Asli è oggi la mia Virgilio, che mi guida attraverso prima Nova Roma, e poi Costantinopoli, per arrivare storicamente alla Istanbul di oggi. A piedi, come è giusto che sia, l’unico vero modo di conoscere una città dove continuo ad arrivare da oltre 15 anni.
Scendiamo da Nisatasi verso Taksim, ad un’ora nella quali i venditori di simit hanno ancora il calore del forno sui loro barroccini, e il costante traffico non ha ancora raggiunto il picco della mattina. Poi giù per Kabatas, nella pedonale che ti porta fino alla torre Galata, che i miei concittadini Genovesi piantarono da queste parti, a ricordo delle loro scorribande.
Un percorso che man mano abbandona i lustrini per turisti, per immergersi sempre più in un melting pot che qui ha fatto ribollire culture e paesi, come ogni città di mare, con l’aggiunta dell’essere ponte tra Europa e Asia in un epoca nella quale esisteva solo un modo di raggiungere l’Oriente.
Scendiamo sull’acqua, in un turbinare di traghetti che fanno di questi spazi di mare un formicaio del trasporto urbano, attraversiamo il ponte per arrivare sulla terra ferma, dove Palazzi e Moschee ci aspettano: saltiamo tutti gli aspetti della favolosa cultura statica, per immergerci, fuori dai musei, nei flussi di visitatori che pellegrinano da un Instagram all’altro.
Il Gran Bazar è la mia meta, dove voglio presentare la Signora Tedesca a Telemetro ad un uomo che dipinge le foglie, realizzando calligrafie di una bellezza stupefacente: si fa chiamare Nick, risultato di adattamenti progressivi del suo nome in Turco, passando attraverso tutte le possibili storpiature.
Nick mi parla della sua passione, della sua arte e dei messaggi che vuole siano trasmessi su questo inusuale e fragile supporto. La sua botteghe ha un ingresso nel quale le mie spalle non passano, tappezzata da articoli di giornale che vedono la sua arte in giro per il mondo, fino anche alla White House, ma dubito l’attuale inquilino apprezzi un messaggio alla tolleranza e alla comprensione, a meno che sarcastico, e preceduto dall’#, e seguito da latrati.
”Mau, la bellezza è negli occhi di chi la guarda”, mi dice, mentre ammiro alcune delle sue foglie, “Si, Nick”, gli rispondo, “soprattutto se la guardi attraverso un telemetro”.
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