Chi fa la fotografia… La fotocamera? Il fotografo? Altri?

Insomma me ne sto qui, seduto sul letto, pc portatile sulle gambe e mi vedo Ando Gilardi, un video da 5.748 visualizzazioni, dal 23 apr. 2014

“Io da grande speriamo che me la cavo (Sulla Fotografia Trasgressiva)”, é l’incontro tenuto nel mese di novembre del 1992, da Ando Gilardi, (Fotografo, Critico e Storico della Fotografia, Fondatore della “Fototeca Storica Nazionale”, che oggi porta il suo nome), nell’ambito del corso “WANTED, cerchiamo i fotografi del futuro”. Chissà se qualcuno in futuro dirà che l’ho visto anche io questa mattina, cmq ora lo sapete.

Non sono rientrato nel numero di fotografi che cercavano…

Nemmeno 6000 visualizzazioni per un video fondamentale, il video “Steve mcCurry – I grandi fotografi”,  24.762 visualizzazioni dal 8 apr 2016.

Il video di Gilardi dura poco più di un ora. Gli ultimi minuti, quelli della proiezione di fotografie non sono forse fondamentali, importante è seguire il discorso di Gilardi dall’inizio. Dice praticamente tutto quello che occorre sapere per essere consapevoli di cosa sia, o cosa sia stato, fare il fotografo.

Sono passati circa 30 anni da quel video. È attualissimo, sempre a capire quello che Gilardi diceva. La fotografia è ambigua, altrettanto e ancora più è ambiguo il linguaggio scritto e parlato, soggetto ad ogni possibile interpretazione. Mettete insieme fotografie e linguaggio scritto e la frittata è pronta. Se poi ci aggiungete che dal Covid dovevamo uscirne migliori e invece l’analfabetismo funzionale dilaga e nuovi santoni dal sorriso accogliente e dallo sguardo illuminato raccolgono 5/6000 like e vengono condivisi centinaia di volte, arrivo a pensare che stiamo anche peggio di quanto possa sembrare.

 

Andy Warhol. Finta Polaroid. AI. Stable Diffusion

 

Quindi mi astengo dal rendere pubblica la mia interpretazione di quanto dice Gilardi in questo video. Non voglio spacciarvi i miei pensieri sbilenchi per manna caduta dal cielo.

Da una manciata di settimane per i fotografi l’argomento caldo è la AI o Intelligenza Artificiale. Enzo Dal Verme è tornato a parlarne in due articoli.

Tornerà a parlarne, vi invito già da ora a leggere i suoi prossimi articoli.

Ho un poco giocherellato con la AI producendo con semplicissimi prompt alcune orrende immagini, non era e non è nelle mie intenzioni infognarmi nella produzione di Immagini in AI più fotorealistiche. Mi sono servite giusto a capire che se chiedo a un programma per la produzione di immagini, di produrre qualcosa nello stile di Picasso, di Monet, o di Luigi Ghirri, ci riesce più o meno bene, insomma la storia dell’arte e della fotografia la conosce. Se chiedo allo stesso programma di fornirmi una foto di una Leica M3 me la sforna ma in modo poco realistico, per evidenti problemi di copyright.

 

 

Tuttavia un finto Ghirri e una finto ritratto in Polaroid di Andy Warhol anche se ottenuti con un rozzissimo prompt risultano discretamente credibili. Probabilmente perché vengono osservati rapidamente, come di solito rapidamente si osserva una qualsiasi foto postata in un social.

Leonardo da Vinci, intorno al 1489, inventò l’elicottero azionato a mano da 4 uomini. Non riuscì a volare perché troppo pesante, avrebbe dovuto inventare prima le leghe leggere.

1984 è un romanzo di fantascienza distopica scritto da George Orwell che racconta le vicende ambientate in un ipotetico mondo futuro, nella Londra del 1984 (il libro è stato scritto nel 1948, 36 anni prima).

Racconta di un mondo controllato da un governo fortemente totalitario: nel romanzo la società è dominata dal Grande Fratello, un misterioso personaggio che nessuno ha mai incontrato di persona e che tiene costantemente sotto controllo la vita dei cittadini, mediante l’uso di speciali teleschermi “si poteva bensì abbassare ma non mai abbassare del tutto…nulla si possedeva di proprio se non pochi centimetri cubi dentro il cranio. Il Grande Fratello è infallibile ed onnipotente. Ogni successo, ogni risultato positivo, ogni vittoria, ogni conoscenza scientifica… si pensa provengano dalla sua guida e dalla sua ispirazione.”

Ne sono passati di anni, oggi siamo fortunatissimi, abbiamo in TV addirittura il Grande Fratello Vip!

2001: Odissea nello spazio “è un film del 1968 prodotto e diretto da Stanley Kubrick, scritto assieme ad Arthur C. Clarke, che produsse il soggetto e, sulla medesima traccia, scrisse il romanzo omonimo pubblicato nello stesso anno.

Missione giove: L’astronave Discovery parte alla volta di Giove. A bordo ci sono 5 uomini di cui tre ibernati e un computer di nome HAL 9000, con funzioni di responsabilità operativa della missione. Il capitano David e l’astronauta Frank si fidano del computer e ricorrono a lui in ogni circostanza. Accade però che Hal dia un’informazione a David, circa un’avaria dell’astronave. David esce nello spazio ma non trova alcun guasto. Allora i due astronauti decidono di escludere Hal dal governo della nave spaziale. Ma il calcolatore legge sulle loro labbra la loro decisione: quindi fa precipitare Frank, uscito dalla capsula per un controllo, lontano dall’astronave. David corre in soccorso del compagno, mentre nella navicella gli ibernati muoiono. Nel rientrare con in braccio il corpo del collega, il computer blocca la porta. Il capitano riesce ad aprire una delle porte di emergenza e prende il sopravvento su Hal, annullandogli gradualmente la memoria.”

Ci da un barlume di speranza, attualmente c’è chi afferma che computer e AI senzienti, con capacità di autonoma scelta e capaci di sentimenti prenderanno il timone  per dirigere la nostra fragile umanità verso l’infinito ed oltre. Forse sarebbe anche un bene o forse in realtà un qualcuno ha già preso il timone da vari annetti e lo tiene ben saldo. Fortuna che ci sono i complottisti che ci spiegano cosa sta accadendo! Del resto complottista è sia l’organizzatore di complotti che chi tende a interpretare ogni evento come un complotto o parte di un complotto. Quindi il dubbio non può che continuare ad attanagliarci. (attenzione lo scrivo con un pizzico di ironia).

A parte scherzi ritengo assai improbabile che una AI prenda il sopravvento rispetto alle nostre scelte, non converrebbe a nessuno, nemmeno a chi governa la AI.

Insomma non mi preoccupo più di tanto rispetto a cosa possa o cosa potrà fare un qualche aggeggio o programma AI.

Chi fotografa? È la fotocamera, il fotografo o addirittura possono essere altri per noi?

D’accordissimo se uno sceglie di fotografare con un banco ottico, con una Leica o con lo smartphone, Ognuno sceglie di fotografare con ciò che gli piace o lo fa stare bene. Però da osservatore mi intriga il poter percepire che una scelta ha una motivazione che trova riscontro nella sua opera fotografica. Esistono caratteristiche tecnico-espressive che possano fare preferire un mezzo rispetto ad un altro? Certo che esistono!

 

Vittorio Sella

 

Vittorio Sella

Ci ha lasciato un patrimonio fotografico  costituito da lastre 30×40 pesanti e fragili, tanto che Sella si inventò uno zaino apposito per il trasporto in alta quota e in luoghi remoti. Le immagini di Vittorio Sella ebbero una discreta diffusione arrivando fino negli Stati Uniti dove Ansel Adams durante una mostra presso il Sierra Club definì l’operato del fotografo di montagna italiano “sublime; un senso di meraviglia di tipo religioso”.

Ancora oggi le opere di Sella sono una guida per chi fotografa il paesaggio montano, lui stesso progressivamente passò da una fotografia di tipo didascalico e scientifico ad una più “emozionale”, cogliendo le più lievi sfumature di luce in condizioni atmosferiche particolari. Dalle sue immagini si coglie un evidente segno prospettico con linee dominanti che rendono il paesaggio immortalato grandioso”

 

Vittorio Sella

 

Avrebbe potuto ottenere dei buoni risultati anche con una Rolleiflex biottica, sarebbe stato più semplice portarla in quota, però l’uso del 30×40 su lastra si riflette nel risultato finale.

 

Vittorio Sella

 

Anche l’invenzione di una nuova ottica può stimolare un diverso modo di vedere e fotografare, tuttavia l’uso di super grandangolari raramente ha portato ad fotografie dal contenuto interessante.

Curiosamente alcuni pittori hanno visto con ottiche grandangolari che magari esistevano erano scarsamente conosciute.

 

Otto Dix. The Matchseller. 1921

 

Per esempio Otto Dix, “Il venditore di fiammiferi, 1920”, è un opera straordinariamente fotografica potrebbe fare pensare alla street photography odierna.

A proposito di grandangolari sono interessantissime certe fotografie di Brandt, c’è un concetto e un’idea dietro la scelta del mezzo tecnico.

 

© Bill Brandt. Nude. East Sussex coast. 1953

 

Bill Brandt entrò in contatto con Ezra Pound e sopratutto col fotografo Man Ray, del quale divenne assistente per alcuni mesi nel 1930. Grazie a questa esperienza fu testimone della nascita del surrealismo e intravide le potenzialità artistiche della fotografia…

 

 

Brandt inizia a sperimentare con il nudo a metà degli anni ‘40, ma fa un vero e proprio salto di qualità nel 1944 quando compra una macchina fotografica in mogano equipaggiata con un grandangolo. Questa macchina fotografica, una Kodak di seconda mano utilizzata precedentemente dalla polizia per fotografare rilievi investigativi, gli permetteva, come lui stesso amava dire, di vedere il modo attraverso “gli occhi di un topo, di un pesce o di una mosca”.

 

Bill Brandt. Mani.

 

L’influenza del grandangolo nei suoi nudi risulta evidente. “Non fotografavo quello che vedevo io, ma quello che vedeva la camera. Il mio sguardo, la mia visione, intervenivano il meno possibile, e lasciavo che la lente realizzasse immagini e forme che i miei occhi non avevano mai osservato”.

Da alcuni anni si sta diffondendo la fotografia con smartphone. Perché permettono una buona qualità e sono pratici da portare sempre con sé? Quali sono le prerogative tecniche di uno smartphone? Sono evidenziate dall’uso che se ne fa abitualmente? Con un iPhone, anche datato come il mio, per esempio si può fotografare il presepe da dentro il presepe, come foste lì, tra i pastori. Con un banco ottico o anche con una normalissima apsc la vedo dura.

 

Giorgio Rossi. Presepe con iPhone.

 

Dunque una fotografia la fa anche il mezzo tecnico, sempre se l’autore ci pensa… ma le fotografie non le fanno solo gli autori o i mezzi tecnici, sono figlie di fotografie che nascono e si sviluppano nell’ambiente culturale che viviamo. Forse è impossibile non farsi influenzare. Con gli attuali social certe mode fotografiche si diffondono in un baleno, e per fortuna vengono dimenticate abbastanza in fretta. Ahimè la moda delle fotografie in “HDR” è durata anni. Anni di istogrammi martoriati per ottenere un pizzico di apertura sui neri e bruciare comunque assai spesso i bianchi per ottenere fotografie che sono piatte come un encefalogramma di un morto.

Anche l’effetto Dragan, ha imperversato per anni. Colori da cadaveri semi-vivi in volti scolpiti meglio delle mummie più ben conservate. C’è creatività in tutto ciò? Forse nel primo che ha osato, poi si è andati di copia.

Ora come detto siamo alle immagini derivate dall’uso di programmi AI. Possono essere molto fotorealistiche, le trovo scarsamente interessati anche se non ho dubbio che possano essere utilizzate convenientemente in alcuni settori di vendita prodotti. Possono essere fantasiose se si aspira all’Arte, ma per lo più è arte minore. Anche qui vedo molte influenze reciproche, il diffondersi di omologazioni stilistiche. Alla fin fine forse certi programmi AI  si accorgono delle mode correnti o, per dirla meglio, siamo noi stessi a nutrirli di idee ed estetiche che sono nell’aria che respiriamo.

 

Giorgio Rossi. FInto Ghirri. AI. Stable Diffusion

 

Così imperversano colori mortaccini, volti rugosi, aggeggi tecnologici steampunk. Naturalmente c’è anche chi produce immagini veramente interessanti ma sono pochi, dato che non basta un mezzo tecnico eccellente per fare di ognuno un artista.

Forse più che chiederci se la AI ci ruba qualcosa ci si dovrebbe chiedere se abbiamo qualcosa da dire in campo artistico. Poi, ovvio, c’è anche divertimento personale in tutto ciò, curiosità di conoscere ed esplorare le possibilità offerte dalla AI, e su questo ovviamente non ho nulla da ridire.

 

Giorgio Rossi.

Semplicemente Fotografare.

 

 

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One Comment

  1. Roberto Besana Reply

    grazie caro Giorgio, sempre interessanti e puntuali, nel senso che sanno mettere luce sui punti che più si stanno imponendo nel mondo dell’immagine, i temi che affronti.

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