Vado a Bugis, nel negozio della M1 (neo operatore telefonico, low cost), a raccattare una e-sim: una roba geniale per i vagabondi planetari. Praticamente aggiungi (elettronicamente, senza nessun pezzo di ferraglia addizionale) una seconda (o più) linee al tuo telefono, e riesci a gestire con quale operatore fare o ricevere telefonate e con quale utilizzare le linee dati: una manna per chi, come me, non vuole andare in giro con tre o quattro telefoni.
Al costo di S$12.50 (poco più di 8 euro) ho per una settimana 100GB di dati, chiamate locali e sms illimitati, e 20 minuti di chiamate internazionali anche verso Saturno, e continuo a ricevere telefonate sia sul mio numero normale, sia sul numero di Singapore. Attivazione, 5 secondi netti. Complessità? Bere un caffè è più complicato.
Ovvio non abbia voluto andare da solo, e ho preso per mano la Signora Tedesca a Telemetro, dopo essere passato dall’ostello a smettere i panni da prima comunione per transitare su braghe corte e ciabatte Kodachrome.
Bugis è un caleidoscopio di colori durante il giorno. La sera diventa un’esperienza lisergica: mancano solo gli Electric Prunes a cantare Kyrie Eleinson e poi abbiamo ripercorso lo sperimentalismo chimico della seconda metà degli anni ’60 in pieno.
Buffo fosse stato, fino poco dopo il termine della seconda guerra mondiale, nel 1950, un’area di fiorente prostituzione giapponese, per poi invece, complice un intervento radicale di trasformazione per combattere un focolaio di colera, cedere la fama alla più alta densità di travestiti asiatici.
Al termine degli anni ’80 un paio di mall e la Junction Shopping Center hanno trasformato l’area ancora, rendendola quella che vediamo oggi: un misto tra brand abbordabili e paccottaglia da $2. Si, c’è ancora qualche signorina che, nel rispetto della tradizione, ti ammicca chiedendoti se vuoi un massaggio per $50, ma verrà spazzata via da magliette e succhi di frutta psichedelici.
Foto? La Signora M10 e il suo vetro Summilux 35mm
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