Dubai ha sviluppato quella che io definisco “la cultura dell’esagerazione”, puntando costantemente sul “più”, sull’ “oltre”, sulla maggiore sorpresa e sul passare ogni limite conosciuto, una sorta di affanno alla novità assoluta, all’esperienza ultima, che ha influenzato anche di stile di vita dei suoi abitanti.
L’hotel con 7 stelle (il Burj Al Arab), quando nella norma il massimo è 5, la torre più alta al mondo (il Burji Khalifa) che siringa il cielo con i suoi 832 metri di altezza, lo sviluppo del real estate più accelerato del pianeta (vuole leggenda che in un dato momento due terzi delle gru da costruzioni del mondo erano qui), la shopping mall più grande al mondo (Dubai Mall) e la pista da sci indoor più lunga (Mall of the Emirates). L’hub aeroportuale più trafficato del mondo, con la flotta di A380 più vasta (ora ferma, forse per sempre), solo per limitare gli esempi ed evitare un’inflazione dell’avverbio comparativo “più”, che viene poi spinto sul livello del superlativo assoluto dall’aggiunta della parola “del mondo”.
L’esaltazione del superlativo assoluto poi scende nella vita commerciale quotidiana, con una declinazione di sky-rocking-marketing, che esagera qualsiasi caratteristica, in una cultura comparativa dove il “secondo” è ultimo, sfigato, e buttato fuori dalla lotta Darviniana per la sopravvivenza di alberghi, ristoranti, palestre. Meglio poi non menzionare l’aspettò automobilistico, dove per molti trovarsi col modello di supercar dell’anno precedente, è un’onta da lavare coll’inchiostro su un assegno che spesso supera le 6 cifre. I telefonini poi hanno date di scadenza come gli yogurt, dopo una settimana sono rancidi e bisogna passare ai nuovi modelli.
Chiaro che questa operazione di marketing, o meglio di marchetting se vogliamo dequalificare un po’ la cosa su un tono transazionale, influenzi anche la comunicazione quotidiana delle persone: qualsiasi frase che descriva un posto, un evento, un’esperienza, è farcita di desinenze “-issimo” a pioggia (“fighissimo”, “bellissimo”, “benissimo”), da pseudo ossimori falsamente negativi che tendono verso l’esagerazione (“troppo buono”, “troppo top”, “non c’è di meglio”) con una cadenza costante e una stabilità nel giudizio pari alla volatilità dei titoli assicurativi in tempi di pandemia.
”Questo posto è troppo top, guarda, fantastico, il meglio al mondo, fighissimo, fantastico, un’esperienza unicissima” mi si dice, e al mio ribattere “ma scusa, non avevi detto lo stesso di quell’altro ristorante?”, il mio interlocutore si smarca sostenendo che la vita sia frizzante come un gin tonic, e devi essere pronto a cogliere le nuove tendenze. Quando gli rispondo “Huè, pirla, mi avevi descritto nello stesso modo un altro posto meno di 3 minuti fa: cazzo hai, le sinapsi che corrono sull’ hyper-loop? (La ferrovia sotto vuoto più veloce le del pianeta, appunto, che leggenda vuole dovrebbe collegare due emirati da queste parti)”.
La cultura della modestia qui è roba che non la si trova nemmeno in saldo durante lo shopping festival, e la mia scarsa reazione all’entusiasmo altrui è vista come un chiaro segno della appartenenza al Cretaceo inferiore, distante milioni di anni dalla cultura dell’esperienza istantanea, pallina di sensazioni che attraversa i sensi in pochi secondi per lasciare immediatamente un vuoto, e una successiva crisi d’astinenza da “più”.
Poi, lasciatemi confermare, nessuno ancora mi ha detto di essere il più intelligente, ma forse son tutti troppo concentrati sui nuovi disco-bar.
Stamani ho pascolato sotto casa, con la Signora Tedesca in mano: il quartiere (“più” anche lui in qualcosa, ovvio, sole che mi son dimenticato in cosa), è architettonicamente interessante, e le presenza di un cielo con qualche nuvola mi dava anche la possibilità di giocare un po’ ed aumentare la sensazione di spazio e profondità di campo. La gioia è durata solo pochi minuti, quando son stato arpionato da agenti della sicurezza che mi hanno informato che è vietato riprendere immagini con una macchina fotografica, mentre è consentito farlo con un telefono cellulare. Ormai son talmente abituato a queste assurdità che ho rimesso via il tutto, dopo solo una decina di scatti, e me ne son tornato indietro, scoglionatissimo (vedi che anche io talvolta uso il superlativo assoluto)
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