“Viaggiare su un taxi a Istanbul è come mescolare le sensazioni di essere su uno scassato rollercoaster di qualche vecchio parco divertimenti nel nord-ovest degli Stati Uniti, di muoversi per Kabul, con la costante tensione di percepire una distonia nella normalità, e quello di atterrare nel vecchio aeroporto di Kay Tak durante un tifone, con l’adrenalina che ti tiene aggrappato ai braccioli”, dico a Lara, che mi ascolta da una secchiata di migliaia di chilometri di distanza, a Pok Fu Lam, mentre dalla finestra di casa sua guarda il Mar della China.
Sono nel paese dei nipotini di Ataturk, che se oggi fosse a spasso per il Gran Bazaar di Taksim, solleverebbe il sopracciglio perplesso nel vedere che fine ha fatto il Kemalismo, la sua dottrina che indicava nel nazionalismo e secolarismo una strada che portava l’Impero Ottomano a diventare una moderna Nazione, dove all’esercito veniva assegnato uno strano ruolo a difesa dei principi “costituzionali” (e perdonatemi la banalizzazione nel riassumere una manciata di decenni di storia).
”Quando vieni a trovarci devi stare da noi”, continua Laura, che con marito e figlio si è trasferita da qualche anno a Hong Kong, dopo una lunga militanza nel giornalismo impegnato della Grande Mela, dove spesso ricordiamo assieme gli anni in cui era più facile pronunciare “Martini Cocktail” che “management”, e adesso piccona nella mia stessa miniera, “e ti portiamo a Stanley Bay con la tavola a prendere qualche onda”.
Il Caronte di stamani scivola lungo i budelli intestinali, che fanno da tessuto di trasferimento connettivo qui a Etiler, portando sulla carrozzeria le cicatrici di incroci mal aspettati, in una nebbia che attenua la vita. Inchioda all’ultimo secondo, evitando che il suo ego cozzi contro quello di un furgone, il telefono mi parte a proiettile e si ferma sul parabrezza, io vengo trattenuto dalla cintura, ma i pedalini, in ragione delle leggi della dinamica, si abbassano fino alla caviglia.
”Un filo più prudente no, vero? Cazzo!” Dico a chi imbraccia il volante come fosse l’onore della stirpe, sapendo che il mio sarcasmo svanirà velocemente, come le pastiglie dei suo freni.
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