Ho perso l’ora

Doveva succedere, prima o poi. È successo, penso sia iniziato tre settimane fa, e sta continuando inesorabilmente, peggiorando di giorno in giorno.

Ho perso la mia capacità di muovermi tra più fusi orari, completamente a mio agio nel discutere o programmare incontri in qualsiasi posto del pianeta, conoscendo esattamente l’ora locale, e traslandola in quella nella quale invece io fossi.

Il primo forte segnale è arrivato mentre ho scarrozzato per 18 ore dalla Turchia alla Nigeria, passando per l’hub dell’Emirato dei Presunti Record. Prelevato da chi si occupa, in quelle zone, che tutte le parti del mio corpo rimangano saldamente attaccate alla loro originaria posizione, senza che nessuno tenti di postare su qualche canale una scenografica separazione, ho chiamato Cami, una secchiata di migliaia di chilometri più a nord.

”Babbo, lo sai che cazzo di ore sono qui?”, mi ha risposto, denotando che il giornalismo d’indagine diventato la sua professione, si basa su un’attenta verifica diretta delle fonti, oltre che su un passionato uso di intercalare gergali, malgrado la perfetta dizione.

No, mi son perso i fusi orari.

Poi è stato un peggiorare. Tornato a casa ad Abu Dhabi, son ripartito per il Giappone, e lì proprio tutto è andato assieme. Il cambio poi dell’ora legale, che accade in alcuni paesi e non in altri, ha sommato casino al casino, e mi son trovato chi, dagli Stati Uniti, mi implorava per uno slot più umano che non una chiacchierata alle (sue) 3 del mattino. Ho una serie di “badanti elettroniche” sui fidi prodotti Apple, che continuano a guidare la mia vita, ma sto guardando con curiosità la mia agenda, senza correlarla assolutamente a dove io mi trovi.

Automaticamente parto a parlare, faccio il mio lavoro e poi traslo sull’appuntamento successivo.

Ieri sera, quando nella miniera di Istanbul hanno spento tutte le luci, ho inizialmente pensato ad un black-out. Poi mi son accorto che anche quelli dell’impresa di pulizie se n’erano andati, e sarebbe stato meglio portare la mia massa in un letto.

“O tempora, o mores”, si diceva ai tempi di Cicerone, quando tuonava contro Catilina. Meglio che effettui un “reset” del mio orologio biologico, e rinunci a stabilire una “Mau’s Time Zone”.

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