Qui a Hong Kong si guida sulla sinistra, a lascito dell’impero britannico.
Dopo che due double-decker ti fanno pelo & pedicure sul primo passaggio pedonale dove sei distratto, guardare dalla parte giusta diventa un principio di conservazione della specie (altro che “evoluzione” e andare in giro sul HMS Beagle con Darwin). Il casino invece e’ la movimentazione pedonale.
Lo spazio a Hong Kong e’ il bene più prezioso, e la sua economicità un’abitudine di vita, oltre che un fattore di competizione: i marciapiedi quindi non son disegnati per le mie spalle. Oltre a questo, i pedoni tengono la destra, cazzo ne so perché. Ho falciato clavicole, spalle, e anche alcuni bacini nella complice distrazione della popolazione locale che porta di camicia 6 taglie inferiori alla mia non calcolano bene il mio ingombro anche se mi appiattisco a bordo muro.
Le scale mobili, salendo sulla collina, intorno alle 11 invertono il senso di marcia, e comunque a salire sono a sinistra, ma devi tenere la destra: roba che laurearsi in ingegneria spaziale all’MIT in confronto e’ risolvere il cruciverba facilitato della settimana enigmistica.
Gli accessi alla metro sono a “freccia per terra”: ogni tanto a destra, ogni tanto a sinistra, e gli altri passeggeri si muovono a “testa china sul telefono” (visto che l’abbonamento dati “flat” costa meno di 10 euro al mese), e mi si schiantano addosso come i moscerini d’estate sul casco. La Signora Tedesca a Telemetro cozza contro telefoni e tablet branditi all’ altezza della mia trippa.
I “ding-ding”, i tram che servono dalla zona del molto, hanno una salita da dietro, delle scale per il piano superiore disegnate per uno spazio “bicipite-to-bicipide” di 38 centimetri, e un’altezza media che si confina sotto il metro e sessantacinque: salire e scendere e’ un contorsionismo che mi ha lasciato ematomi peggio che un cage fighting.
Lascia un commento