Oggi risalgo tutto il Golfo Persico, passo sopra il Kuwait per entrare nello spazio aereo dell’Iraq fino al confine con la Turchia. Attraverso tutta la Penisola Balcanica per arrivare in Italia attraverso la Croazia: circa 6 ore dopo essere partito, atterro a Milano e ci rimango la bellezza di qualche giorno, sciambola!

Sono dentro un sigaro volante, come definisco io gli aerei, sorta di autobus sigillati con due paia di ali attaccate, che grazie ad una deviazione del flusso dell’aria, riescono a sollevarsi e a trasportarmi aventi e indietro per le varie miniere dove piccono quotidianamente. Oggi un double-decker, una corriera a due piani.

Aerei. Ho sempre viaggiato tanto, talvolta fino troppo. Mi ricordo agli inizi: era eccitante. 

C’era la sorpresa, la curiosità, il fascino di arrivare in posti così lontani, fino dall’altra parte del mondo, dove i fusi orari di giocavano dei buffi scherzi, e chiamavi casa con un caricatore di monete, o mendicando una collect call che faceva lievitare la bolletta in modo stratosferico.

Poi, negli anni del crescere intenso del lavoro, è subentrata l’efficienza più cruda.

Conoscenza meticolosa di rotte, sedie migliori, traiettorie negli aeroporti che minimizzavano le attese all’immigration, e la piacevole sensazione di qualche upgrade (da “sedia” a “poltrona”), mentre salivi la scala dei programmi di fidelizzazione delle compagnie aeree. Son così giurassico che ero un frequent-flyer con PanAm e TWA, di cui oggi trovi traccia solo nei film degli anni ’60. Il ritardo o l’imprevisto erano fastidio, nella traiettoria che mi doveva portare da “A” a “B” e oltre. Erano ancora i tempi, prima dell’11 Settembre, in cui arrivavi pochi minuti prima dell’imbarco, e ogni tanto ti facevi una tratta in cabina a chiacchierare con i piloti.

L’uso dei velivoli come arma ha cambiato la storia dell’aviazione commerciale, e non solo quello.

Le procedure sono state stravolte, il modo di gestire i passeggeri è cambiato per sempre, anche se tutt’ora ci sono aeroporti, specie in Africa e nelle vecchie ex Repubbliche Sovietiche, che gestiscono la sicurezza in modo talmente approssimativo che qualche sopracciglio alzato ci starebbe, oltre ai rituali scongiuri tattili.

Adesso è indifferenza. 

Uso il tempo di volo per dormire, se viaggio di notte, e per lavorare durante il giorno, grazie al fatto che alcuni vettori offrono anche un decente collegamento internet a bordo. Considero “corto” un volo di 6 o 7 ore, e sostengo che non mio siedo nemmeno. Non mangio mai quello che mi viene offerto a bordo, malgrado i buoni tentativi qualitativi dei catering delle compagnie aeree: bevo acqua.

Sono indifferente ai ritardi, che devo dire sono abbastanza rari sulle tratte che frequento. Non ho nessuna ansia o paura, ritengo questo sia il mezzo di trasporto più sicuro al mondo. Sono quello che l’equipaggio definisce un “very low maintenance”, la categoria di passeggeri che preferiscono.

Non mi accorgo più di volare.

Foto? Qualcosa mentre partivo da Dubai (iPhone), e al gate ho guardato verso l’alto …

 

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