Nel 2010 ho avuto la possibilità di visitare New York per alcuni giorni, non esclusivamente per un viaggio fotografico ma grazie ad un incarico professionale come fotografo di matrimonio nel Maine.
Prima di quel servizio ne ho approfittato per un giro tra le strada che ho sempre sognato e che hanno segnato molto il mio modo di vedere la fotografia in quegli anni, e soprattutto godermi un viaggio con mia figlia.
Ne ho approfittato per contattare alcuni amici “virtuali” di Flickr, che era la piattaforma più in uso in quegli anni… per dare un volto a quelle fotografie.
Per me quello era un periodo di grande cambiamento ed io ne stavo decisamente affrontando qualcuno grosso o, in altre parole, cercavo una soluzione per un periodo emozionante ma davvero duro.
Guardando indietro ora mi chiedo dove posso aver trovato l’energia per superare tutto ma in ogni caso sono felice di non essermi autocommiserato ed averne tirato fuori un esperienza.
Insomma, era un periodo di ricerca, decisamente.
Sono passati più di 10 anni ed ero inconsapevole di cosa sarebbe diventata la fotografia in me, non dal punto di vista della notorietà o della fama che rifuggo più possibile, ma invece dal lato dell’esperienza personale e della consapevolezza che mi ha lasciato.
Qualunque fotografo, se lavora abbastanza a lungo si ritroverà a fare queso tipo di considerazione, rendendosi conto di cosa ha imparato a comprendere e a conoscere grazie alla fotografia, grazie all’atto stesso di fotografare.
Allora mi sono “semplicemente” dedicato a decifrare una città piena di stimoli (non riuscendoci) e che avevo immaginato troppo a lungo con quella che tutti chiamiamo “Street Photography” che oggi mi appare una definizione con poco senso.
Scatto ancora moltissimo per la strada ma essendo cambiato io lo è pure la mia prospettiva.
Però, parlando della consapevolezza di cui scrivevo poco fa, adoro vedere la sete che avevo di afferrare ogni cosa…lavoravo con il 28mm, con l’autofocus, volevo prendere tutto, non era così necessario parlare con chi fotografavo per la strada, afferravo e andavo.
Oggi l’angolo di campo si è ristretto, cerco altro, lo sguardo si posa su cose specifiche, perdermi dei perfetti sconosciuti non mi infastidisce.
Però amo il ritratto della città e di me stesso e il livello di comprensione che ho cercato in quegli anni.
Mentre raggiungevo la città dall’aeroporto, suoni, vista, musica e temperatura hanno combaciato alla perfezione con l’immagine che avevo in testa di come sarebbe stato andare lì per la prima volta da ragazzo.
Ricordo il pezzo, era Miles Davis, “It never entered my Mind“.
Quel pezzo è ancora oggi un ricordo forte di tutto un periodo, ha messo un segnalibro indelebile nella mia vita e posso dire con sicurezza che: la musica era di Miles Davis, il periodo: Agosto. La città: New York.
Mia figlia osservava affascinata la città dal sedile posteriore e tante cose erano incasinate e possibili.
Come queste fotografie.
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