“Welcome to Singapore, sir, winter has started and as you can see we have rain”, sono state le prima parole pronunciate dal Caronte di turno, che mi ha traghettato ieri sera tra aeroporto e ostello, dopo un volo indolore, dedicato all’ultimo bel libro di Carofiglio, e alle 3 ore di The Irishman di Martin Scorzese: botta di vita per 7 ore.
Per tutta la notte ho avuto poi la camera illuminata dai lampi sulla baia, e manco me l’avesse tirata, stamani pioveva a mestoli. Mi è partito l’animo decadentista, e Paul Verlaine è riaffiorato dai miei tempi liceali:
Il pleure dans mon coeur, Comme il pleut sur la ville ;
Quelle est cette langueur, Qui pénètre mon coeur ?
Ô bruit doux de la pluie, Par terre et sur les toits !
Pour un coeur qui s’ennuie, Ô le chant de la pluie !
Quando sono strisciato fuori dal letto, ho accuratamente piegato e rimesso in valigia la voglia di andar fuori a nuotare, e appeso ad una gruccia l’idea di un’ora di palestra: preso per mano la Signora Tedesca a Telemetro, che stamanani indossava un occhiale Lux 35, siamo usciti senza una meta, scendendo nelle viscere della MRT per una tappa verso Dobby Gaut.
Sfidando l’acqua e risalendo Orchard Road, ho inzuppato le Allbird fin oltre la loro capacità di assorbire l’acqua, e dopo essermi fermato in un chiosco BOFT, a stampare qualche foto che mi parte quasi un Polaroid-Instagram, ho sentito lo stomaco che mi avvisava che il digiuno andava interrotto.
Ho nuotato fino ad Haji Lane, tentando di usare al massimo le tettoie che un governo, consapevole delle condizioni climatiche del Paese, ha istallato su buona parte dei marciapiedi scoperti, ma sono arrivato con la pelata che gocciolava sulla Signora Tedesca a Telemetro ogni volta che tentavo di portala all’occhio.
Mi son seduto sotto il porticato, in un posto dove servono una minestra di zucca tagliata con latte di cocco, e sopra la ciotola mettono dei crostini insaporiti in aglio e zenzero: una sorta di connubio Veneto-Asiatico, fusion delle mie radici montanare con la tradizione culinaria Malay. Una ragazza si avvicina, mi guarda aspettando un cenno di assenso, e occupa il basso sgabello in metallo accanto al mio.
Ho lasciato aperto l’ otturatore dei ricordi liceali, in una posa “B” da stamani, e sull’onda del Decadentismo, mi parte, come fosse registrato in presa diretta un Baudelaire, nei suoi Fleurs Du Mal:
Le regard singulier d’une femme galante, Qui se glisse vers nous comme le rayon blanc
Que la lune onduleuse envoie au lac tremblant,, Quand elle y veut baigner sa beauté nonchalante;
Le dernier sac d’écus dans les doigts d’un joueur; Un baiser libertin de la maigre Adeline;
Les sons d’une musique énervante et câline, Semblable au cri lointain de l’humaine douleur …
Le chiedo “Boleh saya ambil gambar awak”, che nel mio Malay, troppo aperto e poco nasale, vorrebbe dire se posso fotografarla: penso che l’alzare la Signora Tedesca renda maggiore giustizia alle mie intenzioni, che il fallimentare tentativo di imparare le lingue asiatiche.
Mi sorride, le scatto questa immagine …
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