Quasi nessuno cucina a Singapore: fai la spesa per eccezione, procurandoti solo alcuni generi di base o di emergenza, li ordini on-line e te la fai arrivare a casa in massimo un paio d’ore senza muoverti.
Soprattutto (lo so, è un assassinio della lingua italiana cominciare con questo avverbio denso di “t”), soprattutto dicevo, se vivi da solo non ti conviene assolutamente camminare fino al wet market o supermercato più vicino: molto meglio andare negli hawkers centers, distribuiti in tutta l’isola, con migliaia di stalli, alcuni dei quali arrivati alla Stella Michelin, e con pasti serviti che non superano i S$4 (meno di 3 Euro).
Dalla Laksa, la deliziosa zuppa di noodles con pesce e latte di cocco, talvolta portata all’estremo col cuocere aragoste, ma molto più spesso caratterizzata da una piccanza che i neofiti trovano sorprendente, all’anitra brasata o grigliata, al maiale che anima la cucina proteica Chinese, alla torta fritta di carote, la scelta è incredibile: in poche decine di metri trovi cucine di estrazioni e tradizioni (asiatiche) completamente diverse.
Gli Hawkers Centers si sono sviluppati a Singapore come conseguenza della rapida urbanizzazione negli anni ‘60. La tradizione asiatica dello street food fa parte del dna di chiunque indossi un paio di ciabatte da queste parti, ma una delle intelligenti azioni – a partire dagli anni ‘90 – da parte del governo locale è stata quella di sviluppare attenti controlli igienici, portando oggi Singapore al top della lista per la sicurezza nell’affrontare un pasto “di strada”, adesso concentrato nei mercati o nelle food courts.
Un rigido controllo igienico, continue ispezioni, e un’ attitudine alla segnalazione da parte della popolazione, hanno creato e supportato standards che sono vincolanti per l’ottenimento e il mantenimento di licenze per la preparazione e la somministrazione di cibi e bevande. Il livello di igiene, dalla categoria “A” alla “D” è obbligatoriamente esposto sugli stalli, e azioni di chiusura, temporanea o definitiva, di singoli esercizi o di interi mercati e centri è costantemente riportata nelle news locali.
Il Governo detiene la proprietà degli Hawkers Centers, e questo fa parte di una più ampia strategia volta ad indirizzare i bisogni primari (casa-cibo) dei residenti e garantire serenità sociale. I centri difatti offrono cibi di qualità controllata ad un prezzo calmierato dal mercato (vista la impressionante concorrenza qualitativa), e supportano soprattutto una fascia di popolazione più anziana e meno abbiente, anche se è frequente vedere giovani, e il classico melting-pot razziale di questa finestra sull’umanità, consumare la loro ciotola di riso o di noodles a partire dalle 4 della mattina, fin oltre le 9 di sera.
Nel 2019 il Governo di Singapore ha richiesto all’UNESCO l’iscrizione degli hawkers centers nella lista delle “tradizioni culturali dell’umanità”, facendoli riconoscere dalla fine del 2020 come un aspetto che denota e caratterizza la cultura locale: stimolo in più per fidarsi e provare una diversità gastronomica che permette una vera esperienza culinaria, sicura e ad un prezzo estremamente contenuto.
Foto? Vicino a casa, qui a Chinatown, ho 6 hawkers centers nel raggio di 10 minuti a piedi, ma il mio preferito è il Chinatown Complex con oltre 450 stalli, alcuni dei quali mi permettono di sedermi ammirando il Tempio di Buddha, che dall’inizio della pandemia è purtroppo chiuso, ma lo spettacolo con la vista sul Pinnacle alle sue spalle vale assolutamente. Ieri sera ho cenato lì, dopo aver passato un’ora al People’s Complex, privilegiato dalla maggioranza Cinese della popolazione, girando con la Signora Tedesca a Telemetro M10R per aiutarmi a tracciare qualche ricordo.
Dovreste venirmi a trovare, adesso che – da vaccinati – non si è più obbligati alla quarantena, e durante il weekend vi faccio da guida! Qualche altra immagine da Singapore la trovate qui.
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