Diffusione e conservazione della cultura fotografica. Gabriele Chiesa.

Diffusione e conservazione della cultura fotografica, dalle riviste al reale, tangibile: Gabriele Chiesa

In quegli anni lontani in cui ho iniziato ad interessarmi alla fotografia non si parlava di “fotografia analogica”, non esisteva una contrapposizione di “ere”, non si immaginava nemmeno lontanamente che potesse esistere un giorno una “fotografia digitale”. Per lo più si apprendevano i primi rudimenti di tecnica da un amico o dal papà. Ho iniziato a leggere le riviste di settore intorno al 1970, 6 anni prima di acquistare una fotocamera, senza immaginare che in un qualche modo mi stavo formando una cultura fotografica.

Le riviste di fotografia erano mensili, tra un’uscita e la successiva le leggevo e rileggevo, nutrendomi delle immagini stampate. Sedimentavano gradualmente in me diventando memoria. È curioso quanto la memoria visiva rimanga impressa nitidamente, ben più di quanto avviene con la lettura. Ricordo benissimo di avere letto di Gabriele Chiesa in qualche articolo, di averlo ammirato per quello che diceva e faceva in fotografia, mai avrei pensato di poterlo conoscere personalmente.

 

Gabriele Chiesa alla guida di un’automobilina su giostra. Fotografia B&N di papà Pietro Chiesa.

 

Negli anni Settanta ha collaborato con il “Collettivo Fotografi”, gruppo di giovani autori legati alla galleria Diaframma di Brescia, destinata poi a divenire Museo Ken Damy. In questo ambiente ha iniziato ad esprimersi come artista visuale e come docente di fotografia, godendo dell’opportunità di conoscere personalmente Lanfranco Colombo, Paolo Gioli, Gianni Berengo Gardin, Franco Fontana, Gabriele Basilico, Fulvio Roiter, Giuliana Traverso e tantissimi altri Grandi della fotografia contemporanea.

Va detto che tra fotografi dinosauri dell’era analogica siamo anche un poco stranini, parliamo per lo più tangenzialmente, con pudore, della nostra fotografia, dei nostri inizi. Forse perché li consideriamo normali, perché così era e avveniva in tutta semplicità, Parliamo del nostro presente, dei nostri progetti, poco del passato. Un passato che si è svolto in era pre-web, quindi ne rimane traccia solo nella nostra memoria o in qualche sito che non sai nemmeno che esiste perché sta lì in una nicchia Lontano dai clamori dei social che illuminano con fari spot il Circo Barnum della fotografia mediatica, dove ogni sospiro, ogni click del giovane Ph attuale diventa un evento epocale.

Per questa ragione in questa intervista a distanza ritengo doveroso accendere uno spot sul Gabriele Chiesa. Devo confessare che quando dovevo incontrarlo per la prima volta ne avevo reverenziale timore, scomparso in un attimo iniziando a parlarci. Con grande modestia mette a suo agio ogni persona, solo i grandi sanno farlo.

 

Gabriele Chiesa fotografato in diapositiva Ferraniacolor da papà Pietro Chiesa, 1952

 

Come e quando sei stato catturato dalla magia della fotografia?

“Uno dei ricordi più vividi di quando ero piccolissimo, credo di avere avuto allora tre o quattro anni, è la figura di mio padre intento a montare, la sera tardi, le diapositive ferraniacolor nei telaietti da proiezione. Alla luce di una lampada da tavolo, mentre tagliava con cura i fotogrammi, osservavo con stupore quelle minuscole trasparenze colorate nelle quali c’erano mia mamma, mio fratello, io, il cielo ed il mare delle vacanze. Erano gli Anni Cinquanta e la fotografia era ancora, per i più, un foglio di carta con le figure in bianco e nero. Scoprivo allora nelle diapositive a colori una profondità ed una bellezza luminosa di tinte e di vita che mi regalarono la consapevolezza che gli istanti più belli potevano essere rapiti e per sempre imprigionati su pellicola. Avrei potuto conservarli e mostrarli a chiunque. La fotografia rendeva padroni del tempo, dello spazio e delle presenze: una magia reale che solo le favole possono eguagliare. Mi resi conto che volevo e dovevo imparare a fotografare. Ho iniziato a scattare con la Kodak Retina di mio padre, ma la mia prima fotocamera è stata una Eura Ferrania 6×6 di bachelite, ottenuta con la paziente raccolta di punti dei formaggini Invernizzi Milione alla panna”.

Dunque sei diventato un fotografo?

“L’attività fotografica professionale non è mai stata una mia aspirazione. Non ho mai pensato di poter vivere DI fotografia, ma PER la fotografia sì. Non mi ritengo un fotografo e d’altra parte credo che attualmente molti che si definiscono in questo modo, magari con la “ph” di photographer, in realtà coltivano una semplice illusione. Chi fotografa veramente scrive per raccontare, testimoniare, tracciare segni nelle menti, negli occhi, nei cuori. Chiunque può divertirsi a scarabocchiare e magari gli riesce pure qualche colpo fortunato. Se hai saputo fotografare te lo diranno gli altri, forse un giorno lontano.

A me interessa piuttosto instillare la gioia per una passione che è cultura e prospettiva di vita. Chi fotografa sa essere visionario e veggente e ciò richiede grandi doti personali insieme ad una intensa e continua educazione. Non c’è grande fotografa o fotografo senza adeguato spessore umano. Per questo è entusiasmante trovarsi a fianco di chi crede e vive profondamente la Fotografia: perché sono persone speciali, come tutti coloro che sanno concretamente creare arte. Sostanzialmente mi ritengo perciò uno storico della fotografia delle origini e dei processi fotografici, ma soprattutto un formatore che si occupa di comunicazione visuale.

 

Verifica 2bis. L’operazione fotografica: selfportrait for Lee Friedlander & Ugo Mulas. Gabriele Chiesa che fotografa il suo riflesso in una fotografia di Ugo Mulas che si fotografa riflesso in uno specchio. Museo di Santa Giulia, Brescia, 2014.

 

Mezzo secolo di passione per la fotografia, quali sono state le tappe del tuo percorso che ritieni più importanti?

Quando sono stato sul punto di sposarmi con Luigina ho ritenuto doveroso avvertirla che il primo posto nel mio cuore sarebbe sempre stato per la fotografia. Un po’ per scherzo, ma anche no, è andata così. In compenso, in quasi mezzo secolo, ho cambiato molte macchine fotografiche, ma non moglie.
Ho iniziato a collezionare esemplari fotografici d’epoca agli inizi degli Anni Settanta. L’idea iniziale era di avere almeno UN dagherrotipo, UN ambrotipo, UN ferrotipo. Lo ammetto: mi sono lasciato prendere la mano. La collezione, attualmente denominata “Chiesa-Gosio” in quanto ha una storia ed uno sviluppo condiviso con l’amico Paolo, raccoglie centinaia di esemplari rarissimi dei più antichi processi originari, escludendo le migliaia di stampe su supporto cartaceo.

Dagli Anni Ottanta collaboro con Fondazione Negri come curatore culturale dell’imponente fondo fotografico storico. Insieme a Costantino Negri e poi con Mauro Negri ho avuto l’opportunità e la gioia di realizzare importanti progetti editoriali ed eventi espositivi, producendo mostre virtuali in rete e manifestazioni di cultura fotografica. La collaborazione prosegue ora con gli articoli per la rivista di storia bresciana “Biesse”.

Nel 1982 mi sono laureato con una tesi su “Usi e funzioni sociali della fotografia” anche grazie al prezioso supporto di Ando Gilardi che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere personalmente.

Quando Internet non esisteva ancora in Italia, ho assunto il ruolo di moderatore della conferenza nazionale FOTO.ITA sulla rete telematica FidoNet. Editor di Open Directory Project (DMOZ) per le categorie società/storia e fotografia fino al 2006. In seguito ho sviluppato blog e siti web dedicati alla storia ed alla cultura della fotografia tra i quali www.gri.it che purtroppo non ho più il tempo di curare come vorrei. Attualmente continuo l’attività su varie piattaforme social. Sono autore di articoli pubblicati non ricordo nemmeno più dove e quando 😊. Ho realizzato contributi ICPAL relativi alle antiche tecniche fotografiche ed alla valorizzazione delle immagini d’epoca. Sono fondatore di Gruppo Ricerca Immagine, socio onorario a vita del Museo Nazionale della Fotografia di Brescia e dell’associazione Fotonomia, Firenze. Insomma, mi diverto come un pazzo e quando riesco a trovare un po’ di tempo mi cerco qualche avventura in bicicletta.

 

Lumen-print di stelle alpine. Processo ad annerimento diretto cameraless, 2018

 

L’insegnamento tecnologico nella scuola media è stato il tuo lavoro fino a quando sei andato in pensione nel 2010. Non saranno mancate le occasioni di sviluppare temi di carattere fotografico. Hai insegnato ed insegni ancora in corsi di fotografia?

“A livello locale non sono mai mancate le occasioni, presso associazioni e circoli fotografici, ma il primo serio e continuativo corso di fotografia l’ho condotto a Brescia per Photo19 nel 1981. Una sera alla settimana per un anno intero! Da quell’esperienza nacque l’idea della scuola di fotografia ImageAcademy, tuttora pienamente attiva con proposte di formazione a vario livello e workshop condotti dai più prestigiosi nomi della fotografia italiana. Attualmente sto animando le attività di un piccolo gruppo di ragazze unite nella denominazione “Collettivo Giovane Fotografia”: non si tratta di un corso ma un percorso. Non considero la didattica come forma esaustiva di formazione perché credo nella cultura fotografica come processo di sviluppo cooperativo, convergente, inclusivo, operativo ed aperto. La cultura fotografica si fa insieme, con azioni condivise, altrimenti non è cultura. Pertanto ritengo sterile tutto ciò che risulta bella fotografia a fruizione individuale.

La fotografia funziona a mio parere solo quando diventa condivisione di espressioni, contenuti, emozioni, quando è partecipazione nella quale tutti possono sentirsi protagonisti. Chi presenta ed espone deve a mio parere contare quanto chi osserva, legge e discute per trasformare in propria esperienza diretta ciò che può vedere ed interpretare.

 

Impressione diretta dell’ombra di due boccette su carta fotografica. Flash su carta fotosensibile. Coloritura manuale con pennarelli. Brescia 1990.Impressione diretta dell’ombra di due boccette su carta fotografica. Flash su carta fotosensibile. Coloritura manuale con pennarelli. Brescia 1990.

 

Viviamo un periodo nel quale (anche costretti dall’emergenza Covid) pare che le attività in remoto possano essere svolte con comodità ed efficacia, senza la necessità di spostare persone e cose. Le immagini viaggiano sotto forma di dati da visualizzare quando occorre e dove appare necessario disporne. Cosa ne pensi?

“La fotografia è presenza. Si fotografa solo ciò che sta realmente davanti alla fotocamera. Pertanto credo sia conseguente e necessaria anche la presenza della fotografia. Come oggetto, come corpo ed opera fisicamente consistente e persistente. Altrimenti possiamo serenamente parlare di immagini, cioè di figure, che possono svolgere la loro funzione anche del tutto effimera. Le fotografie tattili sono un’altra cosa. Restano “ON” anche se ti dimentichi di averle perché sussistono per i nostri sensi analogici di esseri umani. Non possiamo vedere file. I dati devono necessariamente poter essere riconvertiti in qualcosa che abbia corpo o almeno luce, cioè esistenza analogica. A questo punto entra in gioco “l’osservatore” cioè il pubblico che usa e dà senso all’opera fotografica, alla mostra, alla performance ed a tutta l’azione fotografica.

Il ruolo svolto dalle associazioni, dalle gallerie, dai gruppi spontanei, dai festival e da tutti gli eventi di produzione culturale che operano a vario livello dall’ambito locale a quello nazionale, è fondamentale. Personalmente ritengo di massimo valore tutte le iniziative collaborative di base che vedono l’impegno disinteressato di tanti appassionati che operano per il puro piacere di vivere la fotografia come occasione di gioia e cultura condivisa, senza rispondere a logiche di tornaconto personale o convenienza politica.

Ci racconti qualcosa dei progetti che hai in cantiere?

“A immaginare nuove fantastiche avventure ci si mette un attimo, ma per trasformare i sogni in realtà ci vuole tempo e fatica. Mi ritrovo sempre spaventosamente in arretrato su qualsiasi programmazione ed ormai ho capito che non posso riuscire a concludere che una minima parte delle cose che desidererei realizzare. Provo a scrivere le prime quattro cose che mi vengono in mente.

Phototrace. Evento annuale di promozione della fotografia ottico-chimica da tenere ogni anno in una diversa città italiana, dedicato alla pura scrittura di segni prodotti dalla luce stessa. Dopo Brescia, Firenze, Maccagno -Lago Maggiore, Cuneo, Roma, Arezzo, è stato fermato dalla pandemia covid nel 2020, anno nel quale doveva svolgersi ad Ischia. Riusciremo a riprenderlo?

Premio Gianluigi Parpani “Il Mondo in Tasca” per carte-de-visite fotografica contemporanea. L’iniziativa, a cadenza annuale, è nata per onorare la memoria di un grande collezionista. Occasione di creatività artistica destinata a reinterpretare un antico genere fotografico che ha influenzato lo sviluppo sociale della società moderna, anticipando il fenomeno della fotografia “social”.

 

 

Raduno annuale nazionale di Fotografia Minutera itinerante immediata – Street Box Photography. Processo immediato negativo-positivo su carta. La magia della performance di piazza nella quale l’azione dei soggetti e di chi fotografa si fonde per dare vita ad un rito popolare antico di oltre un secolo. A Lodi, ottobre 2021.

 

Fotografía minutera by Gabriele Chiesa. Processo immediato negativo-positivo su carta. Foto ricordo di classe al tempo del Covid. Festival della Fotografia Etica, Lodi 2020.

 

Libro sulla storia della carte-de-visite. Pareva un argomento semplice da affrontare e risolvere. Nel mondo ne sono uscite storie in tutte le lingue. Si tratta però di pubblicazioni prevalentemente iconografiche, sostanzialmente grandi album che propongono le varie tipologie di immagini che caratterizzano questo genere. Voglio fare qualcosa di diverso, sociologicamente ben documentato dal punto di vista scientifico e storico. Dopo la realizzazione del volume “Dagherrotipia, ambrotipia, ferrotipia positivi unici e processi antichi nel ritratto fotografico” e dei libri “Come vedo l’immagine” e “Dagherrotipi firmati”, è diventato per me un lavoro ciclopico del quale fatico, dopo anni di lavoro, a vedere la conclusione. Pazienza eh! Prima o poi ci arrivo!”

Tra il 22 e il 25 luglio si svolgerà alla Rocca di Dozza (BO) il Semplicemente Fotografare Alive, ed. 20201. In questa occasione avrò modo di incontrare nuovamente Gabriele Chiesa, dopo 2 anni, finalmente dal vivo in 3D.
Parleremo insieme in una amichevole conferenza di “diffusione della cultura fotografica, dalle riviste al web.”

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

Photo-Physionotrace. Processo a impressione diretta di luce su carta fotosensibile. Illuminazione flash, cameraless process. Brescia Photo Festival PEOPLE, 2017.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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