavoro di Cirrincione è arrivato per caso, parlando con un venditore ambulante. Fu lui a dirgli che a casa sua, nel suo piccolo paese, era ricominciata a vivere un’antichissima tradizione.

Un ballo in maschera, dove solo le donne si mascherano e scelgono i loro cavalieri per il ballo, uomini che non sono mascherati. Il mistero rimane solo per il volto della donna. Un evento che appartiene alla tradizione carnevalesca siciliana e accade cosi solo in questo posto.

 

© Angelo Cirrincione

 

Non si conoscono le origini esatte dell’evento, probabilmente è un retaggio del passato, della storia del carnevale nel regno di Sicilia e a Palermo. La storia del carnevale è molto ben documentata dal XVI secolo in avanti, circa 500 anni di storia di feste che comprendono anche la città di Napoli oltre quella di Palermo.

Era un periodo in cui c’erano in città commedie teatrali, giostre, divertimenti di ogni genere, feste, a volte dissolute e poco virtuose.

Cesare Gaetani e Lanza principe di Cassaro attorno al 1770 fece una serie di provvedimenti per ristabilire e riabilitare la figura politica del viceré Fogliani.

 

© Angelo Cirrincione

 

Tra questi provvedimenti aprì i balli mascherati al teatro S. Caterina, durante il carnevale, a qualsiasi persona, sia uomo che donna. Da qui in avanti si suppone che il travestimento, oltre al divertimento in sè, aiutasse sia nobildonne che non a nascondere eventuali intrighi amorosi durante quei periodi di festa.

Cirrincione al ballo mascherato ha trovato un’atmosfera a tratti grottesca e a tratti noir. L’approssimazione delle sale da ballo è stata per lui una delle cose più belle da vedere e immortalare. Festoni di carta colorata, cartapesta attaccata alle pareti senza una regola estetica ma messe lì, solo per dare colore e calore, i fili dell’impianto audio attaccati alle pareti con lo scotch attraversano la sala.

 

© Angelo Cirrincione

 

Magari in queste piccole stanze affollate finalmente due amanti, senza farsi scoprire, potevano ballare assieme in pubblico o magari un amore mai corrisposto aveva l’opportunità di sembrare vero per uno dei due, giusto per il tempo di un ballo rimanendo mascherato.

In quelle sale dagli spazi così strani tutto scorreva con una naturalezza incredibile.

 

© Angelo Cirrincione

 

Solo le donne mascherate entravano, gli uomini erano appoggiati al muro, aspettavano l’invito. Dopo qualche ora gli spazi erano esauriti ma perfettamente sfruttati dall’incredibile sincronismo di tutti nel ballare.

Solo all’inizio si è sentito osservato con curiosità, nessuno era mai andato a fotografarli così, senza interazione, raccontando la loro passione, il loro divertimento che aspettano puntuali per un anno. Non hanno mai mostrato inibizione verso l’obiettivo perché ballare libera l’anima ed in quelle serate tanto attese la cosa importante era solo questa.

 

© Angelo Cirrincione

 

Nello scoprire l’esistenza di tale ballo, sconosciuto ai più, Cirrincione ha cercato di tutelarlo non rivelando il luogo dove avviene, per non farlo diventare un evento turistico infestato da fotografi. Un’etica assai apprezzabile. Non resta quindi che gustare con gli occhi le fotografie, osservandone con attenzione ogni particolare, scritto forse dal caso ma raccolto abilmente dal fotografo, immergendosi in quella atmosfera tra il dolce e lo struggente, che sa di tempi lontani, di favola popolare.

 

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

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