I Lorong di Geylang

Geyland durante la notte vira in azzurro.

Le migliaia di luci al neon che illuminano i ristoranti aperti sulla strada, i seni delle prostitute, i templi fumosi di incenso, i magri visi scavati, e le centinaia di botteghe, danno una tonalità acida al mondo che ti circonda, colore che ti porti impresso nella retina per ore dopo.

Sono andato a fare un giro stasera tra i Lorong di Geylang, le vie trasversali che a nord dell’Old Airport Rd. collegano Guillemar con Geyland e Sims Avenue: l’odore del durian fa poi da substrato persistente. C’ero passato nell’estate di quest’anno, dopo alcuni anni, e avevo la sensazione che ci fosse una trasformazione radicale in corso: confermato, è proprio così.

Ah, dimenticavo, sono a Singapore.

Tutto il quartiere era nato nell’essere l’approdo per gli immigrati, attraverso le storiche sedi delle associazioni Chinesi, dentro le vecchie case coloniali a due piani. Diventato poi il Red Light District nell’immediato dopoguerra, con una fiorente prostituzione che richiamava clienti da mezza Asia, adesso vede sempre più botteghe e bordelli venire rimpiazzati da internet caffè, dove videogames si giocano durante tutta la notte, nell’atmosfera post-nucleare di una Blade Runner Asiatica.

Poi cresce la fame di alloggio, in una città mai sazia di spazio. Si abbattono templi e vecchie case, e si costruiscono condomini, per garantire l’alimentazione a questa parte di città-stato-dormitorio, città che tutt’ora attrae una forte immigrazione planetaria.

Si trovano ancora gli “street-food-places” (chiamarli “ristoranti” mi pare azzardato), vi capita ancora di essere fermati da una signorina asiatica abbigliata con quello che la tradizione locale ritiene sia sessualmente provocante, ma che spesso scade un un trash-ridicolo. Ci sono ancora alcuni che, sopra una cassetta rovesciata, ti vendono pastigliette blu confezionate, sussurrandoti “viagra, chalis”, e ci sono i negozi accanto ai templi che fanno delle preghiere cartacee votive la loro ragione commerciale, ma ho visto almeno 20 nuovi condominii, strade pulite e ordinate, gru e macchine edili disseminate ovunque ci si volti: Geylang sta cambiando, per sempre.

Si, non stiamo parlando di Pompei o di Ercolano, non stiamo paragonandola a Petra o al Machu Pichu, però è una fetta di storia che vedo tagliata e servita sul piattino da dolce della modernizzazione: mi sa che, se ci passerò ancora tra qualche anno il puzzo di aglio e di una cucina che taglia e frigge qualsiasi cosa animale o vegetale sarà sostituita degli asettici odori degli aspersori deodoranti automatici.

Le prostitute spariranno, come lo faranno i negozi, che vendono articoli da cucina usati (pentole, fornelli, posate). Spariranno le risme di preghiere in carta velina gialla e i fiori artificiali, sostituiti da negozi di telefonia mobile e di covers per qualsiasi cavolo di apparato di comunicazione. Spariranno i bucati stesi, sia per strada, che nei balconi difesi con rete metallica.

Mi fermo a mangiare una Roti Prata con Curry di Montone: il pane piatto tipico di Singapore e Malaysia, ma con forti affinità con alcune focacce indiane, è cotto sopra una piastra unta. È stato definito dalla CNN come uno dei 50 migliori e più gustosi cibi al mondo. Poi continuo a camminare, nella notte.

La retina mi vira in azzurro intenso, mentre attraverso il Lor 14.

Due ragazzi a schiena scoperta, due tatuatori al lavoro, e una terza che stava articolando un disegno. Entro. Tutto in tre metri quadri scarsi, e una temperatura da anestesia criogenica.

Ti spiace se scatto qualche foto?“, chiedo, mentre also la Signora Tedesca a Telemetro che mi accompagna. ”Qui si entra solo se si ha un tatuaggio da far vedere, o per farsene fare uno“, è stata la risposta della ragazza, con in mano l’ago elettrico che ti disegna la pelle.

Ho alzato le maniche della polo fradicia, scoprendo i disegni permanenti che ho sui deltoidi.

Si sono fermati tutti, nel microcosmo di Geylang, con gli aghi a mezz’aria. Si sono avvicinati, e hanno guardato il lavoro di Fercioni. “Non sono della nostra scuola, ma c’è una bella mano” mi ha detto la ragazza, dopo una vivace consultazione nella lingua dell’oppio con suo compare d’inchiostro.

Foto? Geylang stanotte …

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