Due settimane in China sono passate senza quasi una corretta percezione temporale: mi sembra di essere atterrato ieri sera, e non dalle provincie del nord come in effetti è stato, ma dal Paese dei Castelli di Sabbia, dove avevo dormito 14 giorni fa finalmente nel mio letto, anche se per 4 ore scarse. Stamani non erano ancora le 5 quando ho cominciato a picchiettare sulla tastiera, guadagnandomi il viatico quotidiano in questa strana professione me mi frulla in giro per il mondo quasi fossi la biglia di un flipper (e speriamo di non fare tilt).

Alle 7 sono apparso sulla soglia del breakfast, e un “No need room number, you are Mr. Mau” mi ha fatto capire di essere ampliamente riconoscibile e ricordabile, non fosse per le dimensioni (accresciute dalle indefesse cene) e dalla pelata (stamani finalmente lucidata a dovere, dopo qualche giorno che avevo finito le lamette e non mi arrischiavo a radermi visto che – come vi spiego sotto – comprare qualsiasi cosa è abbastanza complesso).

 

 

Qualche appunto, in ordine sparso.

Comunicare è diventato paradossalmente ancora più complesso: assenza totale di stranieri negli ultimi tre anni,  censura e controllo sull’accesso internet totale, hanno tolto anche quel poco di interazione inglese che, almeno in città come Shanghai e Beijing, pre-covid si aveva. Nessuno lo parla più. Quando per pura fortuna trovi un sito non bloccato, navigare è di una lentezza impressionante. Il VPN ti funziona nei primi minuti di collegamento la prima volta, ma poi ti viene intercettato, e ti inchiodi secco sulla pagina, senza nessuna speranza.

Tutto è in Chinese, e quasi tutto basato su microprogrammi che girano su WeChat: i rari casi in cui il sito dovrebbe essere bilingue, trovare il selettore della lingua è come fare una quaterna secca sulla ruota di Caltanissetta (dove il Lotto non viene comunque manco estratto). Ovvio che i nostri programmi di traduzione non girino, visto che non sono software locale e approvato, e poi che gliene frega ai Chinesi di tradurre in Chinese, ovvio.

Qualsiasi cosa (con ancora un’unica eccezione, AliPay) richiede un numero di cellulare Chinese e una ID card locale, altrimenti si è totalmente bloccati, se non per i rari posti (alberghi internazionali e ristoranti top-end) dove le carte di credito estere funzionano. Il contante è abolito, e comunque anche l’unica banca internazionale che ho trovato ha una ATM machine che ti dice “no ragazzo, il tuo Bancomat usalo pure a casa tua, qui nada”. Praticamente da un taxi a una lametta da barba, da un caffè, un panino a un paio di pantaloni, si paga tutto cashless, e con app locali. AliPay vi chiede una registrazione che include anche scan del passaporto e riconoscimento facciale: preparatevi a una buona ora di tentativi, comunque con qualcuno che vi traduca le pagine.

 

 

I controlli sono onnipresenti e accurati: mi hanno verificato passaporto e visto praticamente ovunque, compresi alberghi, imbarchi (6 volte per volo), e random quando dovete anche solo andare nel vostro ufficio o in quello del cliente. Penso che in ogni momento ci siano almeno 6 telecamente che vi stanno inquadrando: vi rimando a un attento articolo del New York Times su questo (e il link, ora, figuratevi se posso aprirlo).

Sposarsi sui voli domestici richiede una certa pazienza.

I check-in sono una procedura abbastanza lunga, con un controllo ossessivo sul ticket number, PNR, nome e cognome (controllati una lettera alla volta), validità del passaporto e del visto, come vi dicevo prima. La security è una vera security. Manco quando ho volato in zone di guerra, Iraq, Afghanistan, Somalia e DRC mi hanno controllato così accuratamente tutto il bagaglio: qualsiasi componente elettrico o elettronico va sul nastro in solitaria. Metal detector, scanner portatile e perquisizione. Se decidete di fare un giro da queste parti e dovete muovervi, prendetevela con calma, e arrivate minimo due ore prima dell’imbarco: sono efficienti, ma le procedure sono lunghe.

Compilare la landing card, e la exit card vi porta a bestemmiare per circa un’ora per transito: prendetela con filosofia.

La gente è, come ovunque al mondo, cortese, ospitale e chiunque mi accoglie con un sorriso, amici, colleghi e anche gli estranei.

 

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