Non mi ricordo quando ci ho cenato l’ultima volta, visto che l’ho sempre considerato più un posto da turisti piccioni che un tempio del cibo Asiatico, ma Jumbo – il ristorante galleggiante che era ormeggiato nella Aberdeen Bay – era un’istituzione a Hong Kong da quasi 50 anni.

Una sorta di chiatta a tre piani lunga 80 metri, il cui esterno voleva ricordare un palazzo imperiale Cinese, Jumbo poteva sfamare fino a 2000 persone contemporaneamente, e faceva parte di un complesso formato da un secondo più piccolo ristorante galleggiante, Tai Pak, delle vasche di conservazione del pesce, una cucina galleggiante e una flottiglia di barche per il trasporto dei clienti.

È sopravvissuto a decine di tifoni, grazie alla sua posizione alle spalle dello Aberdeen South Typhoon Shelter, che calmava la violenza di vento e onde. Alla sua inaugurazione nel 1976 era il ristorante galleggiante più grande al mondo.

 

 

Battuto dal blocco totale del turismo a Hong Kong a seguito prima delle proteste, e poi della chiusura delle frontiere dovuta al Covid, Jumbo aveva accumulato perdite per $13m recentemente, e la proprietà aveva deciso di spostarlo perso una “località segreta” prima del termine della licenza – prevista per la fine di Giugno – e prima del rinnovo delle costose spese di mantenimento all’attracco.

La chiatta delle cucine si era ribaltata di recente, rimanendo inutilizzabile e semi-sommersa nella baia: il rischio, ma forse anche più qualche convenienza assicurativa ha suggerito lo spostamento. Giunto all’altezza di Paracel Island, Jumbo si è capovolto e sceso ad oltre 1,000 di profondità, rendendone completamente impossibile il recupero. Nessuna vittima nell’incidente, e le male lingue dicono sia stata un’operazione pilotata per eliminare ormai quello che era solo destinato ad una costosa demolizione.

 

 

Sono stato spesso ad Hong Kong, e ne ho apprezzato la complessa e difficile armonia o disarmonia, in un equilibrio tra le tradizioni britanniche, la vecchia e la nuova China. Ne ho apprezzato gli odori e i profumi, i suoni e il caos, i sapori fantastici di una cucina ricchissima di diversità, ma soprattutto i colori e le immagini che mi si sono impresse nella retina a migliaia.

Difficile scegliere cosa usare per accompagnare questo scritto, ma nel 2018 son stato così pazzo di andare a fare una regata di Dragon Boat nella baia di Stanley, conservando fiato e e tachicardia, oltre a litri di acido lattico per giorni: ovvio avessi con me la Signora Tedesca a Telemetro, e il suo occhio preferito, un Summa-Cum-Lux …

 

 

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